Saad Hariri è l’uomo del momento. Le dimissioni annunciate in diretta televisiva lo scorso 4 novembre dal premier libanese da Riad hanno aperto una crisi diplomatica in Libano con potenziali ripercussioni in tutto il Medio Oriente.
Da una settimana la tensione tra Riad e Beirut continua a crescere. Hariri, leader del partito Movimento Futuro, ha accusato direttamente l’organizzazione sciita Hezbollah di aver organizzato un complotto per ucciderlo. Accuse smentite dal leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah che, durante un discorso pronunciato alla televisione Al Manar, ha a sua volta tacciato i sauditi di interferenza negli affari interni del Paese. Come risposta, Arabia Saudita, Bahrein e Kuwait hanno invitato i propri cittadini a fare ritorno in patria, sconsigliando Beirut come destinazione per chi si dovesse mettere in viaggio.
Le massime istituzioni libanesi – il presidente della Repubblica Michel Aoun e il presidente del Parlamento Nabih Berri, cui si sono aggiunti anche esponenti di Movimento Futuro – da giorni continuano a chiedere il rientro di Hariri in Libano. Il 12 novembre ha rotto il silenzio dichiarando che in Arabia Saudita è libero di muoversi e che presto tornerà a Beirut per avviare le trattative per la formazione di un nuovo esecutivo che non subisca pressioni dall’esterno. Il riferimento è ovviamente all’Iran e all’intervento militare di Hezbollah nei conflitti in Siria e Yemen.
Hariri ostaggio di Riad?
Uno dei punti di maggior dibattito in Libano riguarda proprio la libertà di movimento di Hariri in Arabia Saudita. La prima pagina del quotidiano beirutino Al Akhbar il 6 novembre mostrava la foto del premier di spalle con la scritta: «tenuto in ostaggio». Una versione identica è stata data da Nasrallah, durante il suo discorso televisivo avvenuto il giorno successivo alle dimissioni del premier.
Sui social network, su Facebook in particolare, sono invece comparsi meme satirici sul tema, tra cui il gettonatissimo «Salvate il soldato Hariri», mentre è già stata creata una pagina web che chiede la sua scarcerazione. Fonti vicine al premier dimissionario, interpellate da Reuters il 9 novembre, hanno rivelato che l’Arabia Saudita non solo ha ordinato le dimissioni del leader di Movimento Futuro, ma che attualmente sta limitando la sua libertà di movimento. Riad ha rigettato le accuse, ribadendo l’assoluta autonomia del premier libanese. Il quale, peraltro, è ancora in carica, secondo la costituzione del Libano.
Uno dei punti di dibattito in Libano riguarda la libertà di movimento di Hariri a Riad. Nella prima pagina del quotidiano beirutino Al Akhbar il 6 novembre la scritta: «tenuto in ostaggio»
Intanto, il 7 novembre Hariri è stato fotografato ad Abu Dhabi, dove si era recato per incontrare Mohammed Bin Zayed, principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti. Tornato nella capitale saudita, ha avuto diversi meeting con delegazioni straniere, tra cui quella francese, britannica, statunitense, russa, italiana e dell’Unione Europea. Dai bilaterali non è trapelata nessuna notizia, però. L’unica voce è arrivata per bocca del ministro degli esteri francese, Jean-Yves Le Drian, secondo il quale «Hariri è libero di muoversi, i suoi spostamenti lo dimostrano». Sul profilo Twitter del premier sono comparsi anche alcuni scatti fatti durante la permanenza nel Golfo con ministri sauditi.
Gli affari con Riad
Ma per quale ragione Saad Hariri avrebbe spontaneamente rassegnato le dimissioni mentre si trovava in un paese estero, consapevole del rischio di gettare il Libano in una crisi diplomatica? Nato il 18 aprile 1970 nella capitale saudita, Hariri lega le sue fortune alla propria terra natale, come fu per il padre. Figlio dell’ex premier e imprenditore miliardario Rafiq Hariri, Saad ha preso le redini del partito dopo l’assassinio del padre, caduto vittima di un attentatore kamikaze nel 2005.
