Due petroliere dell’Arabia Saudita potrebbero aver subito un sabotaggio da parte dell’Iran al largo della costa di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti. Lunedì 13 maggio l’Arabia Saudita ha dichiarato che due petroliere sono state attaccate al largo delle coste degli Emirati. Riad ha condannato l’azione definendola un tentativo volto a minare la sicurezza dei rifornimenti di petrolio e un modo per alimentare le tensioni tra Stati Uniti e Iran, che sembrano sempre più vicini all’escalation militare.
I sauditi hanno denunciato “danni significati” alle imbarcazioni dovuti all’attacco e hanno riferito che una delle due navi era diretta verso gli Stati Uniti. Il ministro dell’Energia saudita Khalid al-Falih ha precisato che l’imbarcazione avrebbe dovuto trasportare greggio dal porto di Ras Tanura in direzione degli Usa per conto della compagnia statale Saudi Aramco, riferisce l’agenzia saudita SPA. Kahlid al-Falih ha detto anche che nell’incidente non ci sono state vittime né perdite di petrolio in mare, ma l’attacco avrebbe danneggiato considerevolmente la struttura delle due imbarcazioni. L’associazione INTERTANKO, citata da Reuters, riferisce di buchi al lato di due navi dovuti all’impatto con un’arma.
L’episodio segue la notizia di domenica 12 maggio, quando gli Emirati Arabi Uniti hanno dichiarato che altre 4 navi commerciali erano state sabotate a est di Fujairah. Il porto di Fujairah è un importante hub polifunzionale posto sulla costa orientale degli Emirati a quasi 70 miglia nautiche dallo Stretto di Hormuz, stretto da cui passa intorno al 35% dei traffici commerciali di petrolio commerciato via mare.
Gli Emirati non hanno detto però chi possa esserci dietro l’attacco, non ne hanno specificato la natura e al momento non è chiaro se i due episodi siano o no collegati tra loro. Alcune ore dopo le dichiarazioni degli Emirati, sui media controllati da Libano e Iran erano state diffuse notizie non verificate di esplosioni avvenute nei pressi di uno dei porti emiratini. L’ufficio della municipalità emiratina di Fujairah – scrive Agenzia Nova- ha smentito ieri le esplosioni che si sarebbero verificate nel porto. A dirlo è stata l’agenzia di stampa statale ufficiale emiratina “Wam”, secondo cui le operazioni nello scalo marittimo “procedono come di consueto”. Precedentemente, “Sputnik” riprendendo la notizia dell’emittente libanese “Al Mayadeen” aveva riferito di diverse esplosioni nel porto di Fujairah, dove ci sarebbe stato un grande incendio esteso ad almeno sette petroliere. Un esponente del Parlamento iraniano ha commentato gli avvenimenti sottolineando “la fragilità della sicurezza” per gli Stati del Golfo.
La tensione nell’area è salita dopo che gli Stati Uniti avevano lanciato un duro avvertimento all’Iran, affermando che Teheran e i gli alleati del regime avrebbero potuto prendere di mira il traffico nella regione, avvertimento che aveva giustificato da parte americana l’invio nel Golfo Persico di portaerei, unità d’assalto anfibio e bombardieri B-52. La settimana scorsa l’amministrazione Trump ha infatti ordinato l’invio nell’area della portaerei Lincoln e di alcuni bombardieri B-52. Gli americani sarebbero stati informati dagli israeliani che l’Iran stava trasportando missili nel Golfo ed era pronto a colpire i militari Usa. L’intento di Washington, neanche troppo celato, sarebbe accerchiare Teheran e portarla a negoziare un nuovo accordo.
«Gli Usa mandano portaerei, cacciabombardieri e missili Patriot nel Golfo per contrastare la “minaccia iraniana”. Quale minaccia? Gli Usa stanno strangolando l’economia iraniana con le sanzioni, nonostante Teheran abbia rispettato gli accordi sul nucleare del 2015 e ora ha sospeso solo una parte quelle intese per sollecitare l’Europa a intervenire», ha scritto il giornalista Alberto Negri commentando le nuove sanzioni decise dagli Usa. Gli Stati Uniti proseguono con la strategia della “massima pressione” verso l’Iran, strategia che dovrebbe appunto condurre Teheran a capitolare e a negoziare un un nuovo accordo. Il clima è sempre più aspro e negli ultimi giorni le provocazioni si susseguono, da entrambi i lati, tanto da far temere risvolti pericolosi e conseguenze poco prevedibili. Un anno fa gli Stati Uniti avevano annunciato il ritiro dall’accordo sul nucleare iraniano e negli ultimi giorni il presidente americano Trump ha firmato un ordine esecutivo che prevede appunto l’imposizione di nuove sanzioni contro alcuni comparti dell’industria iraniana non legati al settore energetico. Il presidente moderato Rohani la settimana scorsa aveva annunciato di non voler più rispettare alcuni termini dell’accordo raggiunto nel 2015 tra i Paesi del cosiddetto gruppo “5+1”, vale a dire i cinque che hanno il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania. Rohani ha detto che l’Iran potrebbe riprendere il programma nucleare a scopi militari e ha aggiunto che se entro 60 giorni non verranno introdotte nuove condizioni favorevoli all’Iran in merito all’accordo, Teheran potrebbe riprendere le operazioni di arricchimento dell’uranio.
Foto: l’Abraham Lincoln Strike Group oltrepassa il Canale di Suez in Egitto e fa rotta verso il Golfo Persico (fonte AP)
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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