L’Assemblea Nazionale cubana ha eletto Miguel Diaz-Canel Presidente della Repubblica di Cuba. Diaz-Canel come successore di Raul Castro (che però rimane Primo Segretario del Parito Comunista Cubano), dopo quasi sessant’anni di dominio castrista, può generare delle alternative o rimarcare continuità. Ancora oggi, nessuna decisione sfugge al controllo del partito, che detiene il potere assoluto. Il potere castrista è vivo e continua a controllare la società cubana. Ne parliamo con Domenico Vecchioni, già Ambasciatore italiano a Cuba e protagonista culturale delle attività del Circolo di Studi Diplomatici di Roma.
Eccellenza, quali sono i cambiamenti in corso e quali le sostanziali novità degli ultimi mesi nella realtà politica e sociale di Cuba?
La prima novità è la nuova Costituzione del paese, entrata in vigore nell’aprile scorso. Sostituisce quella del 1976, adottata quando imperava Fidel Castro ed era di stampo nettamente sovietico. Nella nuova carta costituzionale ci sono alcune interessanti novità. Viene innanzitutto modificata la struttura istituzionale dello Stato, con la creazione delle figure del Presidente della Repubblica (eletto per 5 anni dal Parlamento rimasto unicamerale) e del Primo Ministro (designato dal Parlamento, su proposta del Presidente). Prima queste due cariche erano riunite in un’unica figura, quella del Presidente del Consiglio di Stato (supremo organo decisionale, con vasti poteri in differenti settori). Ma, attenzione, non si crea una diarchia di potere, ma solo un alleggerimento amministrativo degli incarichi presidenziali. Il Primo Ministro in effetti non ha alcun ruolo politico. È, in sostanza, il più stretto collaboratore del Presidente nel coordinamento “amministrativo” delle attività dei singoli ministeri.
Altra novità importante riguarda il riconoscimento della proprietà privata e il richiamo all’importanza degli investimenti esteri. Tipici elementi dell’economia di mercato, ammantati tuttavia di clausole di salvaguardia, lacci e lacciuoli vari. Insomma, proprietà privata sì, ma sempre nei «limiti compatibili con i valori socialisti di equità e giustizia sociale». La legge ordinaria stabilirà quindi i limiti e le condizioni dell’esercizio della proprietà privata. Investimenti stranieri sì, ma resta fermo il principio che «lo Stato si riserva il diritto di dirigere, regolare e controllare le attività economiche del paese». Non è quindi chiaro come alcune ricette capitaliste potranno essere digerite da un sistema economico che rimane sostanzialmente statalista e collettivista e da un regime politico che resta dichiaratamente marxista e leninista. Il potere in effetti resta concentrato nel Partito Comunista «unico, martiano, fidelista, marxista e leninista… È la forza dirigente superiore della Società e dello Stato». Il partito, insomma, rimane al di sopra dello Stato e delle sue istituzioni, come si verifica del resto in tutti regimi dittatoriali. Una Costituzione, detto in poche parole, sostanzialmente conservatrice, con alcuni cambiamenti interessanti e qualche apertura incoraggiante, ma non abbastanza coraggiosi e avanzati da far intravedere, almeno nel breve periodo, scenari di sviluppo economico e orizzonti di libertà per il popolo cubano.
La fonte principale di entrate del Paese è rappresentata dal turismo, ma anche in questo settore emergono contraddizioni e fiorisce il mercato nero. Quali sono gli elementi innovativi per l’economia dell’isola?
Nei giorni scorsi è stato nominato Primo Ministro, secondo i termini della nuova costituzione, Manuel Marrero Cruz, che per lunghi anni ha ricoperto proprio la carica di Ministro per il Turismo. Questo elemento indica quanta importanza ha per il governo cubano l’incremento delle correnti turistiche nella prospettiva di alleviare in qualche modo la disastrata economia nazionale e la scarsa liquidità di cui soffre il Paese. Il turismo è la principale “industria” del paese (ben controllata e ben gestita dai militari), il cui target più significativo rimane l’utenza statunitense. Ma finché dura la tensione politica tra l’Amministrazione Trump (che chiede all’Avana progressi nel campo dei diritti dell’uomo) e il governo di Diaz-Canel/Raul Castro (che respinge ogni interferenza “interna”), ci sono poche probabilità che l’amministrazione americana tolga i divieti imposti al turismo dei propri cittadini verso l’ “Isola Grande”. Non sarà dunque il turismo a salvare l’economia di Cuba dove, dopo 60 anni di Rivoluzione marxista e fidelista, il salario medio è di soli 30 dollari mensili. Di fronte a questo semplice dato, tutte le altre considerazioni diventano letteratura.
