Calcoli geopolitici e un nuovo Governo a Kiev pongono le premesse per una svolta nel conflitto in Ucraina orientale e l’instaurazione di nuove e potenzialmente cordiali relazioni con la Russia. Tuttavia, mancanza di supporto popolare e divisioni interne rischiano di far naufragare tali prospettive.
Dopo cinque anni di conflitto e oltre 13mila morti e dopo un incontro con i rappresentati della Russia e delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky riaccende le speranze per una soluzione della guerra nel Donbass esprimendosi a favore dell’adozione del piano Steinmeier. Tale formula, dal nome dell’allora Ministro degli Esteri tedesco (ora Presidente), prevede il conferimento di un’autonomia speciale alle due repubbliche di Donetsk e Luhansk, oltre che l’indizione di libere elezioni locali sotto la giurisdizione ucraina e la supervisione degli ispettori dell’OSCE. Una soluzione avanzata a seguito del recente scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina e definita da numerosi media e dallo stesso Zelensky come “il primo passo” verso la fine della guerra nel Donbass.
Fig. 1 – Osservatori dell’OSCE supervisionano il parziale ritiro dei militari ucraini da una cittadina del Donbass, 9 ottobre 2019
Prospettive di pace ulteriormente rafforzate da un’evoluzione geopolitica internazionale che ha spinto alcuni Governi occidentali a volere ristabilire cordiali relazioni con la Russia, e dunque a trovare una soluzione alla guerra in corso in Ucraina. In particolare la stretta partnership tra Mosca e Pechino e il ruolo essenziale della Russia per la sicurezza del Medio Oriente e della stessa Europa ha portato il Presidente francese Macron a proporre una distensione nei rapporti politici ed economici. Disgelo supportato da altre nazioni europee, quali Italia e Germania, ansiose di ristabilire proficue relazioni economiche con Mosca, nonché dal Presidente statunitense Donald Trump. La Russia è stata quindi riammessa al Consiglio d’Europa ed è stato proposto il suo rientro nel G7. Dal canto suo, il Cremlino ha accolto cautamente tali segnali distensivi e si è proclamato a favore del piano Steinmeier, visto come una mezza vittoria diplomatica capace di garantire la sicurezza e il rispetto dell’identità russa nel Donbass, oltre che la fine di un conflitto che Mosca non ha forse mai voluto e che ha significato la perdita dell’Ucraina quale speciale alleato strategico, economico e culturale.
Fig. 2 – Manifestazione a Kiev contro le iniziative diplomatiche di Zelensky verso la Russia, 14 ottobre 2019
Ciononostante le prospettive di pace e di riallineamento con la Russia rimangono flebili. Il Congresso americano e diversi Paesi europei vicini della Russia, quali Polonia e Romania, rimangono strutturalmente russofobi. La decisione di Zelensky ha inoltre attirato le proteste di larga parte dell’opinione pubblica ucraina, contraria alla cessione di un’autonomia speciale e all’indizione di nuove elezioni prima della totale ripresa di controllo del Donbass da parte di Kiev. Anche all’interno della Rada pare non esserci una maggioranza a favore di tale soluzione, interpretata come una resa diplomatica a Mosca. Maggioranza tuttavia necessaria per procedere alla modifica della costituzione e quindi al conferimento della speciale autonomia alle due provincie del Donbass. C’è da considerare infine il fatto che non esiste un documento scritto del piano Steinmeier e vi è dunque il rischio di un fallimento nell’implementazione a causa di divergenti interpretazioni. Una pace è comunque possibile, ma molto dipenderà dalla capacità di Mosca e Kiev di trovare un accordo scritto sul piano Steinmeier che vada bene ad ambo le parti e preveda il ritiro di tutte le forze militari prima delle elezioni, nonché dal successo di Zelensky nel convincere il proprio elettorato a supportare il Governo e trovare una maggioranza parlamentare capace di cambiare la Costituzione e assegnare lo status speciale al Donbass.
Di Stefano Marras, Il Caffè Geopolitico
Photo: Kremlin.ru / Youtube / MT
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