Addestramento, assistenza e consulenza. Sono questi i compiti delle truppe italiane in Afghanistan a sostegno dell’Afghan Uniform Police e dell’Afghan National Civil Order Police. Le aree di responsabilità italiana comprendono quattro province: Herat, Badghis, Ghowr e Farah. Alla missione NATO ISAF (International Security Assistance Force), terminata nel dicembre del 2014 con il ritiro delle truppe “combat”, è seguita la missione Resolute Support, missione “no combat” in favore delle forze armate afghane (Afghan National Security Forces).
Lo scorso primo marzo, con un messaggio rivolto alle autorità e alle forze di sicurezza afghane e agli alleati della coalizione internazionale, il generale John Nicholson, comandante di Resolute Support, ha ribadito l’importanza della missione e la centralità del ruolo della NATO.
La possibilità per il popolo afghano di costruire un ordine nella zona resta un obiettivo di primaria importanza per la comunità internazionale, seppur ostacolato da divese problematiche: talebani, presenza dell’ISIS e traffico di droga.
Lo scontro tra talebani e ISIS
Rispetto alla seconda metà degli anni Novanta, i talebani rappresentano oggi una forza molto più strutturata: possiedono uno stemma, dei portavoce ufficiali e degli organi di informazione. Recentemente l’attuale portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha definito la nuova strategia per il controllo dei territori posseduti in Afghanistan, annunciando lo spostamento di molti effettivi nell’est del Paese, tra le province di Nangarhar e Laghman, dove è maggiore la pressione dello Stato Islamico.
Il Wilayah Khorasan (Provincia del Khorasan), emanazione del Califfato di Abu Bakr Al Baghdadi in Afghanistan, sta assumendo infatti un’influenza sempre più rilevante nel Paese. Lo dimostrano non solo i ripetuti attentati compiuti da suoi membri a Kabul nelle ultime settimane, ma anche il passaggio nelle sue fila di miliziani tanto dai talebani quanto da altri gruppi della regione centro-asiastica come Teherik-e ṭaleban-e Pakistan (TTP), Islamic Movement of Uzbekistan (IMU) e il network degli Haqqani.
Il traffico di oppio
In palio nello scontro sempre più ravvicinato tra talebani e ISIS ci sono ovviamente gli enormi interessi legati al business della droga. L’oppio afghano è un prodotto a basso prezzo che stimola la domanda mondiale di eroina, dall’Europa occidentale all’Asia, Russia compresa. Garantisce ricchezza e reddito lungo tutta la filiera produttiva: dalla raccolta delle piante alla raffinazione del prodotto, dal trasporto alla vendita sui mercati internazionali. Il settore copre circa il 15% del PIL del Paese, motivo per cui è un mercato appetibile per lo Stato Islamico.
L’instabilità latente
La debolezza dei governi che si sono succeduti a Kabul dall’inizio dell’occupazione americana, la presenza radicata talebani, la nuova minaccia di Daesh e gli interessi che gravitano attorno all’industria della droga, sono tutti elementi che erodono dalle fondamenta l’apparato statale afghano. Di fronte all’instabilità latente di questo Paese sono due gli interrogativi a cui la comunità internazionale deve dare risposte risolutive. Con il prolungato sostegno degli USA e della NATO alle forze locali si riusciranno a fornire a questo Stato gli aiuti necessari per raggiungere un seppur parziale equilibrio interno? E, ancora, si riuscirà ad evitarne il collasso e a traghettarlo fino alle prossime elezioni presidenziali previste per il 2019?
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