I militari avevano anticipato un discorso dalle conseguenze imporanti per il Sudan, discorso che è arrivato a distanza di ore dalla notizia di un probabile colpo di Stato nel Paese africano. Il presidente Omar al Bashir, al potere dal 1989, è stato destituito e arrestato. Adesso il potere passa all’esercito. A renderlo noto è il ministro della Difesa Ahmed Awad Ibn Auf. Un Governo di transizione, la cui composizione non si conosce, gestirà la fase del dopo Bashir e garantirà la successione. Finisce quindi l’era del presidente dal pugno di ferro al potere da 30 anni e accusato di genocidio dalla Corte Penale Internazionale per i crimini commessi in Darfur. In mattinata i media internazionali avevano ripreso la notizia del colpo di Stato in Sudan, dopo che una quarantina di veicoli militari avevano circondato il palazzo presidenziale a Khartum. I membri del governo e politci vicini al presidente sono stati arrestati. Nel suo messaggio alla nazione il ministro della Difesa ha detto che “Bashir sarà detenuto in posto sicuro”. Il ministro e il primo vice presidente del Sudan ha affermato che la Costituzione del 2005 è stata sospesa. Ahmed Awad Ibn Auf ha annunciato lo scoglimento del governo nazionale, dei governi locali e del Parlamento. In Sudan sarà in vigore uno stato d’emergenza della durata di tre mesi e sarà imposto il coprifuoco dalle 22 alle 4 del mattino. Gli aeroporti e i porti resteranno chiusi per le prossime 24 ore.
In Sudan si è creta una spaccatura tra le milizie fedeli al presidente e l’esercito, che invece negli ultimi giorni aveva iniziato a difendere i manifestanti. Le forze di sicurezza erano considerate l’ago della bilancia in Sudan, Paese il cui destino è legato agli equilibri geopolitici del Medio Orinete. Bashir godeva del sostegno in primo luogo del Qatar ed era in buoni rapporti con Turchia ed Egitto.
A Khartum questa mattina si è tenuta una riunione di massimo livello tra i vertici militari e i membri della sicurezza per definire la formazione del Governo transitorio. Lo scopo della riunione era decidere la guida del nuovo Consiglio transitorio delle forze armate, chiamato a gestire il passaggio del potere ai militari. Alla riunione hanno partecipato il vicepresidente e ministro della Difesa Awad Ibn Auf, il capo dell’intelligence Salah Gosh e il capo delle Forze di supporto rapido (Rsf, che erano rimaste leali a Bashir), Mohammed Hamdan Dalgo.
Tra gli alti funzionari del governo finiti in manette ci sarebbero il vice presidente del National Congress Party, Ahmed Haroun, l’ex vice presidente di Omar al Bahir, Ali Osman Taha, e diverse guardie del corpo del Capo dello Stato.
Dopo la rimozione di Bashir, è esplosa la gioia per le strade. Secondo alcune fonti, i manifestanti hanno strappato le foto del presidente. Le dimissioni del Capo dello Stato arrivano dopo lunghe proteste e giorni di sit-in. Durante la scorsa notte l’aeroporto di Khartum è stato chiuso e le trasmissioni televisive e radiofoniche sono state interrotte. Il colpo di Stato in Sudan era stato dato quasi per certo dagli analisti. Negli ultimi giorni le forze di sicurezza fedeli al presidente erano intervenute per mettere fine a un sit-in organizzato dai manifestanti davanti alla sede delle forze armate nella capitale. L’esercito si era invece schierato dalla parte dei manifestanti. La popolazione ha accolto con entusiasmo le dimissioni e la destituzione del Capo dello Stato, avvenuta senza scontri violenti. Tuttavia, il popolo sudanese si oppone ai militari, il cui disegno sarebbe quello di restare ancorati al potere. Usa, Regno Unito e Norvegia con l’Unione Europea avevano esaltato il coraggio dei manifestanti e avevano chiesto l’instaurazione di un sistema politico inclusivo.
Le ultime proteste in Sudan sono scoppiate a dicembre 2018. Messo sotto pressione, il 22 febbraio scorso Bashir aveva dichiarato lo stato d’emergenza nazionale e si era dimesso da capo del Partito del congresso nazionale (Ncp), conferendo l’incarico ad interim al suo vice, Ahmed Harun. In Sudan le elezioni presidenziali sono previste per il 2020.
Redazione
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