Bolivia
Sud America
La Bolivia (che prende il nome da Simon Bolivar, simbolo dell’indipendenza del Paese) si rende autonoma dalla Spagna nel 1825. La perdita dello sbocco sull’Oceano, conseguenza della sconfitta contro il Cile nella Guerra del Pacifico (1879-1884), è probabilmente una delle cause che trascina il Paese nella successiva Guerra del Chaco (area creduta erroneamente ricca di petrolio) contro il Paraguay tra il 1932 e il 1935. Negli anni della Seconda guerra mondiale, il Paese procede all’abolizione della schiavitù e all’introduzione del suffragio universale con Estenssoro (prima presidenza 1952-1956) a capo della rivoluzione nazionalista.È il 1956 quando viene eletto il suo successore naturale Zuazo, con cui aveva fondato il Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR). Seppur a fasi alterne, l’MNR mantiene il potere e nel 1993 fa eleggere Sanchez de Lozada (1993-1997) che incoraggia la contestata privatizzazione delle terre e del petrolio. Dopo la violenta presidenza di Banzer Suarez (1997-2001), anche il nuovo secolo si apre con scontri: la cosiddetta Guerra del Gas provoca decine di morti tra la popolazione di El Alto e le contestuali dimissioni dell’allora presidente de Lozada (2002-2003). Le elezioni del 2005 sono vinte da Evo Morales (riconfermato alle presidenziali del dicembre 2009), il primo presidente indio che nazionalizza i giacimenti di idrocarburi e promulga la prima Costituzione.
La Bolivia è tra i Paesi più poveri e arretrati del Centro e Sud America (inflazione al 4,7%). Il sistema economico del Paese non riesce a sfruttare le ricchezze derivanti dal patrimonio energetico, settore che nell’ultimo decennio ha attraversato fasi alterne di nazionalizzazioni e privatizzazioni. I giacimenti di petrolio più importanti si trovano nel dipartimento di Santa Cruz, dove sono sorte diverse raffinerie per la lavorazione della materia, in parte trasportata in altre zone del Paese attraverso una efficiente rete di oleodotti, tra cui quello di Santa Cruz-Sica-Arica lungo 971 chilometri. Altri importanti giacimenti sono quelli dello stagno, del tungsteno, dello zinco, del piombo e del bismuto. Cresce anche l’estrazione del gas naturale, che rappresenta oggi la voce principale delle esportazioni. Sul piano dell’agricoltura, attualmente la Bolivia è uno dei principali esportatori mondiali di soia (molta della quale di origine transgenica) ed esporta inoltre sorgo, zucchero, cotone, girasole, sesamo ed altre oleaginose. Nelle aree tropicali si coltiva anche il riso, la coca, la manioca, il mais, il banano e nelle foreste si estraggono il caucciù e la noce del Brasile (di cui il Paese è il principale esportatore mondiale).I principali partner commerciali sono Brasile, Stati Uniti, Argentina, Giappone, Cile, Perù e Cina. D’attualità è la questione legata alla produzione e al commercio delle foglie di coca. Per contrastare il narcotraffico, a metà anni Novanta il governo ha varato delle misure per la conversione delle piantagioni con l’aiuto dell’Onu e degli Stati Uniti, trovando una forte resistenza da parte dei contadini e delle popolazioni interessate direttamente. Oggi la Bolivia continua a produrre circa il 10% circa della cocaina consumata nel mondo, il cui principale mercato resta quello degli Stati Uniti, seguito dall’Europa e in particolare dall’Italia.
Conosciuta come uno dei Paesi più colpiti dalla piaga dei cartelli della droga, la Bolivia si divide da sempre tra i patrocinatori della coltivazione della pianta della coca (la masticazione delle sue foglie appartiene all’identità del Paese) come potenziale traino per l’economia nazionale, e i detrattori. Il programma di eradicazione delle piantagioni illegali sta scatenando attualmente proteste e violenti disordini nell’area del Chapare. Nella stessa area, inoltre, la decisione (al momento sospesa) di abbattere migliaia di alberi per la realizzazione dell’autostrada, che dovrebbe collegare il Brasile con alcune città portuali del Cile, ha causato proteste da parte degli indios, residenti nella foresta, e degli ambientalisti. Rispetto al resto del Sud America, la Bolivia può comunque essere considerato un Paese sufficientemente sicuro.Preoccupano gli scontri nel Dipartimento di Beni (a nord di Trinidad) e in quello più a settentrione del Pando, a Santa Cruz e a Tarija, dove sono profonde le tendenze autonomistiche. Sotto il punto di vista del rischio terrorismo, la Bolivia può considerarsi un Paese sufficientemente sicuro, nonostante la presenza sul territorio di gruppi militanti come l’Ejercito Guerrillero de Tupac Katari (EGTK), la Comision Nesto Paz Zamora (CNPZ) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), molto attivi negli anni Novanta. L’intensificarsi delle relazioni del Paese con Teheran, e i rapporti costanti con Venezuela e Cuba, mantengono inoltre relativamente alto il rischio di affiliazioni con gruppi terroristici mediorientali e sudamericani.
