Dopo vent’anni al potere il presidente dell’Algeria Abdelaziz Bouteflika ad aprile ha rassegnato le dimissioni in seguito alle vaste proteste della popolazione che è scesa in piazza in tutto il Paese per ottenere il cambiamento politico e la fine del vecchio regime. Dopo le dimissioni di Bouteflika, sono state aperte diverse inchieste per corruzione contro ex funzionari del vecchio sistema. Tra i profili di alto rango finiti agli arresti ci sono, ad esempio, Abdelmalek Sellal e Ahmed Ouyahia, che hanno ricoperto la carica di primo ministro. La sostituzione di Bouteflika con il presidente ad interim Abdelkader Bensalah e la nomina del primo ministro Noureddine Bedoui hanno dimostrato, tuttavia, la continuità con il passato, un modo per preservare lo status quo.
In una fase precedente le proteste avevano visto dalla stessa parte civili ed esercito, entrambi accomunati dal desiderio di estromettere Bouteflika, ma la situazione è cambiata e i manifestanti stanno esprimendo il loro dissenso verso i militari. Le elezioni che dovevano tenersi il 4 luglio sono state posticipate in seguito alle proteste che per settimane hanno portato la popolazione a chiedere l’allontanamento definitivo dei politici e delle figure vicine al vecchio regime. In base a quanto previsto dalla Costituzione, il mandato del Capo di Stato Bensalah, chiamato a guidare l’Algeria fuori dalla crisi, non sarebbe dovuto andare oltre i 90 giorni. Il termine è stato invece superato a causa del rinvio delle elezioni. Il consiglio costituzionale ha confermato a tempo indeterminato la sua nomina e fino a questo momento non sembra sia emerso un candidato valido.
Ahmed Gaid Salah, capo di stato maggiore dell’esercito, è la figura chiave in questo momento in Algeria. Il potente esercito algerino agisce nel Paese nordafricano produttore di petrolio e gas influenzandone la politica. Salah da sempre vicino agli ambienti politici più importanti, aveva mal tollerato l’instabilità causata dalle proteste. Il capo di Stato maggiore era apparso il vero barometro della crisi algerina. Salah aveva successivamente preso le distanze dal Capo dello Stato Abdelaziz Bouteflika e aveva lodato le proteste. Recentemente, ha garantito il proprio appoggio al forum per il dialogo che dovrebbe risolvere la crisi politica in corso e ha a confermato il suo sostegno alle “misure adottate dal Comitato per il dialogo nazionale”. Il capo di stato maggiore ha detto inoltre che “il presidente si è impegnato a fornire i mezzi necessari e a creare le condizioni per l’organizzazione delle elezioni presidenziali il più presto possibile” e che “non è più permesso perdere tempo”. In questo quadro il cambiamento politco è apparso solo un’operazione di facciata e la campagna anticorruzione ha giocato a favore dell’esercito, che rispolvera un ruolo di primo piano nel Paese e assume il controllo della disputa politica tenendo in pugno le redini dell’Algeria.
Il libro Le guerre degli altri di Marco Giaconi ha fornito molti dettagli sulle forze armate algerine e la loro visione strategica: «Nel complesso l’esercito algerino rappresenta una forza inevitabilmente territoriale, con una ottima tenuta nelle aree pericolose a sud e a est del Paese, tali a causa di infiltrazioni jihadiste, e un ottimo servizio segreto collocato, giustamente, ai vertici delle forze armate e a stretto contatto con il presidente. In generale, sarebbe necessario uno sforzo ulteriore sul piano della guerra aerea. Anche se il nodo più complicato da sciogliere per l’esercito algerino, così come per il governo del Paese, è capire chi succederà al presidente Abdelaziz Bouteflika e quali scossoni provocherà questo passaggio del testimone. Un esercito che risponde direttamente al presidente, il quale ricopre anche la carica di ministro della Sicurezza Nazionale. Ciò significa che l’anziano leader del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) aveva anche il controllo diretto dei servizi segreti. Secondo gli ultimi dati della CIA, il peso del mantenimento delle forze armate algerine sul PIL nazionale è del 5%. Le Forze di terra si avvalgono di circa 150.000 uomini, la Marina Militare opera con 6.200 elementi, mentre l’Aviazione – la vera chiave per la tenuta di un territorio impervio come quello algerino – ha in servizio 14.100 militari. Una distribuzione razionale delle risorse, che mostra un’attenzione particolare da parte dei vertici della Difesa di Algeri verso le minacce che provengono soprattutto da sud (Mali e Niger) e da est (Libia). Oltre alle Forze militari vere e proprie, l’Algeria dispone anche di una Gendarmerie Nationale di circa 152.000 elementi e della SÛreté Nationale con 200.000 soldati-poliziotti che operano agli ordini del ministero dell’Interno».
