Slovacchia

Europa
La Slovacchia ha fatto parte del regno ungherese e poi dell’Impero austro-ungarico, durante il quale si sviluppò il nazionalismo slovacco e il legame culturale con la Boemia e la Moravia, regioni alle quali si unì dopo la prima guerra mondiale e con la dissoluzione dell’impero, dando vita alla Cecoslovacchia. In seguito alla seconda guerra mondiale e a un breve periodo come repubblica slovacca indipendente, finì sotto l’influenza sovietica fino al 1989. Nel 1993 è stata deliberata democraticamente e pacificamente la scissione in due Stati, la Slovacchia e la Repubblica Ceca. Nel 2004 il Paese è entrato a far parte dell’UE e della NATO. Le ultime elezioni parlamentari si sono tenute nel marzo 2012 e hanno visto una vittoria schiacciante dei socialdemocratici (Smer-SD), ottenendo la maggioranza assoluta nel parlamento monocamerale. Secondo alcuni osservatori, quella del 2012 è stata la peggior campagna elettorale dall’indipendenza, caratterizzata da scandali che hanno influito negativamente su tutti partiti. Al presidente uscente Ivan Gašparovič è succeduto, il 15 giugno 2014, Andrej Kiska, vincitore delle presidenziali del marzo 2014, cui ha concorso come candidato indipendente sconfiggendo il socialdemocratico Robert Fico al ballottaggio, attuale primo ministro.
Una volta raggiunta l’indipendenza, la Slovacchia ha messo in atto una serie di riforme economiche e sociali che le hanno permesso di diventare membro dell’UE nel 2004 e di adottare l’euro nel 2009. La diversificazione della produzione, la bassa imposizione fiscale, la disponibilità di manodopera a buon mercato e l’assenza di tassazione sui dividendi, hanno permesso una significativa crescita economica e un massiccio afflusso di investimenti stranieri fino al 2008, soprattutto nei settori dell’automobile e dell’elettronica. Nel 2009, il calo delle esportazioni e degli investimenti ha comportato una contrazione, seguita da una ripresa nel 2010 e nel 2011. Nonostante la crisi dell’eurozona e un tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 13%, l’economia slovacca mantiene un segno positivo nel 2012, anche se vi è un rallentamento della crescita.
La Slovacchia viene considerata un paese a rischio zero. Dal punto di vista politico, non vi sono criticità particolari che possano metterne in discussione la stabilità. Il Paese è ormai integrato nell’Unione Europea e il nuovo governo socialdemocratico (uscito dalle elezioni di marzo con una maggioranza in parlamento di 83 seggi su 150) può portare avanti il programma di riforma per ridurre il deficit di bilancio. Sul piano economico, la sua performance di crescita risulta più alta rispetto a quella di vari altri Paesi dell’eurozona. Una forma di preoccupazione deriva dal fatto che il sistema bancario slovacco è dominato dalle banche europee occidentali e, a causa della crisi di liquidità in Europa, questo potrebbe tradursi in una riduzione del credito alle imprese. Altri punti deboli sono il debito estero e un alto tasso di disoccupazione. Dal punto di vista sociale, in Slovacchia il governo deve fare i conti con la presenza della comunità rom. Nonostante l’esistenza di programmi sociali a loro indirizzati, un recente studio della Banca Mondiale ha rilevato delle discriminazioni nei programmi di assistenza rispetto ad altri cittadini. Vi è infine un diffuso e storico sentimento anti-ungherese.
Capitale: Bratislava
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 49.035 km²
Popolazione: 5.483.088
Religioni: cattolica, protestante, ortodossa
Lingue: slovacco, ungherese
Moneta: euro (EUR)
PIL: 23.600 USD
Livello di criticità: Basso
La Slovacchia ha fatto parte del regno ungherese e poi dell’Impero austro-ungarico, durante il quale si sviluppò il nazionalismo slovacco e il legame culturale con la Boemia e la Moravia, regioni alle quali si unì dopo la prima guerra mondiale e con la dissoluzione dell’impero, dando vita alla Cecoslovacchia. In seguito alla seconda guerra mondiale e a un breve periodo come repubblica slovacca indipendente, finì sotto l’influenza sovietica fino al 1989. Nel 1993 è stata deliberata democraticamente e pacificamente la scissione in due Stati, la Slovacchia e la Repubblica Ceca. Nel 2004 il Paese è entrato a far parte dell’UE e della NATO. Le ultime elezioni parlamentari si sono tenute nel marzo 2012 e hanno visto una vittoria schiacciante dei socialdemocratici (Smer-SD), ottenendo la maggioranza assoluta nel parlamento monocamerale. Secondo alcuni osservatori, quella del 2012 è stata la peggior campagna elettorale dall’indipendenza, caratterizzata da scandali che hanno influito negativamente su tutti partiti. Al presidente uscente Ivan Gašparovič è succeduto, il 15 giugno 2014, Andrej Kiska, vincitore delle presidenziali del marzo 2014, cui ha concorso come candidato indipendente sconfiggendo il socialdemocratico Robert Fico al ballottaggio, attuale primo ministro.
Una volta raggiunta l’indipendenza, la Slovacchia ha messo in atto una serie di riforme economiche e sociali che le hanno permesso di diventare membro dell’UE nel 2004 e di adottare l’euro nel 2009. La diversificazione della produzione, la bassa imposizione fiscale, la disponibilità di manodopera a buon mercato e l’assenza di tassazione sui dividendi, hanno permesso una significativa crescita economica e un massiccio afflusso di investimenti stranieri fino al 2008, soprattutto nei settori dell’automobile e dell’elettronica. Nel 2009, il calo delle esportazioni e degli investimenti ha comportato una contrazione, seguita da una ripresa nel 2010 e nel 2011. Nonostante la crisi dell’eurozona e un tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 13%, l’economia slovacca mantiene un segno positivo nel 2012, anche se vi è un rallentamento della crescita.
La Slovacchia viene considerata un paese a rischio zero. Dal punto di vista politico, non vi sono criticità particolari che possano metterne in discussione la stabilità. Il Paese è ormai integrato nell’Unione Europea e il nuovo governo socialdemocratico (uscito dalle elezioni di marzo con una maggioranza in parlamento di 83 seggi su 150) può portare avanti il programma di riforma per ridurre il deficit di bilancio. Sul piano economico, la sua performance di crescita risulta più alta rispetto a quella di vari altri Paesi dell’eurozona. Una forma di preoccupazione deriva dal fatto che il sistema bancario slovacco è dominato dalle banche europee occidentali e, a causa della crisi di liquidità in Europa, questo potrebbe tradursi in una riduzione del credito alle imprese. Altri punti deboli sono il debito estero e un alto tasso di disoccupazione. Dal punto di vista sociale, in Slovacchia il governo deve fare i conti con la presenza della comunità rom. Nonostante l’esistenza di programmi sociali a loro indirizzati, un recente studio della Banca Mondiale ha rilevato delle discriminazioni nei programmi di assistenza rispetto ad altri cittadini. Vi è infine un diffuso e storico sentimento anti-ungherese.