È iniziato in Australia l’esame al Senato dei due disegni di legge approvati dalla Camera dei rappresentanti il 22 luglio 2019 che sanciscono il divieto di rientro in patria dei sostenitori australiani dello Stato Islamico. Costoro chiedono a gran voce, supportati da alcune organizzazioni umanitarie, di essere rimpatriati dai campi profughi in Siria dove le condizioni di vita si fanno ogni giorno più difficili. Il provvedimento che arriverà in Senato è il “Temporary Exclusion Orders”.
Secondo il “Washington Post”, l’avvocato Rob Stary, che rappresenta 18 donne e bambini australiani tra i 65.000 rifugiati del campo di al-Hawl ( Siria), ha detto che avvierà un’azione legale della Corte Federale Australiana contro il governo a meno che questo non rimpatri velocemente i suoi clienti.
L’approvazione della nuova legge, fortemente voluta dai conservatori, è prevista nei prossimi giorni. Intanto, il dibattito politico si è fatto rovente. L’opposizione laburista chiede che la nuova legge si ispiri al modello inglese che prevede che sia un giudice piuttosto che il ministro dell’Interno, in questo caso il conservatore Peter Dutton, a decidere a quali combtattenti australiani vietare il ritorno a casa. Il Ministro degli Interni australiano tuttavia non ha nessuna intezione fare passi indietro e ritiene che gli emendamenti proposti dai laburisti vogliano annacquare lo spirito della legge. Il Ministro degli Interni si è detto disponibile ad esaminare caso per caso il rimpatrio degli australiani e in particolare quando sono coinvolti bambini piccoli. Ha voluto precisare inoltre che “alcune donne all’interno del gruppo rappresenterebbero una significativa minaccia alla sicurezza del nostro paese. Non sono donne innocenti ma persone che farebbero del male al prossimo”.
Per Peter Dutton, il “Temporary Exclusion Order”, dispositivo di legge “progettato per garantire che le autorità possano gestire questi ritorni in modo da tenere al sicuro la comunità australiana”, deve essere approvato velocemente “per evitare il ritorno dei jihadisti”. L’avvocato, parlando ai media australiani, è parso convinto del rischio che tali persone continueranno ad essere radicalizzate.
Anche l’Australia, nonostante sia lontanissima, è stata infettata dal virus dell’islam radicale portato da predicatori e immigrati accolti nel Paese negli ultimi decenni. Senza contare che le conversioni all’islam sono in continuo aumento. Tra i predicatori del male spicca la figura di Robert “Musa” Cerantonio nato nel 1985 in Australia da una famiglia italo-irlandese e convertitosi all’età di 17 anni. Nel giro di pochissimo tempo è diventato una vera e propria star della predicazione del salafismo grazie a decine di conferenze tenute in diversi luoghi del mondo. Robert “Musa” Cerantonio venne anche in Italia nel 2013 e predicò in varie moschee. Ha rinunciato alla cittadinanza australiana preferendo quella delle Filippine (ottenuta per matrimonio). Arrestato nel 2016, è ora in attesa di processo in Australia insieme Paul Dacre, Shayden Thorne, Kadir Kaya, Murat Kaya e Antonio Granata, responsabili di aver costruito proprio a Melbourne una cellula che aveva giurato fedeltà allo Stato Islamico. Tra i predicatori salafiti più influenti attivi in Australia vanno ricordati anche Junaid Thorne, Wassim Doureihi, Uthman Badar, Wissam Haddad, Omar Succarieh, Harun Mehicevic, Waseem Razvi, Mohammad Ali Baryalei. Molti altri hanno ispirato i 150 foreign fighters (dati dell’Istituto australiano di affari internazionali) partiti dall’Australia per combrattere nel “Siraq”.
Il più famoso è Neil Prakash, 28 anni, che ha lasciato l’Australia per andare in Siria nel 2013 prendendo il nome di Abu Khaled al-Cambodi. Prakash apparve in un video pubblicato il 21 aprile 2015 dal titolo “Storie dalla terra dei vivi: Abū Khālid al-Kambūdī”, prodotto da al-Hayat Media Center, ed è stato arrestato in Turchia nel 2016. Attualmente è detenuto (uscirà nel 2021) nelle prigioni turche visto che Ankara ha rifiutato di estradarlo in Australia. Il reclutatore e combattente dell’Isis è il dodicesimo cittadino con doppia nazionalità ad essere stato privato di quella australiana. Neil Prakash avrebbe riferito agli investigatori turchi di aver sposato una cosiddetta “sposa jihadista”. Da questa sposa olandese avrebbe avuto due figli che avrebbero il diritto alla cittadinanza australiana.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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