Il 24 settembre Nancy Pelosi, Presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, ha annunciato l’avvio della procedura di impeachment contro il presidente Donald Trump. Nell’occhio del ciclone c’è una telefonata del 25 luglio fra Trump e Zelensky, presidente ucraino, in cui il Capo della Casa Bianca avrebbe fatto pressioni al fine di avviare un’indagare su Joe Biden e suo figlio Hunter, ex membro del consiglio di amministrazione di una società ucraina del gas. Nella sostanza, Trump avrebbe fatto pressioni su un attore straniero con lo scopo di danneggiare un suo rivale in politica: Joe Biden, fino a d oggi considerato il favorito nella corsa alle primarie del Partito Democratico e dunque possibile sfidante di Trump alle elezioni presidenziali del novembre 2020. Alla luce della denuncia di un whistleblower dell’intelligence americana, i Democratici hanno avviato la procedura, non temendo tuttavia che tutto possa ritorcersi contro di loro.
Per Trump, Joe Biden avrebbe spinto per la rimozione di Viktor Shokin, il procuratore ucraino incaricato di investigare sulla società del gas per cui lavorava Hunter Biden. Shokin è stato poi rimosso con l’accusa di corruzione. Trump, inoltre, avrebbe usato la promessa di sbloccare un finanziamento di aiuti militari da 400 milioni di dollari, necessario allo stato ucraino per respingere l’incessante l’invasione russa nel territorio del Donbas, per indurre il presidente ucraino a fare quanto gli stava chiedendo. Di fronte all’accusa di un possibile ricatto, Trump ha replicato che il freno imposto al rilascio del finanziamento era stato deciso giorni prima della telefonata ed era motivato dalla forte corruzione in Ucraina, la quale avrebbe reso futile qualsiasi tipo di finanziamento. Trump ha minimizzato la situazione imputando ai Democratici la colpa di compiere una vera e propria “caccia alle streghe”. Tuttavia, durante la telefonata Trump avrebbe pressato Zelensky per ben otto volte. Il fatto di per sé è eclatante, ma il risultato rimane incerto. Sembra difficile che il Senato, a maggioranza repubblicana, voti contro il presidente.
L’impeachment potrebbe avere un effetto boomerang sui Democratici. Avviare la procedura durante l’anno delle elezioni è un azzardo politico. I Democratici potrebbero aver screditato la loro posizione, dando ragione a Trump riguardo un’eventuale caccia alle streghe messa in atto contro di lui. La mossa dei Democratici ha visto vincere l’ala più radical del partito e avrebbe messo in seria difficoltà la parte più moderata, non convinta nell’avvio della procedura. I timori potrebbero trovare fondatezza nel fatto che al momento mancherebbe la cosiddetta “pistola fumante”. Ancora, bisognerebbe anche tener conto del fatto che, in generale, la procedura di impeachment è una pratica impopolare. Ancora più andrebbe detto che il coinvolgimento della famiglia Biden nella vicenda va a discapito degli stessi Dem. Alcuni suoi concorrenti alla candidatura per il partito, come Sanders, potrebbero beneficiare del giudizio dell’opinione pubblica. Ma, in generale, potrebbe essere tutto il partito a pagarne le conseguenze, soprattutto se l’impeachment non andasse a buon fine. Quanto al partito Democratico, è necessario evidenziare che la campagna elettorale non dovrebbe passare tramite queste soluzioni giudiziali. Il partito dovrebbe invece costruire una propria campagna, a prescindere dalle azioni protratte da Trump. Una costante situazione di antagonismo e gli attacchi al presidente sembrano screditare i Democratici, in apparente mancanza di idee.
Infine, come nota Kyle Kondik, analista politico presso l’Università del Virginia, Trump è abile nella gestione delle difficoltà, trascina con sé nel baratro chi vuole infangarlo per poi batterlo – asserisce l’analista – in un conflitto senza esclusione di colpi. I Democratici dovrebbero quindi convincere gli elettori della fondatezza della procedura, evitando così una possibile vittimizzazione di Trump, che li farebbe apparire arroganti e sprovveduti. Nel caso in cui la procedura si riveli davvero un boomerang per Democratici, Trump avrebbe avuto da loro stessi la strada pressoché spianata alla rielezione. Al momento, ad accusare il colpo della vicenda è la borsa americana, in forte ribasso dopo la denuncia del whistleblower.
Luca Mazzacane
Nato a Pavia nel 1994, Dr. in Lingue e Culture Moderne presso Università di Pavia (BA), Dr. in Global Studies presso LUISS Roma, diplomato in Analisi del rischio politico presso l’Istituto Affari Internazionali di Roma; diplomato in Multimedia Journalism presso Deutsche Welle, a Berlino, tirocinante presso Formiche Edizioni. Appassionato di geopolitica, specialmente del mondo Est europeo. Parla fluentemente francese, inglese, russo e spagnolo.
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