Qualche settimana fa l’Ufficio nazionale di statistica del Regno Unito (ONS) ha pubblicato i dati sulla sicurezza del Paese relativi al 2017. Come si temeva la situazione è molto allarmante. Gli elementi raccolti dalle 44 unità di polizia del Regno Unito fotografano infatti il sostanziale fallimento delle autorità inglesi alle prese con le conseguenze della Brexit. In materia di sicurezza il divorzio dall’UE secondo John Spencer, presidente della European Criminal Law Association che riunisce accademici, funzionari e avvocati, «sarà per il crimine organizzato probabilmente il più promettente cambiamento della scena europea dalla caduta del comunismo e immagino che per questo stiano già brindando».
Di Londra si sono interessate diverse procure italiane e la Direzione centrale per i servizi antidroga con l’obiettivo di risalire ai miliardi di euro che la ‘ndrangheta e altre organizzazioni criminali riciclano in alcune delle 500 istituzioni finanziarie che trovano sede nei 6.000 mq della City.
I numeri del rapporto
Secondo il rapporto diffuso dall’ONS, nel 2017 il numero dei crimini registrati nel Regno Unito è arrivato a 5,3 milioni (+14%). Nello specifico, sono aumentati stupri (+29%), furti (+23%), rapine (+14%) e, dopo anni di calo, i reati commessi con “arma bianca” sono cresciuti arrivando a 37.443. Per quanto riguarda l’uso di armi da fuoco, i reati sono stati 6.694, commessi principalmente con fucili, pistole e mitragliatori che circolano in grande quantità in particolare a Londra. Questi numeri dimostrano che nella capitale britannica non c’è stata quella svolta nel controllo del territorio che il nuovo sindaco di origine pakistana, Sadiq Aman Khan eletto nel 2016, aveva promesso.
Insomma, la coperta si sta rivelando corta e in una metropoli enorme com Londra non è certo allugando i turni degli agenti di polizia – già sotto organico – che si possono presidiare enormi spazi dove si registrano problematiche per la sicurezza di ogni tipo.
Che la situazione sia grave lo dimostra anche il numero degli omicidi. Nel periodo che va dal primo gennaio al 22 dicembre del 2017 sono stati uccisi 77 individui, con la preoccupante ascesa dei minori come autori e vittime dei reati all’arma bianca. Un dato allarmante, al punto che lo stesso sindaco Sadiq Aman Khan ha lanciato un appello ai suoi giovani concittadini sui social network: «Londra ha bisogno di te vivo: non uscire con un coltello».
Gli errori del passato
La mancanza di sicurezza nel Regno Unito ha origini lontane. Tra il 2010 e il 2016 le forze di polizia hanno subito importanti tagli ai budget di spesa, ma soprattutto sono stati ridotti gli effettivi da mandare sul territorio: -20% nel 2010 e -13% nel 2016. In quegli anni a capo del ministero degli Interni c’èra Theresa May, oggi primo ministro, la quale impose la stessa “dieta forzata” anche alle agenzie di intelligence – perlatro molto criticate da anni per la loro inefficenza – che negli anni tra il 2005 e il 2017 hanno dovuto confrontarsi a ranghi ridotti, e con minori risorse, con il fenomeno del terrorismo di matrice islamica. Un fenomeno che nel Regno Unito, con vari attentati, ha provocato in questo lasso di tempo 88 morti e 918 feriti. Questo fiume di sangue poteva essere evitato? Ciò che è certo è che su quanto accaduto hanno pesato i pesanti tagli alle attività di prevenzione e la mancanza di agenti sul territorio.
I futuri rapporti con Europol
Per tornare alla Brexit, per la Gran Bretagna si porrà a breve anche il problema dell’uscita da Europol, la piattaforma di polizia alla quale possono aderire solo i Paesi membri effettivi dell’UE. Non è da escludere che si potrebbero trovare intese di collaborazione per condurre operazioni congiunte. Tuttavia, per Londra il non poter più avere accesso al database di Europol metterebbe inevitabilmente ulteriormente a rischio un Paese in cui le moschee continuano ad aumentare (sono 423 quelle di nuova costruzione solo Londra) e le chiese continuano a chiudere per mancanza di fedeli (oltre 500). Anche questo è un segnale di cui il governo di Theresa May non può non tenere conto.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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