Attualmente, Saad Hariri è presidente della holding Saudi Oger, il cui quartiere generale è a Riad. Oltre a questo incarico, il premier libanese è un membro del consiglio di amministrazione della banca saudita d’investimento, della Saudi Research and Marketing group e della televisione Futuro. Gli interessi di Hariri toccano anche il Libano: nel Paese dei Cedri il padre Rafiq aveva fondato nel 1994 Solidere, una società per azioni il cui compito era ricostruire le zone devastate dalla guerra civile nel centro di Beirut. Ma il figlio ha mantenuto interessi anche nell’azienda che gestisce i rifiuti in Libano, Averda, che adesso è divenuta un colosso sia in Medio Oriente che in Africa.
Saad Hariri è presidente della holding Saudi Oger e membro del consiglio di amministrazione della banca saudita d’investimento e della Saudi Research and Marketing group
Traendo spunto dal padre, Saad ha quindi legato il proprio profilo economico a quello politico. Negli ultimi tempi, però, le cose non sembrano essere andate bene da entrambi i lati: nell’agosto del 2016, per esempio, dopo oltre sette mesi di stipendi arretrati, la rabbia dei dipendenti della Saudi Oger è culminata in proteste. I lavoratori della compagnia hanno manifestato la propria frustrazione, arrivando a dare fuoco ai veicoli di proprietà dell’azienda. A quel punto, il governo di Riad è intervenuto aprendo i rubinetti delle casse pubbliche per sedare la rabbia. Ma il problema si è ripresentato nove mesi dopo, quando cinquanta operai della società hanno incrociato le braccia e preteso il compenso promesso.
In Libano, invece, Solidere ha avuto un ritmo di crescita molto elevato per quattro anni, aumentando il valore delle sue azioni dai 5 dollari del 2004 a ben 38 del 2008. Ma oggi è in difficoltà e i titoli della società per lo sviluppo e la ricostruzione di Beirut valgono adesso 7,6 dollari.
Anche sul fronte della politica Saad Hariri si è dovuto scontrare con un’involuzione della propria popolarità. Le elezioni municipali di Tripoli del 2016 sono state l’ultimo vero banco di prova della tenuta del suo partito. Movimento Futuro ha perso nella sua enclave storica del nord. A vincere è stata una lista legata a Ashraf Rifi, ex ministro della Giustizia. La scelta di tornare a ricoprire la carica di primo ministro (la prima volta è stato nel 2009) il 18 dicembre 2016 è sembrata a molti osservatori internazionali la scommessa di un leader che aveva bisogno di riguadagnare il terreno perso.
Il ruolo del principe ereditario saudita
Il compromesso raggiunto da Hariri con il presidente Aoun e con Hezbollah per la formazione di un nuovo governo in Libano potrebbe aver eroso la fiducia del partner strategico, l’Arabia Saudita. Riad, durante i mesi del mandato di Hariri, ha dato più volte segni di nervosismo. E se la decisione dei sauditi di ritirare i 3 miliardi di dollari in armamenti all’esercito libanese è avvenuta prima della nomina di Hariri, lo scontro dialettico con Hezbollah è storia recente.
Del resto, nella monarchia del Golfo è in atto una trasformazione profonda. L’abdicazione del vecchio Re Salman bin Abdelaziz al Saud a favore del figlio Mohammed bin Salman – che alcune testate arabe hanno preannunciato avverrà nei prossimi giorni – ha provocato un terremoto politico internazionale. Il 32enne principe ereditario, dal 2015 già ministro della Difesa, ha infatti dato il via a una mutazione nei rapporti di potere, di cui le accuse di corruzione che stanno colpendo alti esponenti della scena politica ed economica saudita, sarebbero solo il primo atto del nuovo ciclo di Riad. Saad Hariri, che ha nel Regno le sue radici, è parte di questo disegno, ancora tutto da disvelare.
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