In capo a pochi giorni si terrà il secondo faccia a faccia tra Kim Jong-un e Donald Trump, ad Hanoi, Vietnam, non troppo lontano da dove si era svolto il primo summit, a Singapore. In questo articolo verranno esaminate le aspettative con le quali i due leader si accostano all’evento, sulla base degli esiti del precedente incontro.

1. IL PRECEDENTE SUMMIT DI SINGAPORE

Il primo incontro tra Kim Jong-un e Donald Trump si è svolto a Singapore il 12 giugno 2018. L’accordo firmato dai due leader era articolato in quattro punti: normalizzare le relazioni; creare le condizioni per una pace duratura; procedere alla completa denuclearizzazione (espressione interpretata differentemente dalle due parti) della penisola coreana; restituire le spoglie dei caduti statunitensi durante la Guerra di Corea. Nonostante la promessa di Kim di rinunciare al proprio arsenale atomico, alle parole non erano seguite azioni altrettanto sostanziali: già dopo poche settimane un rapporto dell’ONU (nonché dell’intelligence statunitense) smentiva le intenzioni del leader nordcoreano, rivelando al mondo che gli impianti nucleari di Pyongyang erano perfettamente funzionanti. Del resto, il documento firmato a Singapore era decisamente vago riguardo al processo di denuclearizzazione, e non istituiva dei precisi meccanismi di supervisione. In ogni caso, nonostante il parere negativo dell’intelligence, Donald Trump aveva espresso una certa fiducia nei confronti di Kim, evitando di alzare i toni come era già successo in passato – ad esempio, quando si era vantato delle dimensioni del suo “bottone” per poter lanciare un attacco nucleare, oppure quando aveva minacciato di incenerire la Corea del Nord.

Fig. 1 – Donald Trump e Kim Jong-un a Singapore

2. GLI ULTIMI SVILUPPI

Nonostante lo sviluppo di armi nucleari non si sia apparentemente interrotto, in questi ultimi otto mesi la Corea del Nord non ha più effettuato test missilistici (tantomeno nucleari) e ha mantenuto la promessa di rinviare in patria i resti dei caduti statunitensi. D’altro lato dello schieramento, anche il numero di esercitazioni congiunte tra Corea del Sud e Stati Uniti si è ridotto. Il punto di frizione più evidente rimane quello della denuclearizzazione, che per gli Stati Uniti deve essere totale, mentre per il regime nordcoreano essa può avvenire solo in cambio di una riduzione nelle dimensioni delle Forze Armate statunitensi schierate nella penisola coreana, come recentemente specificato da alcuni funzionari del regime, e dell’eliminazione del deterrente nucleare statunitense nell’area.

Fig. 2 – Kim Jong-un e Moon Jae-in

3. COSA BISOGNA ASPETTARSI?
Alla luce degli eventi recenti, i propositi di Donald Trump per il summit di Hanoi sono quelli di proseguire il processo di riavvicinamento con Pyongyang. Come ha puntualizzato il presidente sudcoreano Moon Jae-in, già in trattativa da tempo con Pyongyang, Kim Jong-un si aspetta anche degli “incentivi” di tipo economico (in primis l’eliminazione delle sanzioni) da parte di USA e Corea del Sud per poter accelerare il processo. Incentivi che Donald Trump potrebbe volentieri concedere (rimuovendo anche in tal senso il divieto imposto ai cittadini statunitensi di recarsi in Corea del Nord), se ci fosse la concreta possibilità di una modernizzazione dell’economia del regime. A tal proposito, la scelta del Vietnam non è casuale: Paese ex-comunista contro una metà del quale gli USA avevano lungamente combattuto e con il quale erano stati per molto tempo in pessimi rapporti. Dopo una sempre più crescente apertura della propria economia e con le giuste modernizzazioni, al momento il Vietnam è uno dei Paesi con i più alti tassi di crescita al mondo, e si è addirittura avvicinato diplomaticamente agli Stati Uniti a causa delle dispute con la Cina nel Mar Cinese Meridionale.

Vincenzo G. Romeo