Nicolas Sarkozy è stato fermato questa mattina a Parigi e attualmente si trova in garde à vue (stato di fermo) a disposizione dei magistrati dell’anti-corruzione di Nanterre. Gli investigatori vogliono sapere molte cose dall’ex presidente francese, in particolare sulla vicenda dei finanziamenti illeciti alla sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2007 ricevuti dall’ex dittatore libico Muammar Gheddafi.
Oggi, dall’aldilà, il Rais libico sembra volersi vendicare dell’intervento militare che nel 2011 portò alla caduta del suo regime e nel quale la Francia di Sarkozy giocò un ruolo fondamentale. Del 20 ottobre di quell’anno – il giorno dell’uccisione del dittatore libico e di altri sessanta suoi fedelissimi tra cui uno dei suoi figli, Mutassim – si disse che i servizi segreti francesi non furono “estranei” ai luoghi in cui si consumò la mattanza.
Le voci e le allusioni su valige piene di banconote che transitavano tra Tripoli e Parigi hanno trovato puntuale conferma in un libro edito da Mediapart dal titolo Avec les compliments du Guide, scritto dai giornalisti Fabrice Arfi e Karl Laske. Nel libro gli autori parlano di borse stracolme di soldi, di bonifici e fatture alquanto sospette, di lettere di intenti, di promesse di sostegno in cambio di milioni di euro, il tutto per far eleggere Sarkozy alla guida dell’Eliseo.
Ma non solo. Dal volume emergono anche tracce di ricatti e minacce che il Rais libico avrebbe più volte rivolto a Sarkozy sentendosi a un certo punto abbandonato dall’ex presidente francese. Timori fondati, come avrebbero dimostrato pochi anni più tardi i bombardamenti su Tripoli.
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Ma di quanto soldi parliamo? Circa 50 milioni di euro, anche se al momento la magistratura francese contesta a Sarkozy di aver ricevuto da Gheddafi 5 milioni. Le indagini hanno fatto molta fatica a scavare a fondo della questione, principalmente per la morte del testimone più importante, ovvero Gheddafi, e di quasi tutti i suoi più vicini collaboratori. Suo figlio Saif al Islam, che qualche giorno fa ha annunciato di volersi ufficialmente candidare alle prossime elezioni presidenziali libiche, non ha mai detto nulla su questa vicenda. Non sapeva o tace per paura di ritorsioni? Oppure protegge l’immenso patrimonio che il padre ha lasciato disseminato in giro per il mondo?
Il confronto tra Sarkozy e i giudici parigini, iniziato nel 2013, sembrava chiuso fino al colpo di scena del gennaio scorso. Mentre era in transito all’aeroporto londinese di Heatrow, è stato arrestato Alexandre Djouhri, considerato l’uomo che faceva da tramite tra i libici e lo staff di Sarkozy. Djouhri, sul quale pendeva un mandato di cattura internazionale, a breve potrebbe essere estradato in Francia, fatto che aprirebbe una voragine nella difesa di Sarkozy, il quale ha sempre negato di aver ricevuto finanziamenti dalla Libia.
Dopo la sconfitta alle primarie del centrodestra nel 2016, Sarkozy si è definitivamente ritirato dalla vita politica di cui è stato protagonista per un ventennio, alternando alcuni successi a brucianti sconfitte. Quell’uscita di scena, adesso, potrebbe però non bastargli per salvarsi dalla “vendetta” di Gheddafi.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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