Al fine di tenere il passo della costante minaccia terroristica anche nelle sue evoluzioni tecnologiche, da aprile 2018 per la Somalia sono previsti nuovi strumenti per combattere la criminalità diffusa. A svolgere un ruolo fondamentale in questo contesto è l’INTERPOL, l’Organizzazione internazionale della polizia criminale.
Con l’iniziativa I-ONE, INTERPOL ha promosso un investimento di 2 milioni di euro per la modernizzazione di 31 dei suoi African National Central Bureaus (NCBs), le divisioni locali di polizia che fungono da canale di collegamento con l’INTERPOL stessa. Pertanto, fino a dicembre 2019 sarà effettuato il rinnovamento delle apparecchiature informatiche e un’ottimizzazione delle attività di polizia a livello organizzativo in vista di una cooperazione internazionale più integrata.
Le attività di intelligence condotte dalla polizia africana risulteranno cruciali per contrastare le attività criminali transnazionali come: cybercrime, infiltrazioni della criminalità organizzata e contrasto alle cellule terroristiche locali.
Il caso somalo
Durante gli anni del regime di Siad Barre (1969-1991) lo scenario somalo era destabilizzato da numerose iniziative di guerriglia talvolta anche di ispirazione islamista tese al fine di spodestare il dittatore.
Con la caduta di Barre, e nonostante i numerosi tentativi per la costruzione di un governo efficace, la Somalia sperimenterà solo pochi momenti di reale stabilità politica con la fine del governo di transizione e con l’istituzione della Repubblica Federale Somala. In questo quadro sarà sempre crescente l’influenza dei militanti islamici prima con l’Unione delle Corti Islamiche e poi con il sopravvento di al-Shabaab.
L’evoluzione di Al Shabaab
Il Counter Extremism Project identifica la nascita di al-Shabaab (dall’arabo “Partito della Gioventù”) tra il 1996-1997, in principio come gruppo di stampo nazionalistico strutturato come piccola rete di militanti non formalizzata in un’organizzazione vera a propria.
Dal 2006 sorge come gruppo islamico militante e con un ruolo all’interno dell’Islamic Courts Union (ICU), una coalizione di tribunali della Sharia con funzione significativa nella gestione del potere dopo la caduta del regime di Barre, poiché dotate di proprie milizie, inizialmente finalizzate all’applicazione delle sentenze.
In questo contesto al-Shabaab acquisisce influenza connotandosi come la frangia più radicale all’interno della struttura delle Corti Islamiche e ciò ne consentirà la sopravvivenza anche quando la parabola dell’ICU volgerà al termine. Nel 2009 infatti, gli Stati Uniti dichiareranno al-Shabaab organizzazione terroristica e grazie a numerose azioni suicide e rapimenti, guadagnerà anche il rispetto e l’affiliazione alla rete al-Qaeda da parte del suo leader Mohammed al-Zawahiri nel 2012.
Al Shabaab oggi
Negli anni l’influenza di al-Shabaab si è estesa oltre i confini della Somalia e nonostante le truppe kenyote ed etiopi abbiano cercato di respingerla fuori dai loro confini il gruppo è rimasto attivo.
Grazie ai sostegni finanziari dei membri della comunità somala residenti in tutto il mondo ed il denaro ottenuto attraverso la tassazione forzata delle comunità locali residenti nei territori controllati dai jihadisti, l’organizzazione gode di una grande disponibilità economica. La CNN ha evidenziato che sulla strada più trafficata da Afgoi a Baidoa ogni camion che trasporta merci paga ad al-Shabaab un pedaggio di 800 dollari, un introito di circa 5.000 dollari al giorno.
Inoltre, la loro forza economica ha reso possibile la costruzione di numerose scuole islamiche per l’intensificazione dell’indottrinamento delle giovani leve. Reclutamento forzato di bambini e rappresaglie contro le comunità che si rifiutano di consegnare i propri figli ai militanti sono considerati attività note particolarmente allarmanti.
L’ala secessionista di Al Shabbab
Nel 2015 Al Shabaab subisce una scissione interna. Abdul Qadir Mumin, nato a Puntland ma cittadino britannico dalle idee estremiste, con un piccolo numero di ex membri di al-Shabaab giura fedeltà al Califfo e proclama lo Stato islamico in Somalia (ISS). Le sue milizie collocate nell’entroterra di Puntland, dopo aver rivendicato diversi attacchi terroristici anche nel resto del paese, ottengono un effettivo riconoscimento da Abu Bakr al-Baghdadi nel dicembre 2017 con il nome di Wilayat al-Somal.
Quali rischi
La nascita del nuovo gruppo affiliato allo Stato Islamico ha attirato un modesto numero di combattenti disertori di Al Shabaab e ha innescato inevitabili antagonismi per l’affermazione dell’egemonia sul territorio. Ma non solo. La strategia di Abdul Qadir Mumin è diventata una nuova minaccia per il governo centrale già impegnato a contrastare l’influenza di Al Shabaab.
Le conseguenze di questa concentrazione di minacce jihadiste sono emerse da un report sul bilancio degli attacchi terroristici in Somalia pubblicato alla fine del 2017 dall’Armed Conflict Location and Event Data Project (Acled), nel quale è stato evidenziato un allarmante incremento degli episodi di violenza imputabili all’influenza dei gruppi militanti attivi.
Alla luce di tali eventi lo sviluppo di un sistema di Risk Management è risultato fondamentale. Il miglioramento delle tecnologie per l’acquisizione di informazioni faciliterà le operazioni antiterrorismo e, nonostante le enormi difficoltà che presenta la Somalia di oggi, con una cooperazione internazionale di polizia è auspicabile che vengano efficacemente contrastate, sul lungo periodo, le attività criminali che dilagano nella regione.
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