Le massicce proteste in Inguscezia contro la ridefinizione dei confini della Repubblica con la Cecenia segnalano un clima di crescenti tensioni etnico-politiche nel Caucaso. E il Cremlino sta a guardare.
1. LA PROTESTA DEGLI INGUSCI
Il 26 settembre i presidenti delle repubbliche di Inguscezia, Yunus-bek Yevkurov, e Cecenia, Ramzan Kadyrov, hanno siglato un accordo che prevede la ridelineazione dei confini tra le due entità amministrative. Questo accordo stabilisce la riassegnazione di un’area montuosa e disabitata sul confine ceceno-inguscio, con la cessione di parte del distretto ceceno di Nadterechny all’Inguscezia e allo stesso tempo di un’area corrispondente del distretto inguscio di Malgobeksky alla Cecenia. Le proteste ingusce, però, sorgono in quanto l’accordo non sarebbe uno scambio di pari aree territoriali, ma una vera e propria sottomissione al volere del Presidente ceceno, che ambirebbe, in qualche modo, ad annettere più territori possibili dalle Repubbliche vicine per la creazione di una nuova Grande Cecenia. Le proteste, alle quali hanno preso parte diverse rappresentanze della società civile, sono nate spontaneamente subito dopo la firma del trattato e hanno portato a numerosi arresti e al blocco temporaneo di internet nella capitale Magas. Le richieste dei dimostranti sono state molto chiare: dimissioni immediate del presidente Yevkurov e revisione degli accordi con i ceceni. Anche la Corte Costituzionale inguscia ha dichiarato il trattato non valido, in quanto questo tipo di accordo avrebbe dovuto essere approvato da un referendum popolare.
Fig. 1 – Il presidente Ramzan Kadyrov e l’omologo Yunus-bek Yevkurov firmano l’accordo per la normalizzazione dei confini amministrativi tra Cecenia e Inguscezia
2. CONFINI MAI DEFINITI
Le tensioni tra le due Repubbliche autonome risalgono al periodo sovietico. Inguscezia e Cecenia, infatti, sotto l’Unione Sovietica vennero accorpate nella Repubblica Autonoma Socialista Sovietica Ceceno-Inguscia. Le due entità restarono unite dal 1934 sino al crollo dell’URSS e alla nascita della nuova Federazione Russa. Le strade delle due Repubbliche caucasiche si separarono poi durante le due guerre cecene degli anni Novanta, con l’Inguscezia che decise di rimanere all’interno del sistema russo e la Cecenia che cercò invece l’indipendenza. In seguito a questi conflitti post-sovietici, i leader delle due Repubbliche siglarono degli accordi per la definizione dei confini che prevedevano l’attribuzione di quelle aree oggi contese all’Inguscezia. La mancata ratifica di questa convenzione da ambo le parti permise l’instaurarsi di un clima di tensione, proprio per le reciproche rivendicazioni territoriali. Le ultime proteste ingusce fanno seguito a un altro caso storico che ha coinvolto la loro nazione, ovvero la guerra tra Inguscezia e Ossezia del Nord per il controllo di alcuni territori di confine. Il conflitto, che si svolse tra l’ottobre e il novembre del 1992, si scatenò per via delle spinte nazionaliste di uno dei rajon (distretto) osseti a maggioranza inguscia. Anche in questo caso Magas dovette rinunciare al riaccorpamento di un suo territorio storico, oltre a vedere la popolazione inguscia locale soggetta a una vera e propria pulizia etnica.
Fig. 2 – Manifestanti ingusci protestano contro l’accordo sui confini con la Cecenia
3. MOSCA, LONTANA MA NON TROPPO
Il 26 settembre, insieme ai Presidenti di Inguscezia e Cecenia, durante la cerimonia della firma del trattato, era presente anche l’inviato di Putin per i distretti del Caucaso settentrionale Alexander Matovnikov. Qualche settimana dopo lo stesso Matovnikov si è incontrato con alcuni rappresentanti della società civile inguscia proprio per discutere sugli sviluppi della questione territoriale. Mosca, quindi, si approccia in modo attivo, ma senza entrare direttamente nella disputa, in quanto, come riportato dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, lo stesso Putin considera gli eventi tensioni da tenere sotto osservazione, ma senza prendere misure cautelative preventive troppo drastiche.
Alessio Baccinelli
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