Supportare Cuba e la sua popolazione nel rilancio della produzione di caffè, migliorando anche le condizioni di vita dei coltivatori. È l’obiettivo di Lavazza che ha deciso di celebrare il legame con il Paese e i 500 anni della fondazione della città di L’Avana. Possono le grandi compagnie occidentali agevolare il lavoro di transizione economica e politica dell’isola?
Molto suggestiva l’iniziativa di Lavazza. Ma temo che sarà solo una ben riuscita operazione mediatico-pubblicitaria. La coltivazione del caffè (come quella dello zucchero), una volta fiorentissima, è stata letteralmente distrutta dalla Rivoluzione e dalle nazionalizzazioni imposte da Fidel Castro. Nel 1950 Cuba esportava 20.000 quintali di chicchi di caffè. Oggi l’esportazione del caffè è del tutto marginale nella bilancia commerciale del paese. Non vedo come Lavazza potrebbe contribuire ad agevolare la transizione economica del Paese, dopo dieci lustri di degrado dell’agricoltura e dell’industria. Cuba ha bisogno di investimenti giganteschi per ricostruire la propria economia in tutti i settori di attività. Investimenti che tuttavia non arrivano perché perdura un sistema economico e vige un regime politico tali da non offrire ancora tutte le garanzie richieste dagli investitori per poter fare correttamente il loro mestiere: creare profitti e gestire in tutta libertà la loro impresa.
Come vivono oggi i dissidenti politici?
Molto male. Cuba è tuttora il Paese del Partito Unico, del Sindacato Unico, del Pensiero Unico, dove – malgrado la nuova costituzione – non esiste libertà politica e di espressione, dove è inconcepibile l’idea stessa di un’opposizione politica, dove l’informazione è strettamente controllata dal governo. E, soprattutto, dove sono rimasti immutati tutti gli strumenti delle repressione politica in funzione da più di 60 anni. Come può vivere un dissidente in questo contesto? Se gli va male, finisce in galera, se gli va bene, diventa un “paria” sociale, isolato da tutto e da tutti.
Che dati abbiamo sulla stampa e la libertà di stampa presente a Cuba?
La risposta è purtroppo molto semplice. A Cuba non c’è libertà di stampa. Tutti i media in attività (giornali, radio, tv…) appartengono e sono controllati dallo Stato. Esistono, è vero, giornalisti e blogger indipendenti. Ma bisogna distinguere. Sono di due tipi. O sono degli agenti infiltrati dell’Inteligencia o sono osteggiati, controllati, perseguitati e spesso finiscono in galera.
Quali saranno le sfide più importanti per la Cuba del 2020?
Salvare una situazione economica sul costante orlo del fallimento (Cuba non riesce a pagare il suo debito estero, tanto che molti Stati creditori – ideologia oblige – hanno finito per condonarlo…), soprattutto dopo la drastica diminuzione degli aiuti in provenienza dal Venezuela (a sua volta in profonda depressione),assolutamente indispensabili al sostentamento dell’economia cubana. La nuova Costituzione servirà anche a questo. Offrire cioè un nuovo volto di Cuba alla comunità internazionale. Un volto più rassicurante e accogliente, che possa attirare gli agognati investimenti esteri. Diaz-Canel spera quindi di accreditarsi meglio presso gli interlocutori internazionali alla ricerca di capitali, aiuti e sovvenzioni dai paesi ideologicamente affini (Corea del Nord, Vietnam, Cina..) o da quelli strategicamente interessati (Russia) o dalla stessa UE, abbagliata dal mito della “democrazia a partito unico”. Il momento delle verità in ogni caso verrà quando l’ottantanovenne Raul Castro, Primo Segretario del partito Comunista, vero detentore del potere, lascerà l’incarico nel 2021. Solo allora inizierà l’era del post-castrismo e si vedrà se il regime potrà continuare senza i Castro o se finalmente – dopo 60 anni – la libertà, la democrazia e lo sviluppo economico torneranno ad affacciarsi all’orizzonte dell’Isola Grande.
Domenico Letizia
Giornalista, membro di redazione della rivista di geopolitica e affari internazionali “Atlantis”. Speaker radiofonico di “RadioAtene”. Membro del Consiglio Direttivo della ONG "Nessuno tocchi Caino". Ha scritto vari saggi sulla Repubblica di Azerbaigian, sulla Moldova e sulla cooperazione alimentare nel Mediterraneo.
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