Yemen

Medio Oriente
Dopo il crollo dell'Impero Ottomano, di cui lo Yemen faceva parte, tra il 1939 e il 1967 gli inglesi colonizzarono la parte meridionale del Paese, mentre le aree del centro e del nord divennero territorio indipendente, retto dagli Imam Yahia e Ahmad. Nel 1962, alla morte dell’imam Ahmad, il figlio fondò la Repubblica Araba dello Yemen (YAR) e nel 1967 nacque, nel sud del Paese, la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen (PDRY), primo stato marxista nel mondo arabo. Per diversi anni lo YAR (governato da Ali Abdullah Saleh, a partire dal 1978) e il PDRY si fronteggiarono in una serie di scontri di confine. Tale situazione durò fino al 1990, quando le due parti furono unificate sotto la guida di Saleh. Nacque così l’attuale Repubblica dello Yemen (22 maggio 1990). Secondo la Costituzione promulgata nel 1991, il potere esecutivo è in mano al presidente della Repubblica. Tra la fine del 1993 e il 1994, anche a causa della mancata integrazione dei due eserciti, si riaccende la rivalità tra nord e sud (quest’ultimo sostenuto dal vice presidente Al Baid). Nel maggio 2004 Al Baid dichiara l’indipendenza del sud che Saleh non riconosce e, già nel luglio di quell’anno, le forze del nord prendono la città meridionale di Aden, costringendo i secessionisti all'esilio. L'autonomia promessa alla regione che fa capo alla città di Aden è rimasta lettera morta e il movimento indipendentista ha continuato con le proteste e la lotta, quasi sempre represse nel sangue. Nel 2009 il cosiddetto Movimento Meridionale ha rilanciato le sue istanze secessioniste, anche a causa del ramo saudita e quello yemenita di Al Qaeda. Nel 2010 il presidente Saleh apre al dialogo con Al Qaeda, riuscendo a imporre un cessate-il-fuoco nel nord del Paese, ma il bilancio a fine anno è di 3mila soldati morti, stavolta in scontri con i ribelli sciiti Houti che, al pari di Al Qaeda, combattono il governo centrale per secedere il nord del Paese e reinstaurare l'imamato del 1962. Una guerra parallela intanto vede scontrarsi Al Qaeda contro gli Houti. Per arginare le spinte centrifughe, nel novembre 2011 viene proclamato un governo di unità nazionale: il presidente Saleh si ritira in favore di Abdrabbuh Mansour Hadi. Il dialogo nazionale che segue nel 2012 e 2013 porta il presidente a tracciare una road map costituzionale per trasformare lo Yemen uno Stato federale, diviso in sei regioni autonome. Gli Houti respingono però la proposta di nuova costituzione e occupano la capitale Sanaa. A gennaio 2015 tentano un colpo di Stato. Al momento, i ribelli sciiti controllano la capitale e danno battaglia ad Aden, dove il presidente Saleh aveva riparato prima di fuggire a Riad. L’Arabia Saudita, in risposta al golpe Houthi, ha riunito una coalizione militare araba sunnita per fermare i ribelli e pacificare lo Yemen.
In Yemen, la povertà è una realtà per circa 1,4 milioni di persone e l'accattonaggio una professione: i bambini e le donne costituiscono il 70% del totale dei mendicanti, che si concentrano prevalentemente nella capitale Sanaa. Nonostante la recentissima scoperta del petrolio, infatti, resta il più indigente tra gli Stati della Penisola Araba. L’agricoltura, ancorata ai metodi tradizionali e scarsamente industrializzata, non consente un sereno sviluppo del settore. Uniche risorse destinate al commercio sono tradizionalmente: il caffè, il cotone, il pescato, l’artigianato e la lavorazione di cuoio e pellame, cui si aggiungono rilevanti miniere di sale. Per il resto, sono nel petrolio e nel gas naturale le uniche prospettive di sviluppo del Paese, che deve però fare i conti con le divisioni tribali interne e con il fenomeno della pirateria. Con il collasso del potere centrale, che rischia di allontanare gli investimenti esteri, pilastro dell’economia yemenita, anche l’iniziativa privata è a rischio considerato che il sistema bancario è ancora troppo sottoposto all’influenza dello Stato e che il mercato dei capitali è rudimentale, non disponendo lo Yemen neanche di una borsa nazionale.Per quanto riguarda il petrolio, il Paese non è particolarmente ricco di idrocarburi e la maggior parte viene estratta nella zona settentrionale di Marib-Jawf, dove si trova il principale oleodotto yemenita, mentre il resto proviene da Masila, nel sud-est. Per il resto, i settori più sviluppati sono i servizi e il turismo.Lo sviluppo economico e il futuro istituzionale dello Yemen nel breve termine sono minati dal recente calo della produzione petrolifera, dagli scontri tra sunniti e sciiti, dalle rivalità tribali, dalla forte presenza di Al Qaeda, e della scarsità di acqua. A rischio anche il prestito di 8 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, concordato prima del golpe di Sanaa.
