Come noto, dietro la decisione di Pyongyang di aprire al dialogo con la Corea del Sud ci sono motivazioni che vanno ben oltre la volontà di partecipare ai prossimi Giochi Olimpici Invernali di Pyeongchang. Quella del dittatore Kim Jong Un, infatti, è una mossa dettata anzitutto da esigenze di carattere economico. Vediamo perché.
Il peso delle sanzioni internazionali
La mancanza di stime ufficiali sui tassi di crescita registrati dalla Corea del Nord nel 2017 impedisce di quantificare con esattezza il peso che le sanzioni internazionali stanno avendo sulla sua economia. Può essere comunque indicativo il dato che arriva dalla Cina, il primo partner commerciale di Pyongyang. L’anno scorso Pechino ha fatto registrare un calo del 35% delle importazioni dalla Corea del Nord. Ciò vuol dire che i prodotti maggiormente esportati oltreconfine dal regime nordcoreano (tessile, carbone e frutti di mare), e che da soli contribuiscono a una fette consistente del suo PIL, hanno perso il loro principale acquirente. La situazione è destinata a peggiorare ulteriormente con l’entrata in vigore di altre sanzioni stabilite dalle Nazioni Unite e fine dicembre. Tra le misure previste c’è il congelamento dei visti per i nordcoreani che lavorano all’estero. Nell’insieme, il crollo delle esportazioni e delle rimesse potrebbero ridurre fino all’80% la ricezione di valuta estera da parte della Corea del Nord.
Manca un “piano B” per salvare l’economia
Basta rileggere il discorso di fine anno di Kim Jong per capire quanto sia importante per la Corea del Nord la questione economica. La parola «economia» è stata infatti pronunciata dal leader nordcoreano quasi quanto la parola «nucleare». Inaspettatamente, per il regime di Pyongyang il rilancio economico del Paese passa per il turismo. Kim Jong Un ha parlato esplicitamente del progetto che prevede la costruzione di un grande polo turistico nell’area costiera di Wonsan-Kalma. Molti si chiedono però da dove arriveranno i turisti. Proprio dalla Corea del Sud secondo il professor Ruediger Frank dell’Università di Vienna il quale, citato dalla BBC, ha ricordato che tra il 1999 e il 2008 – in un periodo di relativa distensione dei rapporti tra Pyongyang e Seoul – la Corea del Nord fu “invasa” da centinaia di migliaia di sudcoreani. Aprendo adesso al dialogo con la controparte sudcoreana, Kim Jong Un spera di ottenere un effetto simile.
Più che sul turismo, il regime di Pyongyang proverà a puntare nell’immediato sulle nuove opportunità offerte dalle criptovalute. Ci sono Paesi come la Russia e il Venezuela che si stanno dotando di proprie valute digitali per smarcarsi dalle sanzioni americane, e la Corea del Nord presto potrebbe seguire lo stesso modus operandi per allentare la pressione della comunità internazionale nei suoi confronti. È una delle poche exit strategy che rimangono a disposizione di Kim Jong Un. Il leader nordcoreano è uscito bene dalla guerra dialettica condotta negli ultimi mesi contro Donald Trump, dimostrando al mondo con gli ultimi test che gli sviluppi registrati per dotare il regime di un arsenale nucleare non sono solo frutto della sua propaganda.
Al contempo, però, la situazione per l’economia nordcoreana si sta facendo sempre più critica, e il disgelo temporaneo con Seoul appare come un diversivo insufficiente per salvare dal collasso totale il Paese.
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