Se è vero che lo sciame di attentati in Europa si è momentaneamente arrestato, la minaccia jihadista che grava sul Vecchio Continente non è affatto diminuita. In questo frangente di calma apparente i gruppi estremisti si stanno infatti riorganizzando in silenzio. Vale tanto per le cellule affiliate a ISIS, quanto per chi, deluso dal tramonto del sogno del Califfato, ha deciso di tornare ad abbracciare la causa di Al Qaeda.
Uno degli Stati più attenzionati dai servizi d’intelligence europei è l’Olanda. A descrivere la situazione del Paese dei tulipani è un rapporto denominato Terrorist Threat Assessment for the Netherlands, curato dal National Coordinator for Security and Counterterrorism (NCTV). Nel documento non ci sono dettagli concreti su attacchi pianificati da parte di gruppi jihadisti. Tuttavia l’allerta rimane al livello 4 su una scala di valori che va da 1 a 5.
Il principale motivo di preoccupazione è rappresentato dai foreign fighters che sono rientrati in Olanda dai teatri di guerra in Siria e Iraq. Si parla di circa 50 individui su un totale di 280 jihadisti partiti tra il 2011 e il 2016. Ad attenderli in patria, e a dare loro supporto logistico, ci sarebbe una cerchia di islamisti salafiti violenti. Si tratta per lo più di individui che in questi anni non sono riusciti, o non hanno trovato il coraggio, per partire per il Medio Oriente. Il rischio è che adesso, aizzati dai combattenti di ritorno, possano trovare la forza necessaria per compiere attentati. Diversi indizi, in tal senso, sono arrivati dal web. Nei network jihadisti sono infatti stati intercettati messaggi di propaganda e istruzioni su come effettuare attacchi nei Paesi Bassi.
A ciò si aggiunge la pervasiva presenza di salafiti nelle moschee olandesi. Ad Amsterdam, ad esempio, i salafiti controllano – direttamente o indirettamente – 11 luoghi di preghiera su 22 ritenuti dall’intelligence olandese (AIVD, General Intelligence and Security Service) «luoghi dove i salafiti – quasi in maggioranza di origine marocchina – diffondono messaggi anti-integrazione e costanti inviti alla radicalizzazione».
Il ruolo dell’Arabia Saudita
Dunque anche in Olanda, Paese in cui per troppo tempo si è creduto che i salafiti rappresentassero una piccola minoranza tra le comunità musulmane locali, la preoccupazione inizia ad aumentare. E il rapporto del National Coordinator for Security and Counterterrorism che ad avere un ruolo centrale in questa fase è in particolare un Paese straniero, l’Arabia Saudita. Grazie ai petroldollari arrivati in Olanda sempre più imam sono infatti andati a studiare all’Università islamica di Medina. La pagina Facebook di una comunità di studenti islamici olandesi informa con enfasi che attualmente sono in 40 a seguire i corsi in Arabia Saudita.
Sul web e nelle moschee olandesi, anche in quelle considerate “moderate”, i predicatori sauditi vengono spesso invitati a tenere conferenze dove esprimono i concetti classici della dottrina wahhabita-salafita. Una dottrina disseminata di teorie antioccidentali, antisemite e discriminatorie nei confronti delle donne e persino dei bambini «che possono essere picchiati dall’età di 10 anni se non vogliono fare la preghiera».
Le scarse contromisure del governo olandese
Nonostante l’alto livello di rischio accertato, il governo del primo ministro Mark Rutte ha però optato per non mettere al bando le organizzazioni salafite perché ciò andrebbe «in conflitto con il diritto individuale alla libertà di religione». Dopo un lungo periodo di torpore, l’unico soggetto a muoversi è stata l’organizzazione islamica olandese “The Contact Body Muslims and Government”, che ha deciso che vengano organizzati corsi di formazione per imam olandesi in modo che i giovani non vadano più a studiare in Arabia Saudita. La sensazione, però, è che servirà ben altro per fermare l’onda jihadista che si sta per abbattere sul Paese.
Il ricordo va al 2 maggio del 2004. Quel giorno, intorno alle 9 del mattino, il regista olandese Theo Van Gogh venne colpito da alcuni colpi di pistola sparati dal 26enne olandese di origini marocchine Mohammed Bouyeri, membro del gruppo estremista islamico “Hofstad”. Dopo aver ucciso il regista, Bouyeri tentò anche di decapitarlo senza però riuscirci. Conficcò il suo corpo con due coltelli nei cui manici erano infilati fogliettini con su scritte minacce contro l’Occidente e contro Ayaan Hirsi Ali, scrittrice di origini somale e co-sceneggiatrice del film di Van Gogh Submission che trattava della condizione delle donne nella cultura islamica. Buyeri venne arrestato e condannato all’ergastolo. Disse di aver agito «per difendere Allah». Dopo quell’episodio Ayaan Hirsi Ali dovette fuggire dall’Olanda. Oggi vive negli Stati Uniti dove porta avanti la sua battaglia contro l’islam radicale pubblicando libri e tenendo conferenze.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
Il bivio tra democrazia e dittatura
19 Nov 2024
L’economista Giorgio Arfaras, in libreria dal 1° novembre con il saggio Filosofi e Tiranni, edito da Paesi Edizioni. Il…
Come fare impresa nel Golfo
16 Ott 2024
Come aprire una società in Arabia Saudita? Quali sono le leggi specifiche che regolano il business nel Paese del Golfo…
Perché l’Occidente deve cercare un confronto con Orban
29 Lug 2024
Il sostantivo «cremlinologo» aveva certo molti anni fa una sua funzione, di là dal definire l'etichetta di uno…