La vicenda di Luca Traini, l’uomo che ha terrorizzato la città di Macerata con il suo raid xenofobo, ha comprensibilmente acceso gli animi e dato vita a scontri politici in piena campagna elettorale. Molto si è parlato (e sparlato) di come inquadrare il caso. Che, come noto, è legato all’ancor più triste fatto di cronaca nera maceratese, quello di una ragazzina tossicodipendente il cui cadavere – ancora non si sa come – è stato ritrovato a pezzi dentro una valigia a seguito delle sue frequentazioni con ambienti di spaccio nigeriani.
Da qui, secondo la vulgata, l’idea della vendetta e la spinta motivazionale che ha portato Traini a sparare. Il che non farebbe di lui uno squilibrato o un vendicatore folle, ma non un terrorista. E invece proprio di terrorismo si tratta. Gli indicatori ci sono tutti.
Primo. L’uomo, secondo un termine molto in voga oggi, si era “radicalizzato” e militava o comunque si riconosceva nell’estrema destra. L’obiettivo, infatti, era politico: gli immigrati. Ne ha colpiti sei, nella speranza e con la volontà di ucciderli.
Secondo. Lo strumento scelto è un’arma da fuoco. Traini è salito in macchina e con una pistola ha compiuto un agguato, esplodendo una trentina di colpi contro i suoi obiettivi. Si è scritto che aveva un permesso per detenere l’arma “per uso sportivo”. Bisognerà verificarlo, ma certo il fatto non è secondario, e tra l’altro apre ad alcuni interrogativi circa le nostre politiche di sicurezza in materia di armi da fuoco.
Terzo. Lo sparatore ha ottenuto la solidarietà e il sostegno di non pochi estremisti della destra radicale. Il che getta un’ombra inquietante sul clima politico del nostro paese, in piena frenesia da elezioni. Traini, militante radicale con velleità di carriera politica (un trascorso con la Lega Nord e un presente estremista), non è il primo engagé di sigle come Forza Nuova o Casapound che finisce per uccidere immigrati stranieri. È successo anche a Firenze nel 2011, ad esempio, quando Gianluca Casseri con la sua 357 Magnum ha ammazzato due senegalesi e ne ha ferito un terzo, prima di suicidarsi.
Quarto. Quel che è peggio è che Traini, come molti altri prima di lui, non solo non si è pentito del gesto, ma ha rivendicato le proprie ragioni, in tipico stile terrorista: indossando una bandiera italiana a mo’ di mantello (fosse stata dell’ISIS che si sarebbe detto?), si è recato sul Monumento ai Caduti cittadino e ha salutato la folla con il saluto fascista, prima di arrendersi alle forze dell’ordine.
Forza Nuova e la solidarietà a Traini
Come si chiama questo se non estremismo? Come già per il terrorismo islamista, ridurre simili fenomeni a semplificazioni giornalistiche quali “lupi solitari” o “gesto folle” non è soltanto sbagliato, ma pericoloso. Significa sottostimare la realtà degli ambienti radicali italiani. Di estrema destra, in particolare. Luoghi dove non di rado si maneggiano armi e si progettano “atti spettacolari” in pieno stile terroristico. La natura violenta di questi gruppi, infatti, è da ritenersi persino più pericolosa dell’estremismo salafita-jihadista, fenomeno piuttosto ridotto in Italia, e dell’anarco-insurrezionalismo, fenomeno invece in piena attività nel nostro paese.
Questo perché il network della destra estremista è ben radicato in tutto il territorio nazionale, è molto numeroso e trova consensi anche in ambienti e gruppi sociali più moderati. Inoltre, è endemico alla storia del nostro paese e pertanto si sostanzia di una cultura che ha radici profonde, dal ventennio fascista all’eversione nera degli anni Settanta.
E che dire del partito neofascista Forza Nuova, il cui leader Roberto Fiore è un condannato per banda armata e associazione sovversiva, che si è schierato al fianco di Traini e dice di volergli pagare le spese legali per «non farlo sentire solo e non abbandonarlo»?
Il consenso di simili formazioni che inneggiano sfacciatamente a una rivolta sociale, sta crescendo nel paese. C’è persino da credere che il simbolo “Italia agli italiani” – che riunisce Forza Nuova, Movimento Sociale-Fiamma Tricolore e altri movimenti di estrema destra – non andrà poi tanto male alle elezioni politiche del 4 marzo. Questo perché le idee pericolose che le loro antenne trasmettono agli italiano, intercettano un malessere serpeggiante nella società italiana, acuito dalla percezione di paura e ingiustizia riguardo alla montante piaga dell’immigrazione e della tratta di esseri umani.
In conclusione, c’è il movente politico. C’è l’azione terroristica. Ci sono i feriti, la rivendicazione e la solidarietà dei gruppi dell’estrema destra. Pertanto, il fenomeno va trattato con le cautele del caso ma con il peso che merita. Senza allarmismi, va però riconosciuto che si tratta di un atto di terrorismo, e come tale dev’essere inquadrato e aggiunto alla lunga lista dei precedenti attentati di matrice politica. Il resto risulterebbe superfluo, se non fosse che l’attentato di Macerata alza inevitabilmente l’asticella della minaccia terroristica nel nostro paese.
Luciano Tirinnanzi
Direttore di Babilon, giornalista professionista, classe 1979. Collabora con Panorama, è autore di numerosi saggi, esperto di Relazioni Internazionali e terrorismo.
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