Il 28 marzo 2017 la Corte Europea di Lussemburgo ha riconosciuto legittime le sanzioni dell’Unione Europea contro Rosneft, la più grande società petrolifera russa. Le sanzioni rientrano in un piano di restrizioni imposto dall’UE nei confronti di Mosca dal 2014: restrizioni che finora hanno interessato politici, imprenditori e imprese statali come Rosneft.
Rosneft si è rivolta al Tribunale generale europeo per chiedere l’annullamento delle sanzioni e affinché vengano ritirate le restrizioni imposte nei suoi confronti sull’approvvigionamento di beni e servizi da utilizzare nei progetti off shore, nel Mar Artico e per la produzione di petrolio in Russia. Al contempo Rosneft ha chiesto che vengano congelate le disposizioni su titoli e prestiti che limitano la fornitura di servizi di finanziamento e di compravendita di azioni al colosso energetico ed altre società russe.
«Rosneft ritiene che il giudizio della Corte di giustizia europea sia illegale, infondato e politicizzato. Il sistema giudiziario europeo ha fallito il test di neutralità. In realtà, la sentenza dello scorso marzo mostra come lo stato di diritto in Europa venga sostituito secondo la regola della situazione politica», ha dichiarato in una nota la società russa. «Le sanzioni dell’UE sono state imposte per raggiungere obiettivi nascosti, infatti, per i danni a lungo termine all’industria petrolifera».
Gli interessi di Rosneft in Europa
Rosneft è partecipata in misura rilevante da società europee, anche comunitarie, e opera in partnership con le più importanti compagnie energetiche internazionali. Rosneft registra quasi il 50% delle partecipazioni di partner stranieri: tra questi British Petroleum, gli svizzeri di Glencore e il fondo sovrano del Qatar.
Le sanzioni comminate da Bruxelles peggiorano di molto il quadro per i partner europei della società russa. Vale soprattutto per l’Italia, che oltre a essere un grande acquirente di energia ha nelle compagnie che operano nel settore energetico una delle sue eccellenze tecnologiche. Sulla delicata posizione del nostro Paese si è espressa la politica e imprenditrice Deborah Bergamini, deputata di Forza Italia. «Le conseguenze negative generate dalle sanzioni non riguardano solo la Russia ma una gran parte d’Europa. In Italia ad esempio abbiamo stimato come la perdita economica che le aziende italiane ricevono da un’ora di sanzioni ammonta a circa 411.000 euro, un danno enorme».
La presa di posizione della Bergamini contro le sanzioni imposte a Rosneft non è isolata in Italia. Nella stessa direzione è da interpretata la dichiarazione congiunta firmata dai parlamentari di Forza Italia Lucio Malan, Alberto Cirio, Fabrizio Bertot e dal giornalista Alessandro Meluzzi: «La Corte Europea rigettando il ricorso di Rosneft ha perso l’occasione di rimediare a un errore politico prima ancora che economico fatto dall’Unione Europea. Le sanzioni ufficialmente comminate in relazione all’annessione della penisola di Crimea e successivamente collegate alla crisi nel sud-est dell’Ucraina, sono di per se già discutibili nel merito e danneggiano ingiustificatamente non solo l’economia russa ma anche quella dell’intero continente eurasiatico. Nel colpire specificatamente Rosneft si contraddicono addirittura anche le ragioni ufficiali delle sanzioni stesse in quanto la società che opera in regime concorrenziale sul territorio europeo sulla base di accordi e contratti stipulati nel rispetto di norme europee».
Oltre all’Italia, sono molti altri i Paesi europei che hanno subito danni economici derivanti dalle sanzioni applicate a Rosnfet. Sul caso ha rilasciato delle dichiarazioni interessanti anche il politico austriaco Johannes Hubner: «Credo che la Corte Europea abbia violato le proprie competenze approvando queste leggi sanzionatorie. La legge sulle sanzioni a Rosneft sarebbe dovuta passare attraverso la normale procedura legale e invece questo non è avvenuto. È una decisione presa in fretta, un misto di politica estera e abuso di strumenti legali contro le società private. Direi che è un quadro assolutamente sfavorevole quello che si delinea come conseguenza di questa scelta».
Redazione
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