La proposta americana per l’unità nazionale e le navi anti narcos davanti alle coste del Venezuela
Un governo di unità nazionale senza Maduro e senza Guaidó per gestire l’emergenza coronavirus e poi nuove elezioni. In cambio ritiro di tutte le sanzioni e pieno aiuto per combattere la pandemia. Questa è la proposta formulata da Elliott Abrams, inviato speciale degli Stati Uniti per la crisi in Venezuela, in un articolo uscito martedì sul Wall Street Journal, e che ha acquisito valenza ufficiale con l’immediato appoggio della Segreteria dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa). La risposta del governo di Caracas è non solo un rifiuto esplicito, ma una convocazione in tribunale per Guaidó, accusato di tentato colpo di stato e una recrudescenza della repressione.
La sede della proposta di Abrams è quanto mai informale, ma viene dopo un pressing crescente. Il giovedì precedente, in particolare, dalla Procura generale degli Stati Uniti erano arrivate accuse per narcotraffico e appoggio al terrorismo per Maduro e altri 14 dirigenti ed ex-dirigenti del regime. Per Maduro anche una taglia da 15 milioni di dollari. Il sabato successivo la Rosneft aveva annunciato la cessazione delle sue operazioni in Venezuela, dopo essere stata colpita a sua volta dalle sanzioni Usa. E lunedì Trump aveva parlato anche di Venezuela nella sua telefonata a Putin, chiedendogli di collaborare alla nascita di un governo di transizione, o comunque di non ostacolarla. E dopo l’appoggio dell’Osa alla proposta di Elliott, il presidente americano ha inviato davanti alle coste venezuelane delle navi che ufficialmente si occuperanno di pattugliamento anti-narcos, ma che in pratica raddoppiano la presenza militare Usa nei Caraibi.
Apparentemente la proposta americana sembra un passo indietro rispetto al sostegno a Guaidó. In realtà per lui ci sarebbe un “trattamento di riguardo”: rimarrebbe infatti alla presidenza della Assemblea Nazionale, mentre Maduro si dovrebbe fare da parte. Il 25 marzo lo stesso Guaidó ha annunciato la consegna a organismi multilaterali e internazionali di 20 milioni di dollari destinati ad assistere la popolazione venezuelana durante l’emergenza Covid e provenienti da “conti recuperati dal governo incaricato”. Una frase che potrebbe indicare asset del regime su cui gli Stati Uniti hanno messo le mani in seguito alle sanzioni e che l’amministrazione Trump ha messo poi a sua disposizione.
Secondo la proposta Abrams i membri eletti dell’Assemblea Nazionale dovrebbero creare un Consiglio di Stato come governo di transizione per preparare “elezioni presidenziali libere” e anche per “superare la crisi nazionale che l’attuale crollo dei prezzi del petrolio e il coronavirus hanno approfondito”. Il greggio è sceso ormai sui 20 dollari al barile, ai minimi da 18 anni. Quanto all’epidemia, con 146 casi e 5 morti in Venezuela è ancora all’inizio. Ma grande è la paura per ciò che potrà accadere, con un sistema sanitario a pezzi. “Nel Venezuela ci sono solo 84 respiratori”, ha denunciato Guaidó.
La quarantena già iniziata sta inoltre dando i colpi finali a una economia sui cui si è abbattuta anche la scarsità di benzina: con un razionamento da 15 litri a testa molti produttori agricoli segnalano che non possono più portare le loro merci ai consumatori. Senza più capacità di raffinazione il Venezuela riesce a importare ormai solo 90.417 barili di combustibile al giorno, mentre a gennaio e febbraio stava sui 165.000. Ma a marzo Maduro ha comunque mandato 400.000 barili di diesel e combustibile per aerei a Cuba.
Abrams promette che dopo la costituzione del Consiglio di Stato gli Stati Uniti sarebbero disposti “a togliere le sanzioni e a lavorare con tutti i venezuelani e con altre nazioni”. “Gli Stati Uniti non appoggiano nessun partito politico in Venezuela”, e accetterebbero il risultato di libere elezioni. “Anche il partito del regime, il Psuv, deve poter competere”. Ovviamente bisognerebbe nominare un nuovo Consiglio Nazionale Elettorale e un nuovo Tribunale Supremo di Giustizia “con carattere indipendente”, e ristabilire una “stampa libera”. Garanzie sono offerte anche ai militari di poter “giocare un ruolo essenziale per dare forma al futuro del Venezuela”. Come ha osservato Abrams, “i soldati venezuelani, allo stesso modo degli agenti di Polizia, stanno soffrendo come i civili: riescono appena a nutrire le proprie famiglie e non si possono permettere cure o medicine”.
La risposta del governo di Maduro è stata, come spesso è accaduto in passato, la repressione. Convocazione in tribunale a parte, lunedì scorso lo stesso Guaidó ha denunciato una nuova ondata di attacchi ai suoi collaboratori. Andrea Bianchi, fidanzata del suo assistente Rafael Rico e cittadina italiana, è stata sequestrata, denudata e minacciata di stupro da uomini armati che l’hanno poi abbandonata su una autostrada, sua madre è stata picchiata. Giovedì sono stati arrestati senza mandato altri due consiglieri di Guaidó, Demóstenes Quijada y Maury Carrero.
Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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