Capitale: La Paz
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 1.098.581 km²
Popolazione: 10.290.003
Religioni: cattolica (95%), protestante (5%)
Lingue: spagnolo (ufficiale), quechua
Moneta: boliviano (BOB)
PIL: 5.000 USD
Livello di criticità: Medio
La Bolivia (che prende il nome da Simon Bolivar, simbolo dell’indipendenza del Paese) si rende autonoma dalla Spagna nel 1825. La perdita dello sbocco sull’Oceano, conseguenza della sconfitta contro il Cile nella Guerra del Pacifico (1879-1884), è probabilmente una delle cause che trascina il Paese nella successiva Guerra del Chaco (area creduta erroneamente ricca di petrolio) contro il Paraguay tra il 1932 e il 1935. Negli anni della Seconda guerra mondiale, il Paese procede all’abolizione della schiavitù e all’introduzione del suffragio universale con Estenssoro (prima presidenza 1952-1956) a capo della rivoluzione nazionalista.È il 1956 quando viene eletto il suo successore naturale Zuazo, con cui aveva fondato il Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR). Seppur a fasi alterne, l’MNR mantiene il potere e nel 1993 fa eleggere Sanchez de Lozada (1993-1997) che incoraggia la contestata privatizzazione delle terre e del petrolio. Dopo la violenta presidenza di Banzer Suarez (1997-2001), anche il nuovo secolo si apre con scontri: la cosiddetta Guerra del Gas provoca decine di morti tra la popolazione di El Alto e le contestuali dimissioni dell’allora presidente de Lozada (2002-2003). Le elezioni del 2005 sono vinte da Evo Morales (riconfermato alle presidenziali del dicembre 2009), il primo presidente indio che nazionalizza i giacimenti di idrocarburi e promulga la prima Costituzione.
La Bolivia è tra i Paesi più poveri e arretrati del Centro e Sud America (inflazione al 4,7%). Il sistema economico del Paese non riesce a sfruttare le ricchezze derivanti dal patrimonio energetico, settore che nell’ultimo decennio ha attraversato fasi alterne di nazionalizzazioni e privatizzazioni. I giacimenti di petrolio più importanti si trovano nel dipartimento di Santa Cruz, dove sono sorte diverse raffinerie per la lavorazione della materia, in parte trasportata in altre zone del Paese attraverso una efficiente rete di oleodotti, tra cui quello di Santa Cruz-Sica-Arica lungo 971 chilometri. Altri importanti giacimenti sono quelli dello stagno, del tungsteno, dello zinco, del piombo e del bismuto. Cresce anche l’estrazione del gas naturale, che rappresenta oggi la voce principale delle esportazioni. Sul piano dell’agricoltura, attualmente la Bolivia è uno dei principali esportatori mondiali di soia (molta della quale di origine transgenica) ed esporta inoltre sorgo, zucchero, cotone, girasole, sesamo ed altre oleaginose. Nelle aree tropicali si coltiva anche il riso, la coca, la manioca, il mais, il banano e nelle foreste si estraggono il caucciù e la noce del Brasile (di cui il Paese è il principale esportatore mondiale).I principali partner commerciali sono Brasile, Stati Uniti, Argentina, Giappone, Cile, Perù e Cina. D’attualità è la questione legata alla produzione e al commercio delle foglie di coca. Per contrastare il narcotraffico, a metà anni Novanta il governo ha varato delle misure per la conversione delle piantagioni con l’aiuto dell’Onu e degli Stati Uniti, trovando una forte resistenza da parte dei contadini e delle popolazioni interessate direttamente. Oggi la Bolivia continua a produrre circa il 10% circa della cocaina consumata nel mondo, il cui principale mercato resta quello degli Stati Uniti, seguito dall’Europa e in particolare dall’Italia.
Conosciuta come uno dei Paesi più colpiti dalla piaga dei cartelli della droga, la Bolivia si divide da sempre tra i patrocinatori della coltivazione della pianta della coca (la masticazione delle sue foglie appartiene all’identità del Paese) come potenziale traino per l’economia nazionale, e i detrattori. Il programma di eradicazione delle piantagioni illegali sta scatenando attualmente proteste e violenti disordini nell’area del Chapare. Nella stessa area, inoltre, la decisione (al momento sospesa) di abbattere migliaia di alberi per la realizzazione dell’autostrada, che dovrebbe collegare il Brasile con alcune città portuali del Cile, ha causato proteste da parte degli indios, residenti nella foresta, e degli ambientalisti. Rispetto al resto del Sud America, la Bolivia può comunque essere considerato un Paese sufficientemente sicuro.Preoccupano gli scontri nel Dipartimento di Beni (a nord di Trinidad) e in quello più a settentrione del Pando, a Santa Cruz e a Tarija, dove sono profonde le tendenze autonomistiche. Sotto il punto di vista del rischio terrorismo, la Bolivia può considerarsi un Paese sufficientemente sicuro, nonostante la presenza sul territorio di gruppi militanti come l’Ejercito Guerrillero de Tupac Katari (EGTK), la Comision Nesto Paz Zamora (CNPZ) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), molto attivi negli anni Novanta. L’intensificarsi delle relazioni del Paese con Teheran, e i rapporti costanti con Venezuela e Cuba, mantengono inoltre relativamente alto il rischio di affiliazioni con gruppi terroristici mediorientali e sudamericani.