Bosnia Herzegovina
Europa
Repubblica della ex Jugoslavia, la Bosnia-Herzegovina ha raggiunto l’indipendenza nel 1992. Gli accordi di Dayton del 1995 hanno posto fine a una guerra fratricida tra le diverse etnie e suddiviso il territorio della ex repubblica in tre entità: la Federazione di Bosnia ed Herzegovina (a maggioranza musulmano-croata), la Repubblica serba di Bosnia-Erzegovina (a maggioranza serba) e il Distretto di Brcko, che gode di una larghissima autonomia sotto regime internazionale. Gli accordi hanno anche istituito un’autorità internazionale - l’Alto Rappresentante - con poteri di supervisione del rispetto degli accordi stessi, legislativi e poteri di rimozione dei funzionari che ostacolino il processo di pace. Le elezioni del 2010 hanno portato alla formazione di un governo solamente nel gennaio 2012, con l’economista Vjekoslav Bevanda indicato come premier. Una presidenza tripartita congiunta, composta da un rappresentante croato (Zeljko Komsic), uno serbo (Nebojsa Radmanovic) e uno bosniaco (Bakir Iztbegovic), guida il Paese.
La Bosnia-Herzegovina era la repubblica più povera della ex Jugoslavia. La guerra, inoltre, ha distrutto le infrastrutture del Paese, con un crollo della produzione dell’80% e l’ha reso dipendente dagli aiuti finanziari esterni. Il governo ha portato avanti una serie di riforme economiche - tra cui quelle del sistema doganale e del sistema fiscale - volte a favorire gli investimenti stranieri, l’ingresso nell’Unione Europea e lo sviluppo economico. Nonostante la crescita degli anni Novanta e le potenzialità del territorio (ricco di fiumi e laghi non ancora sfruttati per produrre energia, di foreste che coprono il 53% del territorio, di riserve di carbone per miliardi di tonnellate oltre a bauxite, piombo e zinco), la crisi internazionale del 2009 ha avuto effetti negativi, facendo registrare una contrazione del Pil del 3%. Dopo un’iniziale ripresa, i dati per il primo semestre del 2012 non si sono rivelati positivi. Si parla infatti di una contrazione della produzione industriale del 6,7 per cento, di un calo dell’export superiore al 5 per cento, di una diminuzione dello 0,7 per cento delle importazioni.
Anche se nel corso del tempo la situazione interna è migliorata, permangono alcune criticità e tensioni relative alle questioni etniche, alla criminalità comune e alla presenza di mine. La progressiva riduzione dell’EUFOR conferma il trend positivo della sicurezza. Ma la presenza di oltre un milione di mine ancora inesplose rappresenta comunque un rischio costante che ostacola la piena libertà di movimento, soprattutto nelle zone rurali e di montagna. La difficoltà nella rimozione è dovuta anche alla mancata mappatura di tutti i campi minati. Infine, un potenziale rischio è rappresentato da possibile proteste che negli anni passati hanno preso di mira interessi occidentali.
Capitale: Sarajevo
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 51.197 km²
Popolazione: 3.875.723
Religioni: islamica (40%), ortodossa (31%)
Lingue: bosniaco, croato e serbo
Moneta: marco bosniaco (BAM)
PIL: 8.300 USD
Livello di criticità: Medio
Repubblica della ex Jugoslavia, la Bosnia-Herzegovina ha raggiunto l’indipendenza nel 1992. Gli accordi di Dayton del 1995 hanno posto fine a una guerra fratricida tra le diverse etnie e suddiviso il territorio della ex repubblica in tre entità: la Federazione di Bosnia ed Herzegovina (a maggioranza musulmano-croata), la Repubblica serba di Bosnia-Erzegovina (a maggioranza serba) e il Distretto di Brcko, che gode di una larghissima autonomia sotto regime internazionale. Gli accordi hanno anche istituito un’autorità internazionale - l’Alto Rappresentante - con poteri di supervisione del rispetto degli accordi stessi, legislativi e poteri di rimozione dei funzionari che ostacolino il processo di pace. Le elezioni del 2010 hanno portato alla formazione di un governo solamente nel gennaio 2012, con l’economista Vjekoslav Bevanda indicato come premier. Una presidenza tripartita congiunta, composta da un rappresentante croato (Zeljko Komsic), uno serbo (Nebojsa Radmanovic) e uno bosniaco (Bakir Iztbegovic), guida il Paese.
La Bosnia-Herzegovina era la repubblica più povera della ex Jugoslavia. La guerra, inoltre, ha distrutto le infrastrutture del Paese, con un crollo della produzione dell’80% e l’ha reso dipendente dagli aiuti finanziari esterni. Il governo ha portato avanti una serie di riforme economiche - tra cui quelle del sistema doganale e del sistema fiscale - volte a favorire gli investimenti stranieri, l’ingresso nell’Unione Europea e lo sviluppo economico. Nonostante la crescita degli anni Novanta e le potenzialità del territorio (ricco di fiumi e laghi non ancora sfruttati per produrre energia, di foreste che coprono il 53% del territorio, di riserve di carbone per miliardi di tonnellate oltre a bauxite, piombo e zinco), la crisi internazionale del 2009 ha avuto effetti negativi, facendo registrare una contrazione del Pil del 3%. Dopo un’iniziale ripresa, i dati per il primo semestre del 2012 non si sono rivelati positivi. Si parla infatti di una contrazione della produzione industriale del 6,7 per cento, di un calo dell’export superiore al 5 per cento, di una diminuzione dello 0,7 per cento delle importazioni.
Anche se nel corso del tempo la situazione interna è migliorata, permangono alcune criticità e tensioni relative alle questioni etniche, alla criminalità comune e alla presenza di mine. La progressiva riduzione dell’EUFOR conferma il trend positivo della sicurezza. Ma la presenza di oltre un milione di mine ancora inesplose rappresenta comunque un rischio costante che ostacola la piena libertà di movimento, soprattutto nelle zone rurali e di montagna. La difficoltà nella rimozione è dovuta anche alla mancata mappatura di tutti i campi minati. Infine, un potenziale rischio è rappresentato da possibile proteste che negli anni passati hanno preso di mira interessi occidentali.