hinzo Abe è stato rieletto alla guida del Partito Liberal-Democratico (LDP) e conseguentemente alla guida del Governo, candidandosi così a diventare potenzialmente il premier più longevo nella storia del Giappone.
1. UNA FACILE VITTORIA
Come da pronostico, il 20 settembre scorso Shinzo Abe ha vinto la rielezione a capo di partito e di Governo con una larga maggioranza (553 voti su 807) durante l’assemblea dell’LDP, battendo l’ex ministro della Difesa Shigeru Ishiba. In questo modo Abe prolungherà la vita del suo Governo fino al 2021, garantendo così la propria presenza in due momenti di grande importanza per il Paese. Il primo è l’abdicazione dell’Imperatore Akihito a favore del figlio Naruhito prevista per il 30 aprile 2019, il secondo le Olimpiadi di Tokyo del 2020. Abe ha affermato che dopo la partecipazione all’apertura dell’Assemblea Generale ONU avrebbe effettuato un ampio rimpasto di Governo, cosa poi avvenuta, nonostante la permanenza del ministro delle Finanze Taro Aso e del Segretario di gabinetto Yoshihide Suga ai propri posti. Si tratta dunque di una votazione all’insegna della continuità, favorita certamente dall’assenza di una vera alternativa ad Abe.
2. GLI OBIETTIVI DI LUNGO PERIODO
Sotto il profilo economico, i mercati hanno reagito positivamente alla notizia, anche solo per il fatto che garantisce stabilità alle politiche attuate sinora, ovvero l’Abenomics. È però noto a tutti, in Giappone, ma anche all’estero, che il vero obiettivo di Abe è la riforma costituzionale (in particolare dell’art. 9, che legittimerebbe le Forze di Autodifesa), liberando così il Paese da uno dei principali vincoli posti da una Costituzione percepita come imposta. Il timore del mondo della finanza e del business è legato a questo, ovvero la tentazione di Abe di puntare molte, troppe energie su questo obiettivo (che tuttora sembra di difficile attuazione), a discapito del sostegno alla crescita economica, che invece dà segnali incoraggianti (si pensi ad esempio al raggiungimento dell’inflazione al 2%, come auspicato dalla Bank of Japan). Oltre a mantenere una politica monetaria espansiva, ci si aspetta che il prossimo anno venga approvato l’aumento dell’IVA al 10%, già rinviato due volte: con queste entrate si cercherà di ridurre il debito pubblico e finanziare il sistema di welfare. Abe ha inoltre assicurato un budget extra per far fronte alle numerose calamità naturali che hanno colpito il Giappone negli ultimi mesi.
3. IL RAPPORTO CON GLI USA
Da tempo il mondo industriale nipponico viveva con preoccupazione la possibile applicazione da parte degli USA di dazi doganali sulle automobili, proprio come avvenuto per molti beni cinesi. Durante l’incontro bilaterale di mercoledì 26 settembre alla Trump Tower, il Presidente americano ha mostrato senza mezze misure tutto il suo scontento per quei 69 miliardi di dollari di surplus che il Sol Levante vanta nei confronti degli USA. D’altro canto il Giappone ha dimostrato poco entusiasmo verso la proposta americana di un accordo di libero scambio bilaterale (in linea con la politica commerciale di Trump). Paradossalmente, entrambi i leader hanno guadagnato qualcosa dall’incontro: Abe è riuscito a evitare l’applicazione dei dazi che avrebbero un effetto devastante su un’economia come quella giapponese, basata sulle esportazioni; Trump invece può vantarsi di aver portato al tavolo di negoziato un partner riluttante sotto questo aspetto. Insomma, sembra proprio che i due intendano mantenere l’idillio della reciproca amicizia (e alleanza) al di là delle questioni commerciali. È opportuno ricordare sempre che un forte collante tra i due Paesi è la sicurezza del Pacifico, minacciata principalmente da Pyongyang. In ogni caso, ci sarà un secondo round di negoziati sulla questione dei dazi e tutto ancora può succedere.
Mara Cavalleri
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