La società yemenita è ancora oggi intrinsecamente tribale e i villaggi sono il centro del potere delle varie tribù, spesso in reciproco conflitto. Per di più, la maggior parte della popolazione è dotata di armi. La storia del Paese è infatti segnata dalla conflittualità interna tra il nord e il sud secessionista e dagli scontri tra i ribelli sciiti e il governo centrale. A ciò si aggiunge la massiccia presenza di cellule di Al Qaeda e l'elevato rischio di rimanere coinvolti in episodi di terrorismo di matrice islamica: particolarmente attivo il gruppo che si definisce Al Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), nato dalla fusione del ramo saudita e da quello yemenita di Al Qaeda. Circa la politica interna, il 27 gennaio 2011 hanno avuto inizio manifestazioni di protesta contro il presidente sunnita Saleh, poi sostituito da Hadi, che hanno portato ad una escalation di episodi di violenza e di crisi istituzionale la cui conseguenza è oggi la guerra civile. Ciò rende oggi estremamente pericoloso qualunque viaggio verso lo Yemen e un epilogo non è ancora prevedibile. Molto elevata è inoltre la diffusione di sostanze stupefacenti: secondo il nucleo antidroga del ministero degli interni, lo Yemen farebbe principalmente da ponte per il passaggio della droga da Pakistan, Iran, Siria e Afganistan ai Paesi del Golfo. Il rischio di rapimenti ed azioni ostili ai danni di cittadini stranieri è particolarmente elevato in tutto il territorio e, recentemente, numerosi sequestri di persona si sono conclusi con spargimento di sangue. Pertanto, i viaggi nel Paese sono assolutamente sconsigliati. Infine, va adottata particolare cautela nella navigazione intorno alle acque dello Yemen, in particolare lungo le coste prospicienti l’Eritrea, nel Golfo di Aden e nelle acque a sud di Hodeida, per via possibili atti di pirateria, specie a danno delle barche da diporto.
Capitale: Sanaa
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 527.970 km²
Popolazione: 24.133.492
Religioni: islamica (sunniti, sciiti zaiditi)
Lingue: arabo
Moneta: rial yemenita (YER)
PIL: 2.600 USD
Livello di criticità: Alto
Dopo il crollo dell'Impero Ottomano, di cui lo Yemen faceva parte, tra il 1939 e il 1967 gli inglesi colonizzarono la parte meridionale del Paese, mentre le aree del centro e del nord divennero territorio indipendente, retto dagli Imam Yahia e Ahmad. Nel 1962, alla morte dell’imam Ahmad, il figlio fondò la Repubblica Araba dello Yemen (YAR) e nel 1967 nacque, nel sud del Paese, la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen (PDRY), primo stato marxista nel mondo arabo. Per diversi anni lo YAR (governato da Ali Abdullah Saleh, a partire dal 1978) e il PDRY si fronteggiarono in una serie di scontri di confine. Tale situazione durò fino al 1990, quando le due parti furono unificate sotto la guida di Saleh. Nacque così l’attuale Repubblica dello Yemen (22 maggio 1990). Secondo la Costituzione promulgata nel 1991, il potere esecutivo è in mano al presidente della Repubblica. Tra la fine del 1993 e il 1994, anche a causa della mancata integrazione dei due eserciti, si riaccende la rivalità tra nord e sud (quest’ultimo sostenuto dal vice presidente Al Baid). Nel maggio 2004 Al Baid dichiara l’indipendenza del sud che Saleh non riconosce e, già nel luglio di quell’anno, le forze del nord prendono la città meridionale di Aden, costringendo i secessionisti all'esilio. L'autonomia promessa alla regione che fa capo alla città di Aden è rimasta lettera morta e il movimento indipendentista ha continuato con le proteste e la lotta, quasi sempre represse nel sangue. Nel 2009 il cosiddetto Movimento Meridionale ha rilanciato le sue istanze secessioniste, anche a causa del ramo saudita e quello yemenita di Al Qaeda. Nel 2010 il presidente Saleh apre al dialogo con Al Qaeda, riuscendo a imporre un cessate-il-fuoco nel nord del Paese, ma il bilancio a fine anno è di 3mila soldati morti, stavolta in scontri con i ribelli sciiti Houti che, al pari di Al Qaeda, combattono il governo centrale per secedere il nord del Paese e reinstaurare l'imamato del 1962. Una guerra parallela intanto vede scontrarsi Al Qaeda contro gli Houti. Per arginare le spinte centrifughe, nel novembre 2011 viene proclamato un governo di unità nazionale: il presidente Saleh si ritira in favore di Abdrabbuh Mansour Hadi. Il dialogo nazionale che segue nel 2012 e 2013 porta il presidente a tracciare una road map costituzionale per trasformare lo Yemen uno Stato federale, diviso in sei regioni autonome. Gli Houti respingono però la proposta di nuova costituzione e occupano la capitale Sanaa. A gennaio 2015 tentano un colpo di Stato. Al momento, i ribelli sciiti controllano la capitale e danno battaglia ad Aden, dove il presidente Saleh aveva riparato prima di fuggire a Riad. L’Arabia Saudita, in risposta al golpe Houthi, ha riunito una coalizione militare araba sunnita per fermare i ribelli e pacificare lo Yemen.
