Nell’aprile scorso in un incontro in sordina nella cittadina di Bayonne, sul versante francese della regione basca, un ambientalista francese di origini basche, Txext Etcheverry, ha consegnato all’Arcivescovo di Bologna, Monsignor Matteo Zuppi, e a un sacerdote irlandese, Harold Good, un documento contenente le coordinate delle località nelle quali il gruppo indipendentista e terrorista basco ETA – Euskadi Ta Askatasuna (“Patria Basca e Libertà”) aveva nascosto da anni in territorio francese il suo arsenale di armi e di esplosivi, per un totale di circa 3 tonnellate di materiale bellico.
I due membri del clero hanno prontamente rimesso il documento nelle mani delle autorità di polizia francesi che hanno potuto così recuperare 118 tra pistole, fucili e armi automatiche, 25.700 proiettili e 2.875 chilogrammi di esplosivo nascosti in 8 diversi depositi clandestini. Anche se manca una dichiarazione ufficiale dei leader latitanti dell’ETA sul definitivo abbandono della lotta armata da parte della formazione terroristica, la consegna di tutto l’arsenale – dal quale mancano solo le armi usate negli attentati che potrebbero rappresentare prove incriminanti per i membri del gruppo ancora sotto processo in Spagna – rappresenta l’addio alle armi definitivo dell’ETA che, con la rinuncia alla lotta armata, segna anche la fine del sogno dell’indipendenza del paese basco dalla Spagna.
La consegna di tutto l’arsenale rappresenta l’addio alle armi definitivo dell’ETA e la fine del sogno dell’indipendenza basca dalla Spagna
Il governo di Madrid si è rifiutato di prendere parte alle trattative per la riconsegna delle armi e degli esplosivi. Il giorno prima della consegna dell’arsenale, il 7 aprile, l’ETA, che si autodefinisce «organizzazione socialista rivoluzionaria per la liberazione nazionale», ha diffuso un comunicato stampa nel quale accusa le autorità spagnole e francesi di aver tenuto un atteggiamento d’indifferenza nei confronti di questa importante iniziativa, poiché legate a uno schema mentale “vincitori e vinti”. L’ETA ha quindi rimarcato che il gruppo irredentista «ha preso le armi per il popolo basco e ora le consegna nelle sue mani affinché possa proseguire in un percorso che porti pace e libertà alla nostra terra».
Nonostante queste parole lascino aperto uno spiraglio all’aspirazione per una ripresa della lotta per l’indipendenza del Paese Basco, la riunione di Bayonne segna la sconfitta definitiva dell’ETA dopo quasi cinquant’anni di lotta armata.
La storia dell’ETA
Nel 1959, mentre a vent’anni dalla fine della guerra civile era al governo in Spagna il dittatore Francisco Franco, un gruppo di studenti radicali mise in piedi una formazione clandestina, l’Euzkadi Ta Askatasuna, destinata a prendere le armi per ottenere l’indipendenza dei circa tre milioni di abitanti della regione basca spagnola che, durante la guerra civile del 1936-1939, si erano praticamente schierati all’unanimità per il fronte repubblicano e che, per questo motivo, erano stati duramente puniti dal regime franchista.
Franco era arrivato a proibire l’uso della lingua basca nella regione e a tentare di cancellare i tratti essenziali della cultura e delle tradizioni di una popolazione che, pur essendo stata nei secoli sempre parte della Spagna, aveva mantenuto con orgoglio i segni distintivi della propria diversità etnica e culturale.
Nel 1961 il primo attentato a firma ETA: un gruppo di fuoco dell’organizzazione tenta di far deragliare un treno che trasporta veterani falangisti della guerra civile mentre tornano da una manifestazione indetta per celebrare la vittoria. L’attentato non riesce, ma scatena una vasta azione repressiva che costringe l’ETA a una rigida clandestinità. Molti dei suoi capi si rifugiano al di là dei Pirenei, nella porzione francese della regione basca i cui abitanti guardano con simpatia ai “fratelli spagnoli”, ma che non mostrano alcuna velleità di indipendenza dalla Francia.
