Il 27 giugno scorso due attacchi suicidi hanno colpito Tunisi: il primo si è verificato non molto lontano dall’ambasciata francese, nella via centrale Charles de Gaulle, uccidendo un poliziotto e ferendo quattro persone, mentre il secondo è stato compiuto nei pressi di una stazione di polizia e ha ferito altre quattro persone.
Lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità degli attacchi, dopo l’ultimo attentato avvenuto nell’ottobre 2018, quando una donna si era fatta esplodere nel centro di Tunisi ferendo nove persone. La minaccia jihadista non è nuova nel Paese. La Tunisia, infatti, è stata colpita diverse volte e molti tunisini si sono uniti alle fila dello Stato Islamico per poi ritornare in patria a partire dal 2014. Il Governo ha sviluppato un sistema di riconoscimento di questi soggetti, ma non vi è un programma di de-radicalizzazione o delle procedure standard da seguire nelle prigioni per i foreign fighters che vengono arrestati.
Dopo l’avvio di una transizione politica democratica con le Primavere del 2011, la Tunisia deve combattere adesso contro queste instabilità politiche ed economiche, anche in vista del voto delle elezioni parlamentari che si terranno a ottobre prossimo.
Dal punto di vista economico gli attacchi compiuti nel pieno della stagione turistica potrebbero compromettere questo settore fondamentale. In uno scenario di crescente disoccupazione (con un tasso del 15,4%) e di grande disparità sociale e regionale, il rallentamento dell’industria turistica costituisce sicuramente una minaccia per la stabilità del Paese. Ma finché il problema della sicurezza non verrà affrontato con un approccio strutturato da parte del Governo, questo costituirà un freno per il settore turistico.
Dal punto di vista politico la situazione è aggravata dalla mancanza di un Presidente capace di gestire direttamente la sicurezza interna del paese. Beji Caid Essebsi, 92 anni ed eletto nel 2014, è stato ricoverato per un malore nello stesso giorno degli attacchi. L’uscita di scena di Essebsi prima delle elezioni potrebbe compromettere gli equilibri fragili e destabilizzare il processo democratico, anche perché al momento non vi è una figura istituzionale in grado di rimpiazzarlo.
Nemmeno a distanza di una settimana, nella mattina del 3 luglio, un uomo ricercato dalla polizia si è fatto esplodere nel quartiere di Mnihla a Tunisi. Il ragazzo, Aymen Smiri, sulla ventina, ha compiuto il gesto non appena i poliziotti lo hanno circondato. Sembra che si tratti del terzo attentatore jihadista, in fuga dopo gli attentati del 27 giugno, ma la questione rimane ancora oscura. Nel frattempo, infatti, un portavoce del Ministro degli Interni ha affermato che l’uomo che era scappato è stata ucciso dalla polizia nelle prime ore del giorno.
Al momento i dettagli su questo ultimo avvenimento sono limitati, ma è certo che la Tunisia dovrà fronteggiare la minaccia per ristabilire un equilibrio e una stabilità prima delle elezioni.
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