In Yemen, la povertà è una realtà per circa 1,4 milioni di persone e l'accattonaggio una professione: i bambini e le donne costituiscono il 70% del totale dei mendicanti, che si concentrano prevalentemente nella capitale Sanaa. Nonostante la recentissima scoperta del petrolio, infatti, resta il più indigente tra gli Stati della Penisola Araba. L’agricoltura, ancorata ai metodi tradizionali e scarsamente industrializzata, non consente un sereno sviluppo del settore. Uniche risorse destinate al commercio sono tradizionalmente: il caffè, il cotone, il pescato, l’artigianato e la lavorazione di cuoio e pellame, cui si aggiungono rilevanti miniere di sale. Per il resto, sono nel petrolio e nel gas naturale le uniche prospettive di sviluppo del Paese, che deve però fare i conti con le divisioni tribali interne e con il fenomeno della pirateria. Con il collasso del potere centrale, che rischia di allontanare gli investimenti esteri, pilastro dell’economia yemenita, anche l’iniziativa privata è a rischio considerato che il sistema bancario è ancora troppo sottoposto all’influenza dello Stato e che il mercato dei capitali è rudimentale, non disponendo lo Yemen neanche di una borsa nazionale.Per quanto riguarda il petrolio, il Paese non è particolarmente ricco di idrocarburi e la maggior parte viene estratta nella zona settentrionale di Marib-Jawf, dove si trova il principale oleodotto yemenita, mentre il resto proviene da Masila, nel sud-est. Per il resto, i settori più sviluppati sono i servizi e il turismo.Lo sviluppo economico e il futuro istituzionale dello Yemen nel breve termine sono minati dal recente calo della produzione petrolifera, dagli scontri tra sunniti e sciiti, dalle rivalità tribali, dalla forte presenza di Al Qaeda, e della scarsità di acqua. A rischio anche il prestito di 8 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, concordato prima del golpe di Sanaa.
La società yemenita è ancora oggi intrinsecamente tribale e i villaggi sono il centro del potere delle varie tribù, spesso in reciproco conflitto. Per di più, la maggior parte della popolazione è dotata di armi. La storia del Paese è infatti segnata dalla conflittualità interna tra il nord e il sud secessionista e dagli scontri tra i ribelli sciiti e il governo centrale. A ciò si aggiunge la massiccia presenza di cellule di Al Qaeda e l'elevato rischio di rimanere coinvolti in episodi di terrorismo di matrice islamica: particolarmente attivo il gruppo che si definisce Al Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), nato dalla fusione del ramo saudita e da quello yemenita di Al Qaeda. Circa la politica interna, il 27 gennaio 2011 hanno avuto inizio manifestazioni di protesta contro il presidente sunnita Saleh, poi sostituito da Hadi, che hanno portato ad una escalation di episodi di violenza e di crisi istituzionale la cui conseguenza è oggi la guerra civile. Ciò rende oggi estremamente pericoloso qualunque viaggio verso lo Yemen e un epilogo non è ancora prevedibile. Molto elevata è inoltre la diffusione di sostanze stupefacenti: secondo il nucleo antidroga del ministero degli interni, lo Yemen farebbe principalmente da ponte per il passaggio della droga da Pakistan, Iran, Siria e Afganistan ai Paesi del Golfo. Il rischio di rapimenti ed azioni ostili ai danni di cittadini stranieri è particolarmente elevato in tutto il territorio e, recentemente, numerosi sequestri di persona si sono conclusi con spargimento di sangue. Pertanto, i viaggi nel Paese sono assolutamente sconsigliati. Infine, va adottata particolare cautela nella navigazione intorno alle acque dello Yemen, in particolare lungo le coste prospicienti l’Eritrea, nel Golfo di Aden e nelle acque a sud di Hodeida, per via possibili atti di pirateria, specie a danno delle barche da diporto.

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