Eletto presidente dell’Assemblea Nazionale il 5 gennaio 2019, proclamato presidente del Venezuela il 23 gennaio del 2019 in un Cabildo Abierto, Juan Gerardo Guaidó Márquez è nato il 28 luglio del 1983 a La Guaira, stato di Vargas. Padre pilota commerciale e madre casalinga, famiglia con figli, ha sei anni quando i suoi restano senza casa in seguito al “Desastre de Vargas”: piogge torrenziali che nel dicembre del 1999 innescano nel suo stato una serie di frane che uccide tra le 10.000 e le 30.000 persone. Il totale esatto non si è mai saputo con esattezza. Hugo Chávez si era insediato a febbraio, pochi mesi prima, e i soccorsi già creano i primi dubbi sul suo regime, e più ancora il modo in cui all’inizio era sembrato minimizzare l’allarme pur di celebrare la nuova Costituzione che aveva fatto approvare.
Studente di Ingegneria alla Università Cattolica Andrés Bello, Guaidó inizia a segnalarsi come leader studentesco a 24 anni, nelle proteste che si scatenano quando nel 2007 il regime nega il rinnovo della licenza alla emittente di opposizione Rctv. Anche sua moglie Fabiana Rosales è una leader studentesca, conosciuta durante le proteste. Quello stesso anno prende la laurea in Ingegneria industriale, cui aggiungerà due master. Ma gli studi non gli impediscono di continuare con la politica. A 26 anni, nel 2009, Guaidó è tra i fondatori di Voluntad Popular, nuovo partito il cui leader è Leopoldo López: tra 2000 e 2008 popolare sindaco di Chacao e in seguito uno dei principali esponenti dell’opposizione contro il regime, incarcerato sotto Maduro. Guaidó è eletto deputato supplente, a 32 anni nel 2015 partecipa a uno sciopero della fame per ottenere la fissazione delle elezioni per l’Assemblea Nazionale. Il voto si tiene il 5 dicembre del 2015, il fronte dell’opposizione ottiene un’ampia maggioranza, e lui stesso è eletto deputato titolare, con 97.000 voti di preferenza.
Ma nell’intervallo tra il voto e l’insediamento della nuova Assemblea Maduro nomina un novo Tribunale Suporemo di Giustizia, che attraverso il cavillo di alcuni seggi contestati dichiara la nuova Assemblea Nazionale “in ribellione”, invalidandone gli atti e assumendone i poteri. È l’inizio di un golpe continuato, cha Maduro aggraverà con l’elezione truffaldina di una Assemblea Nazionale Costituente e con ulteriori appuntamenti elettorali dalla regolarità sempre più dubbia, dopo che perfino la ditta che forniva le macchine per votare ha ammesso come i dati venissero manipolati. Le proteste continuano, con decine e decine di morti, mentre l’economia va sempre peggio e la gente è ridotta alla fame. Nel 2017, durante una protesta Guaidó, è ferito da una pallottola al collo e riporta una frattura alla mano. Mentre è infortunato nasce sua figlia Miranda, così chiamata dal cognome di un eroe della guerra di indipendenza.
Appunto alle guerre di indipendenza è ispirata la strategia che ora lo vede sfidare il regime. In base agli accordi all’interno del fronte delle opposizioni, i principali partiti hanno deciso di alternarsi la presidenza dell’Assemblea Nazionale per un anno a testa. Dopo Henry Ramos Allup per Azione Democratica, Julio Borges per Primero Justicia e Omar Baerboza per Un Nuovo Tiempo, nel 2019 è il turno di Voluntad Popular, Ma Leopoldo López è detenuto dal 18 febbraio del 2015, il numero due del partito Freddy Guevara si è rifugiato nell’ambasciata del Cile dal 4 novembre 2017 per evitare un arresto e il numero tre Carlos Vecchio per evitare un arresto dal febbraio del 2014 è entrato in clandestinità, per poi scappare negli Stati Uniti. Insomma, sebbene giovane e non troppo conosciuto, Guaidó si è trovato proiettato in prima linea.
Uomo di umili origini appassionato di hobby popolari in Venezuela come la salsa e il baseball, considerato centrista in un partito che sta nell’Internazionale Socialista e che come un po’ tutta l’opposizione è tacciato dal regime di essere di estrema destra, descritto come persona dalla metodicità tipica degli ingegneri e al tempo stesso determinato ma anche accomodante alla bisogna, il nuovo presidente dell’Assemblea Nazionale si è trovato subito alle prese con il 10 gennaio: data in cui scattava un nuovo mandato di Maduro, in base a un voto che l’opposizione e gran parte della comunità internazionale consideravano irregolare. Sfidato ad assumere lui il potere, Guaidó è sembrato un attimo esitare, ma poi l’11 gennaio ha annunciato che avrebbe potuto fare quel passo.
Il 15 gennaio un tentativo di arresto da parte della temuta polizia segreta del Sebin si è risolto in pochi minuti, e quando si è saputo che era stata la sua determinazione a indurre gli agenti a obbedire ai suoi ordini ha la sua reputazione è andata alle stelle. Il 23 gennaio la sfida dell’autoproclamazione a presidente ad interim è stata fatta nell’anniversario dell’insurrezione popolare che nel 1958 costrinse alla fuga il dittatore Pérez Jiménez. “Il Giorno della Democrazia”, lo chiamano.
Ottenuto un ampio riconoscimento internazionale, adesso ha nominato il suo governo.
Vicepresidente, che nel sistema venezuelano equivale anche a primo ministro, è Williams Daniel Dávila Barrios: un deputato di Azione Democratica, storico partito socialdemocratico egemone nel Venezuela pre-chavista, che fu professore nella stessa Università dove Guaidó ha studiato, oltre che governatore e ministro sempre del periodo pre-chavista. Un ponte con la politica tradizionale.
Ministro degli Esteri è Francisco Sucre Giffuni: professore universitario, esponente di Voluntad Popular e presidente della Commissione Esteri dell’Assemblea Nazionale.
Ministro della Difesa è Raúl Isaías Baduel: il generale che liberò e riportò al potere Hugo Chávez dopo il suo rovesciamento temporaneo nel 2002, e che poi fu ministro del regime. Ma cadde in disgrazia nel 2007, sembra per essersi opposto a che i militari intervenissero a invalidare il referendum costituzionale perso da Chávez. Detenuto dal 2009 al 2015, in libertà provvisoria dal 2015 al 2017, poi di nuovo detenuto, sarebbe il rappresentante dei chavisti pentiti.
Ministro dell’Economia e Finanza è José Ángel Guerra: deputato di Primero Justicia, economista con esperienze alla Banca Centrale, fu consigliere economico del candidato presidenziale dell’opposizione Henrique Caprilers Radonski. Sarebbe colui che dovrebbe cercare di rimettere in piedi un’economia ai minimi termini.
articolo pubblicato su Il Foglio.it
Redazione
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