La recente inaugurazione a Eskisehir del gasdotto turco-azero TANAP mette in luce l’ambizioso progetto dell’UE di diversificare le proprie risorse energetiche per sfuggire all’attuale monopolio della Russia.
1. IL PROGETTO TANAP
Il gasdotto TANAP (Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline), insieme al South Caucasus Pipeline (SCP) e alla Trans-Adriatic Pipeline (TAP), forma il Southern Gas Corridor, ovvero il corridoio meridionale del gas dell’UE che entrerà in piena attività entro il 2020. Il TANAP si estende per 1.850 chilometri, 19 dei quali percorsi sotto il Mare di Marmara, situato tra Mar Egeo e Mar Nero, a ridosso della Penisola anatolica. L’infrastruttura inizia il suo percorso dai siti azeri Shah Deniz-2 e Sangachal, attraversa parte del territorio georgiano e percorre tutto il territorio turco fino a Edirne, passando per la Grecia e l’Albania, per collegarsi poi con il gasdotto TAP in Italia. Il consorzio operante è formato dalla società azera SOCAR, che gestisce l’impianto con il 58%, dalla compagnia turca BOTAS, che possiede il 30%, e dalla British Petroleum con il 12%. La capacità prevista del gasdotto è di 16 miliardi di metri cubi di gas naturale, ma la struttura è stata progettata per aumentare progressivamente ogni tre anni le forniture, tramite circuiti paralleli e stazioni di compressione.
2. IL MONOPOLIO ENERGETICO DI MOSCA
Il Southern Gas Corridor è studiato principalmente per ridurre la dipendenza energetica europea da Mosca. L’attuale posizione influente della Russia negli affari mondiali è infatti determinata dalla straordinaria ripresa economica dopo il caos post-sovietico (liquidazione generalizzata delle risorse energetiche nazionali e brusco calo dei prezzi internazionali), assicurata con l’elezione del presidente Putin e rafforzata sia dalle ingenti riserve energetiche nazionali che dall’azione di grandi compagnie petrolifere nazionali quali Gazprom, Rosneft e Lukoil. La ripresa energetica e quindi economica ha permesso a Mosca di sviluppare una rinnovata influenza geopolitica, accrescendo la dipendenza dalle forniture di gas naturale che esporta in particolare verso l’Europa occidentale. A rafforzare la posizione di Mosca sono anche e soprattutto i Paesi di transito, come l’Ucraina, che veicolano la maggior parte delle esportazioni russe in Europa. La posizione centrale dell’Ucraina in tale schema la rende un Paese chiave sia per l’UE che per la stessa Russia, seppur con motivazioni differenti: l’UE ha bisogno di Kiev per sviluppare la sicurezza energetica e allentare la “politica di ricatto” a colpi di cali di forniture messa in atto da Mosca, la quale, al contrario, necessita di Kiev per difendere la propria sfera d’influenza nello spazio post-sovietico ed evitare un’eccessiva espansione dell’UE e della NATO a ridosso dei propri confini nazionali.
3. LA SETE DI ENERGIA DELL’UNIONE EUROPEA
La mancanza di risorse energetiche non danneggia il prestigio dell’Europa nelle relazioni internazionali, ma alimenta la sua sete di energia, rafforzando quindi la sua dipendenza dai Paesi produttori. Per questo è stata sviluppata una politica energetica per l’Europa, meglio conosciuta come Strategia 2020, che prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 20% e la ricerca di fonti di energia sicure, sostenibili e accessibili. Il progetto TANAP rientra pienamente in tale strategia, che però sembra procedere con fatica. L’UE ha infatti avviato un dialogo interregionale con limitati progressi e una limitata azione comune del progetto, a causa dei rapporti bilaterali che alcuni Paesi europei tendono a privilegiare con Mosca. Ulteriori difficoltà si sviluppano sia per l’assenza di un mercato unico mondiale dell’energia che per motivi politici, come l’insediamento turbolento di Governi filo-europei nei Paesi dell’ex URSS – per esempio, nel 2003 in Georgia e nel 2014 in Ucraina. La strada per un approvvigionamento europeo, sicuro e diversificato delle risorse energetiche è ancora lunga e insita di incognite, ma quel che è certo è che la sfida al monopolio di Mosca è già iniziata.
Sara Barchi
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