Il cielo su Pechino è attraversato dalle scie colorate degli aerei, sette come i decenni di vita della Repubblica Popolare Cinese. Ma è un cielo grigio, non come il manto celeste che ricopriva la capitale dieci anni fa, nel 2009, quando la Cina comunista di Mao Zedong celebrava i 60 anni dalla sua fondazione. Tanti a Shanghai sfidano la pioggia per assistere alla proiezione sul maxischermo della grande parata militare di Piazza Tiananmen, la più grande mai vista a Pechino. Qualcuno nella capitale torna a casa per pranzo e guarda il resto delle celebrazioni in tv, racconta il giornale South China Morning Post. La parata è imponente, una dimostrazione di forza, uno sfoggio di potenza militare, anche se quella della Cina è da intendersi “un’ascesa pacifiica”. Sono 15 mila i soldati dell’Esercito di liberazione popolare cinese a sfilare, 580 i sistemi d’armi mostrati al mondo,160 le tipologie di aerei da guerra, due i missili balistici intercontinentali a comparire per la prima volta, missili su cui da tempo speculavano gli analisti e in grado di raggiugere il territorio degli Stati Uniti.
«Non c’è forza che possa scuotere le fondamenta di questa grande nazione. Nessuna forza può fermare il popolo e la nazione cinese dal continuare nei propri progressi», tuona il presente Xi Jinping vestito con un abito in stile Mao. «La Cina si batterà per la “completa riunificazione” del Paese», aggiunge. Il riferimento è a Taiwan, Macao e Hong Kong. Da Taiwan arriva nella stessa giornata il no deciso e fermo al principio “un Paese, due sistemi”, che la Cina vorrebbe replicare nella provincia ribelle, da anettere anche con la forza secondo i piani e i sogni di Xi.
Mentre a Pechino si celebra la grande ricorrenza, ad Hong Kong invece accade quello che i media e gli osservatori di tutto il globo temevano: ancora violenza, che raggiunge un nuovo e pericoloso livello. Un manifestante viene coplito al petto da un agente di polizia che gli spara a distanza ravvicinata. È il primo dall’inizio delle proteste che nell’ex colonia britannica vanno avanti dallo scorso giugno e che hanno assunto la forma di un’ampia ribellione contro il potere centrale. Ad Hong Kong ci sono 100 arresti, ma niente ferma gli attivisti, neanche il grande compleanno. Ecco che la storia irrompe nelle celebrazioni e devia l’attenzione mediatica dalla festa voluta e a lungo programmata da Xi, il presidente cinese più importante dall’era di Mao.
Eppure, la Cina avrebbe molto da festeggiare. Solo 70 anni fa era un Paese poverissimo, arretrato e isolato dall’Occidente. Tra il 1937 e il 1945 la Cina subisce la devastante occupazione giapponese e dal 1927 fa i conti con una sanguinosa guerra civile. Il 1949 è l’anno della ritirata dei nazionalisti che, sconfitti dai comunisti di Mao, si rifugiano nell’isola di Taiwan e lì stabiliscono uno Stato autoritario guidato dal generale Chiang Kai-Shek, appoggiato militarmente dagli Usa. Nel 1949 nella Cina continentale Mao dichiarala la nascita della Repubblica Popolare Cinese e dà inizio all’esperimento socialista che si regge sul principio della redistribuzione delle proprietà terriere e sul controllo delle attività economiche da parte dello Stato. Grazie alle roforme di Deng, la Repubblica Popolare arriva ad essere la seconda economia del pianeta, un Paese leader nell’innovazione tecnologica. Oggi la Cina è un attore globale capace di far sentire la propria voce in seno alle maggiori istutuzioni internazionali.
Tutti traguardi raggunti nell’arco di appena sette decenni, anche se a discapito della democrazia. I cittadini cinesi dalla famosa ciotola di riso garantita da Mao sono passati agli smartphone e agli abiti firmati, ma per capire quanto sia cresciuta la domanda interna basta guardare al consumo di carne di maiale. Nel 1961, nota Cnn, c’erano 55 maiali per mille persone; nel 2017, invece, 501 per lo stesso numero di cittadini cinesi. Segnata dal problema demografico causato dalla politica del figlio unico, la Cina, tuttavia, continua a crescere ed è a un passo dallo sconfiggere la povertà nelle aree urbane. Secondo la World Bank, quasi 850 milioni di cinesi sono usciti dalla povertà dal lancio delle riforme economiche. Il tasso di povertà è sceso dall’ 88% del 1981 allo 0.7% del 2015. L’economia nel secondo quarto del 2019 si è attestata al 6.2%, il tasso più basso degli ultimi 27 anni ma un’utopia per molti Paesi occidentali. Cresce anche la spesa per la difesa. L’Esercito cinese è il secondo per finanziamenti, 250 miliardi di dollari nel 2018, secondo l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma. Gli Usa ne spendono però 650 ogni anno, due volte e mezzo in più della Cina. Ma la sfida più rilevate della Cina contemporanea è costituita dai mega progetti delle Nuove Vie della Seta. Al primo forum sulla BRI nel maggio 2017 c’erano 29 capi di Stato e 130 rappresentanti di governi stranieri. Al forum sulla BRI di aprile 2019 i capi di Stato erano 37 e 150 i governi a partecipare. L’impatto della BRI appare quindi ancora modesto e la riuscita non è certamente scontata.
Photo: Xinhua
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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