Nel 1961 il primo attentato a firma ETA: un gruppo di fuoco tenta di far deragliare un treno che trasporta veterani falangisti della guerra civile mentre tornano da una manifestazione
Nel 1968, nonostante le strette maglie della polizia e della Guardia Civil e dopo una serie di manifestazioni popolari contro il regime culminate nel mese di giugno in scontri con la polizia (nei quali perde la vita a Tolosa un militante dell’ala militare dell’organizzazione), l’ETA mette a segno il suo primo assassinio politico: il 2 agosto assassina il capo della polizia della città di San Sebastian, capoluogo di Guipuzcoa, una delle principali province della regione basca. L’azione provoca una dura reazione da parte del regime, che dapprima dichiara lo stato di emergenza a livello regionale e poi, nel 1970, lo estende a tutta la Spagna.
Il salto di qualità: “Operazione OGRO”
La repressione è efficace. Nel dicembre del 1970 la polizia riesce a catturare sei membri del commando ETA che ha ucciso il poliziotto di San Sebastian. I sei vengono condannati a morte ma, sotto la pressione della comunità internazionale, il generale Franco commuta la pena in trent’anni di carcere. Nei tre anni successivi, l’ETA pianifica con cura quella che passerà alla storia come la sua azione più eclatante, l’“operazione OGRO”, l’assassinio dell’ammiraglio Luis Carrero Blanco, duca e pari di Spagna, successore designato alla successione di Francisco Franco.
Per l’operazione, un commando dell’ETA affitta una cantina nella centralissima Calle Claudio Coelo di Madrid e, in cinque mesi di lavoro, scava un tunnel sotto la strada lungo la quale tutte le mattine transita la macchina dell’ammiraglio, che poi riempie con 80 chili di esplosivo sottratti a un deposito militare. Quindi, il 20 dicembre 1973, una potente esplosione fa saltare in aria la carreggiata di Calle Coelo precisamente nell’attimo in cui passa Carrero Blanco. L’auto viene scagliata in aria e passa sopra un edificio di cinque piani per poi atterrare, distrutta, nel cortile di un vicino collegio dei gesuiti. L’ammiraglio e i due uomini di scorta restano uccisi sul colpo. L’ETA rivendica l’attentato solo nel gennaio 1974.
La fine della dittatura
Nel 1975 Francisco Franco muore e la Spagna si avvia sulla strada della democrazia. Il nuovo governo vara delle timide liberalizzazioni nel paese basco e legalizza la costituzione di partiti locali, quasi tutti nazionalisti se non proprio indipendentisti. L’ETA approfitta dei nuovi spazi di libertà garantiti dalla nascente democrazia spagnola e lancia una campagna di attentati che, dal 1975 al 2006, insanguina la Spagna provocando la morte di 829 persone. La guerra degli etarras – così si definiscono i militanti ETA – continua con alti e bassi fino al 2009 quando, alle elezioni politiche nella provincia basca, si afferma il primo governo non nazionalista della recente storia della regione. Il partito Herri Batasuna (Unità Popolare), braccio politico dell’ETA, non supera infatti il 15% dei consensi e nel 2013 finisce per sciogliersi.
L’ETA in quattro decenni di lotta armata non è riuscita a conquistare il “cuore e la mente” del popolo basco e, dopo l’ultimo omicidio (vittima un poliziotto francese ucciso alle porte di Parigi durante un controllo casuale nel 2010), nel gennaio 2011 dichiara un «cessate il fuoco unilaterale e permanente».
L’ETA in quattro decenni di lotta armata non è riuscita a conquistare il “cuore e la mente” del popolo basco e nel gennaio 2011 ha dichiarato un «cessate il fuoco unilaterale e permanente»
Oggi sono circa 400 i militanti dell’ETA ancora detenuti nelle prigioni spagnole, responsabili di attentati dinamitardi e omicidi. Il governo di Madrid negli ultimi anni ha rifiutato qualsiasi dialogo con il gruppo terroristico e i suoi capi ancora latitanti, per consegnare le armi, hanno dovuto ricorrere alla mediazione dell’arcivescovo di Bologna e del prelato irlandese, ai quali l’8 aprile sono stati forniti i recapiti degli otto depositi di armi ed esplosivi nascosti in terra francese.
Un ultimo dato segna il fallimento politico forse definitivo dell’ETA e della sua antistorica e sanguinosa battaglia per l’indipendenza della regione basca: nella stessa serata dell’8 aprile a Bayonne decine di migliaia di baschi francesi e spagnoli si sono riversati nelle strade della città per festeggiare la “fine della guerra” e la sconfitta del terrorismo indipendentista.
(In copertina, l’opera di Francesco Ermini “Azken afaria“, 2010)
Alfredo Mantici
Ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, Direttore Analisi dI Babilon magazine e detective nel noto reality "Celebrity Hunted"
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