Senza preoccuparsi delle conseguenze future, negli ultimi anni Norvegia e Danimarca hanno accolto decine di migliaia di immigrati di religione islamica provenienti da varie parti del mondo. Lo stesso ha fatto la Svezia, che attualmente si confronta con livelli di criminalità mai visti prima. I gravissimi problemi di sicurezza interessano molte città del Paese, con Stoccolma e Malmö a contendersi il triste primato della situazione più critica. Oggi in Svezia si contano almeno 55 aree urbane dette “no-go areas”, una sorta di copia delle tristemente note “ZUS” francesi (Zone urbaine sensible), dove persino le ambulanze, i pompieri e gli addetti alla consegna della posta possono accedere solo se scortati dalla polizia che viene accolta sempre con lancio di pietre e biglie di ferro e, non di rado, con colpi di armi da fuoco.
Di queste vere e proprie “enclave islamiche” parlano diversi rapporti di sicurezza nazionale svedese del 2014. Nei dossier si fa cenno non solo all’islam radicale, ma anche a gang di giovani criminali. A Malmö la situazione è da tempo fuori controllo nel quartiere di Rosengård, mentre a Stoccolma il quartiere più caldo è quello di Rinkeby, popolato da 16mila persone di 60 etnie differenti e dove si parlano più di 40 lingue.
Per tornare alla Norvegia, gli ultimi dati disponibili riferiti al 2015 raccontano di 3.000 norvegesi convertitisi negli ultimi anni all’Islam. Tra questi due dei più noti sono Jesse James e Aleksander Riseng. I due si vedono spesso in televisione dove fanno da spalla al famoso predicatore salafita Fahad Qureshi, ingegnere, figlio di immigrati pachistani, leader indiscusso del movimento fondato nel 2008 “Islam Net”. Famose sono le sue campagne di proselitismo e i tentativi di convertire all’islam la gente lungo le strade di Oslo e in altre città. Fahad Qureshi è notoriamente un estremista violento che infiamma i suoi sermoni inneggiando contro gli omosessuali, chiedendo la separazione dei sessi in tutte le attività pubbliche e l’adozione della Sharia in Norvegia.
La Norvegia ha una lunga e lodevole tradizione nel campo dell’aiuto ai rifugiati di guerra e nelle questioni umanitarie. In particolare, si è distinta per l’aiuto offerto ai rifugiati siriani inviando in totale 1,2 miliardi di dollari per la loro causa. Ma non solo: dal 2013 secondo la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa la Norvegia ha concesso la cittadinanza a migliaia di rifiugiati. Dal 2015 oltre 31.000 di queste persone ha fatto richiesta di asilo in Norvegia per lo più provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan e dall’Iraq.
Nonostante la Norvegia abbia fatto molti sforzi mettendo a disposizione di queste persone il proprio generoso sistema di welfare state affinchè l’integrazione dei rifiugiati nel Paese fosse piena e compiuta, non tutto è andato come si sperava. Nel tempo sono nati gruppi di estremisti islamici che hanno giurato fedeltà ad Al Qaeda prima e all’Isis dopo. Tra questi c’è “Profetens Ummah”, fondato alla fine del 2011. Il gruppo è diventato famoso per le sue dimostrazioni pubbliche e per le dichiarazioni di sostegno al terrorismo islamico. Per lungo tempo il movimento ha potuto contare sul supporto dottrinale di Najmaddin Faraj Ahmad, meglio conosciuto come il Mullah Krekar. Tra gli animatori di “Profetens Ummah” c’erano anche Arfan Qadeer Bhatti (nella foto in apertura, in carcere in Norvegia dopo la detenzione in Pakistan tra il 2012 e il 2015 ), Ubaydullah Hussain (in carcere in Norvegia) Mohyeldeen Mohammad (espulso nel 2011 verso l’Arabia Saudita, arrestato al suo arrivo e rimandato in Norvegia ), Bastian Vasquez (morto nel 2015 in Siria), Egzon Avdyli (morto nel 2014 in Siria), Omar Cheblal (morto nel 2015 Iraq) e molti altri.
Circa 100 cittadini norvegesi, tra i quali diversi rifugiati somali, sono partiti in questi anni per andare a combattere in Siria e Iraq e il servizio di intelligence norvegese PST ritiene che, almeno fino al 2015, 40 di queste persone fossero ancora impegnate in battaglia. Da segnalare sempre in Norvegia, infine, il ruolo politico dei Fratelli Musulmani e, più in generale specie nella capitale e nelle altre grandi città, l’apparizione sempre più frequenti in luoghi pubblici di donne che indossano il burqa o il niqab nello sconcerto generale. Qualche giorno fa il parlamento norvegese ha battuto un colpo approvando una legge «che mette al bando ogni tipo di abbigliamento che copre, anche solo parzialmente, il volto, tra i quali burqa e niqab». La legge sarà applicata in tutte le scuole ed è valida sia per gli insegnanti che per gli studenti oltre ad esserlo anche nelle strutture dedicate all’accoglienza degli immigrati. Difficile credere che questa misura, da sola, basterà per fermare l’ondata di fondamentalismo che si sta abbattendo su tutta la Scandinavia.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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