«Al netto delle rivendicazioni del Cairo, le forze armate algerine rimangono, ad oggi, il più grande e meglio addestrato esercito africano», ha scritto Giaconi. Come emerge dai dati dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), l’Anp, l’esercito algerino, è il settimo maggiore importatore di armi al mondo. Mentre in termini nominali la spesa militare algerina è rimasta la stessa del 2016, in termini reali tra il 2017 e il 2018 – precisa Sipri – è diminuita nel 6,1% per effetto dell’inflazione. Nonostante ciò e a fronte di una spesa pari a 9,6 miliardi di dollari, nel 2018 l’Algeria è risultata comunque il Paese africano con il livello più alto di acquisti in equipaggiamenti militari. «L’Algeria – continua Giaconi – compra in modo massiccio le sue attrezzature dal suo partner principale: la Russia. Oltre all’acquisizione di navi da guerra e petroliere, l’Anp ha ordinato 12 bombardieri tattici SU-34 “Fullback” a Mosca per 27 milioni di dollari ciascuno». Più di recente, l’Algerian Air Force ha richiesto la trasformazione di 40 Su-24MK nella versione M2, come riferiva il militare locale Menadefense. Il Su-24M2 sarebbe a disposizione delle sole Forze Aerospaziali russe, ma l’Aeronautica algerina ha avuto ugualmente dal partner il consenso alla modifica. Un ammodernamento di un velivolo già molto preciso che – spiega Analisi Difesa – consente di disporre di un nuovo sistema integrato di navigazione e puntamento armi (SVP-24), un nuovo head-up display (HUD) ILS-31/KAI-24 e l’ampiamento del tipo di armi trasportabili, compresi i missili aria-terra Kh-31A/P, Kh-59 e bombe KAB-500S. Molti di questi aerei sarebbero già stati consegnati e testati, pare, con grande successo.
«La Difesa aerea territoriale algerina – prosegue il libro di Giaconi – dispone di tre reggimenti muniti soprattutto di sistemi di difesa russi SA 6/20 e cannoni 725 AA (quest’ultima arma ottima come antimissile), di quattro gruppi che si occupano della gestione degli S-400, altro sistema russo di nuova generazione e con gittata/precisione superiore rispetto all’equivalente tattico americano MM-104 PATRIOT. La logica dell’uso dei sistemi antimissile, con una popolazione limitata e un controllo relativo del territorio meridionale, spiega il perché di questa strategia di difesa. I cinque battaglioni operativi delle forze armate algerine dispongono sia di armi di fabbricazione sovietica, ancora in buono stato, che di armi russe di recente costruzione. Tra queste vi sono i missili antiaerei terra-aria S-300PMU2 Favorit con una gittata standard di 300 chilometri. Per la sua Marina, Algeri ha comprato due fregate classe MEKO A-200 – o meglio la grande categoria di navi militari amburghesi della Blohm und Voss, tra le più tipiche del dopo guerra fredda – cinque sottomarini russi Classe KILO e tre corvette C28A dalla Cina. Il governo algerino ha poi acquistato negli ultimi tempi 19 carri armati russi T-90A. Si tratta di mezzi molto solidi: nella guerra del Daghestan13 del 1999, uno di essi venne colpito ben sette volte da un RPG senza riportare troppi danni e rimanendo operativo. L’industria bellica algerina produce in casa anche propri Kalashnikov Ak-47 da 5,45 mm. Per quanto riguarda gli aerei, Algeri ha acquistato, sempre da Mosca, gli SU30MKA e i MiG29».
Sull’Algeria si stanno spostando i flussi migratori che gravano sull’Italia, uno dei motivi che rendono il Paese africano degno di interesse. Negli affari militari algerini, c’è spazio anche per l’Italia. È opportuno ricordare che Leonardo e il Ministero della Difesa algerino a marzo scorso hanno reso ufficiale la creazione di una joint venture che servirà all’assemblaggio di elicotteri Leonardo, alla loro vendita e provvederà alla fornitura dei relativi servizi. La nuova società prevede una quota del 51% per il Ministero della Difesa dell’Algeria e una del 49% per Leonardo. La joint venture completa il partenariato italo-algerino già firmato ad agosto 2016. Ancora secondo Sipri, l’Algeria figura al secondo posto come acquirente di sistemi d’arma italiani nel periodo compreso tra l’anno 2014 e il 2018 (9,1%).
Photo: Former Algerian President Abdelaziz Bouteflika is seen with army chief Ahmed Gaid Salah (Reuters)
Redazione
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