Nonostante gli attentati l’Afghanistan, con la presenza di 900 soldati italiani, è stato dimenticato. Quasi ignorati i dati dell’Unama, l’agenzia dell’Onu in Afghanistan, secondo cui nei primi 6 mesi del 2019 le forze pro-governative (nazionali e internazionali) hanno ucciso più civili di quelle anti-governative, Talebani e Isis compresi.
L’Afghanistan solleva un disinteresse eclatante. Neppure una raffica di attentati – venti morti a Kabul domenica in un attentato suicida, 30 ieri su un autobus che ha urato una bomba nella provincia di Farah – bastano a smuovere la nostra attenzione mentre si è aperta nel sangue la campagna per le presidenziali del 28 settembre dove Ashraf Ghani concorre per un secondo mandato.
Questa è una guerra così dimenticata che forse gli italiani si sono scordati del loro contingente di 900 militari a Herat, in un Paese dove dal 2001, dopo gli attentati di Al Qaida in Usa dell’11 settembre, sono stati uccisi 54 nostri soldati. Diciotto anni di guerra inutile soprattutto se si pensa che lo sbocco finale sarà il ritorno dei Talebani.
L’Afghanistan è così fuori dall’attenzione internazionale che sono passati quasi ignorati i dati dell’Unama, l’agenzia dell’Onu in Afghanistan, secondo cui nei primi 6 mesi del 2019 le forze pro-governative (nazionali e internazionali) hanno ucciso più civili di quelle anti-governative, Talebani e Isis compresi.
Secondo i conti del Watson Institute della Brown University, la guerra afghana tra ottobre 2001 e ottobre 2018 ha già causato, tra Pakistan e Afghanistan, oltre 210mila morti. A questi si devono aggiungere centinaia di migliaia di morti a cominciare dal 1979, quando l’Urss invase il Paese per salvare un governo filo-comunista, quelli causati dalla resistenza vittoriosa contro l’Armata Rossa dei mujaheddin, sostenuti dall’Occidente e dal mondo musulmano, le vittime della guerra civile tra le fazioni e quelle provocate dal regime dei Talebani che ospitarono la centrale jihadista di Osama bin Laden e di Al Qaida.
Se uno nasceva in Afgahnistan negli ultimi 40 anni aveva alte probabilità di restare ucciso in guerra o in attentati, di morire di fame, di assistere alla distruzione della sua casa e del suo villaggio, alla morte di parenti e amici, di non andare a scuola, soprattutto se donna. Di dovere scappare e vivere un’esistenza da profugo: sono milioni gli afghani in Iran e Pakistan, i due Paesi confinanti. Non solo. Poteva vedere l’arrivo di grandi potenze straniere, da oriente e da occidente, determinate a tenere sotto il controllo il Paese ma che dopo qualche anno dovevano ritirarsi abbandonandolo al suo destino. Senza parlare dei suoi vicini, dall’Iran al Pakistan, dalla Russia alla Cina, tutti desiderosi di mettere le mani sulle fazioni afghane o sulle risorse minerarie.
Gli ultimi attentati arrivano nel mezzo del negoziato tra i Talebani e l’inviato di Trump, Zalmay Khalilzad, che è di nuovo a Kabul. L’obiettivo è portare a casa entro settembre la firma dell’accordo di massima già raggiunto a Doha lo scorso gennaio. Riguarda 4 questioni: ritiro delle truppe straniere, assicurazione dei Talebani che il Paese non tornerà un santuario dei jihadisti, dialogo intra-afghano (che il governo di Kabul annuncia imminente, mentre i Talebani frenano) e un cessate il fuoco.
La situazione è complicata dalle varie forze in gioco e dai molteplici interessi: gli attentati possono essere opera dei Talebani così come di tutti gli altri attori che attualmente sono presenti in Afghanistan: oltre all’islamismo radicale c’è il terrorismo, il narcotraffico e tutta la criminalità organizzata. E poi anche i partiti politici che hanno le loro milizie da mettere in campo. Tutti giocano su più tavoli usando, quando fa comodo, anche la violenza che poi a parole condannano.
Senza dimenticare proprio i dati delle Nazioni Unite che non dovrebbero permetterci di ignorare la tragedia afghana. Le forze pro-governative afghane, incluse quelle internazionali, hanno ucciso più civili di quanto abbiano fatto gli insorti nella prima metà del 2019. Secondo le stime i civili uccisi dalle forze governative afghane e da quelle internazionali, sono stati 717 contro i 531 morti per mano degli insorti. I raid aerei, compiuti soprattutto da forze militari internazionali, hanno ucciso 363 persone, inclusi 89 bambini. In questa guerra dimenticata e fallita facciamo vittime che vogliamo ignorare. Meglio fare finta di niente, non è vero?
Articolo pubblicato su Quotidiano del Sud
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