La pandemia da Covid-19 non ha risparmiato neanche i Paesi del Golfo. L’Arabia Saudita il 23 giugno ha annunciato che il tradizionale pellegrinaggio islamico dell’Hajj, considerato uno dei cinque pilastri della religione musulmana, verrà organizzato quest’anno solo per un numero molto limitato di persone, ovvero solo per chi risiede nel Paese. Il ministero per l’Hajj e la Umrah ha spiegato che tale decisione è stata presa per limitare la diffusione del nuovo coronavirus. I pellegrini che a partire dal 28 luglio prenderanno parte al pellegrinaggio, una fonte di guadagno molto rilevante per lo Stato, saranno solo i cittadini di varie nazionalità che risiedono già in Arabia Saudita. Avendo superato i 164mila casi confermati di infezione da Covid-19, l’Arabia Saudita intende evitare che l’occasione del pellegrinaggio diventi veicolo di contagio. L’anno scorso quasi 2,5 milioni di pellegrini hanno compiuto l’Hajj, di cui 1,8 milioni provenivano dall’estero.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 24 giugno in Arabia Saudita sono stati registrati 3.139 nuovi casi di Coronavirus, i decessi ufficiali sono invece 1.346. Le cifre indicano che il regno saudita è ancora nella fase più critica dell’epidemia. Le moschee in tutto il territorio nazionale hanno riaperto a fine maggio e la Grande Moschea della città santa della Mecca ha riaperto domenica 21 giugno tra rigide misure di sicurezza. Il 18 giugno, però, in Arabia Saudita è stato registrato il picco con oltre 4.900 nuovi casi, 652 in più rispetto al giorno prima. Se il vicino Iran è stato indicato più volte quale Paese maggiormente colpito dal virus, mettendo in luce anche le difficoltà evidenti di Teheran nella gestione della crisi sanitaria, poco è stato scritto del regno saudita in termini di numeri e cifre.
Lo studio di M. Alshammari, A. F. Altebainawi e K. A. Alenzi “Importance of early precautionary actions in avoiding the spread of COVID-19: Saudi Arabia as an Example”, pubblicato a maggio sul Saudi Pharmaceutical Journal, rileva un dato che salta subito agli occhi se si analizzano i numeri forniti dall’Arabia Saudita. Ovvero, il tasso di mortalità da Covid-19 dell’Arabia Saudita è uno dei più bassi al mondo. Il dato, stando allo studio, è dovuto alla qualità del sistema sanitario saudita, ai servizi garantiti negli ospedali del Paese e alle misure precauzionali adottate tempestivamente dal governo di Riad, oltre che a un certo tipo di sorveglianza che nel regno avrebbe reso più semplice la gestione dell’epidemia. Ancora secondo lo studio, emerge un altro particolare: l’alto numero di test effettuati. In Arabia Saudita fino allo scoro maggio sarebbero stati effettuati più di 14,5 milioni di tamponi, arrivando a coprire quasi il 40% della popolazione totale. Nel regno saudita sarebbero stati istituiti 6 laboratori regionali dalla capacità di 50mila test al giorno e laboratori mobili dalla capacità di 10mila test giornalieri.
Il governo di Riad afferma di aver intrapreso immediatamente le misure necessarie a limitare gli effetti della Covid-19 sul popolo saudita, sia dal punto di vista sanitario che economico, ancora prima che nel regno fosse registrato il primo caso di infezione. Una delle prime misure è stata istituire una commissione ad hoc per il virus, composta da 19 tra ministri e autorità pubbliche. La “COVID-19 follow-up committee” è guidata direttamente dal Ministero della Sanità. La seconda misura è stata sospendere l’accesso alla Grande Moschea della Mecca e alla grande Moschea di Medina. All’inizio, Riad ha investito più di 120 miliardi in moneta locale per combattere il virus. A questi sono seguiti altri finanziamenti miliardari a favore del Ministero della Sanità. Tra i vari interventi, l’autorità monetaria dell’Arabia Saudita (Sama) ha stabilito lo stanziamento di 13,3 miliardi di dollari a sostegno della liquidità del sistema bancario nazionale. A causa del virus, Riad ha dovuto rivedere i propri piani di tra sformazione economica ed è stata forzata ad attingere alle riserve strategiche per contenere i deficit di bilancio, come scrive Agenzia Nova. Il governo ha triplicato l’imposta sul valore aggiunto (Iva) e ha ridotto il proprio budget per il 2020 di 27 miliardi di dollari.
Il 26 aprile Re Salman ha ordinato la firma di contratti con Cina, Stati Uniti, Corea del Sud e Svizzera con lo scopo di combattere l’epidemia. La terza misura è stata bandire l’ingresso alle città della Mecca e Medina dai Paesi del Golfo. Ai cittadini di questi Paesi è stato proibito di viaggiare in Arabia Saudita con il documento di identità, come prevede la legge, ma solo muniti di passaporto per assicurare che nelle precedenti due settimane non ci fossero stati viaggi in Iran. Nonostante gli sforzi iniziali, prosegue lo studio, il 2 marzo 2020 in Arabia Saudita è stato riscontrato il primo caso di Covid-19. Il paziente aveva visitato l’Iran passando per il Bahrain e non l’aveva dichiarato alle autorità, come previsto dalle norme anti-Covid. A quel punto, Riad ha rafforzato le misure. A tutti i cittadini sauditi che avevano viaggiato all’estero è stato fatto il test. Ai cittadini di tutti i Paesi del Golfo, prima di entrare in Arabia Saudita, è stato imposto di restare nel proprio Paese per almeno 14 giorni se prima erano stati in un altro Paese straniero. Lo studio attribuisce la responsabilità dei casi di infezione ai cittadini che, nonostante i divieti, hanno continuato a fare assembramenti e che non hanno seguito le norme igieniche.
Un altro dato si evince dallo studio “Clinical characteristics of COVID-19 in Saudi Arabia: A national retrospective study”, pubblicato sempre a maggio 2020 sul Journal of Infection and Public Health, vale a dire l’età media degli infetti: 36 anni. Un’età di gran lunga più bassa che altrove e un particolare che spiegherebbe ancora lo scarso numero di morti. In base a questo secondo studio, la percentuale maggiore di infetti, vale a dire il 30.5% dei pazienti totali, era nella fascia 26–35 anni. Segue la fascia di pazienti Covid dai 36 ai 45 anni, che in Arabia Saudita ha rappresentato il 19.4% della popolazione totale. La giovane età degli infetti in Arabia Saudita è ancora più evidente se si confrontano i dati dell’Italia, dove il 70% dei pazienti Covid risulta ultracinquantenne.
PHOTO: In this photo illustration coronavirus (COVID-19) positive blood samples are seen in front of a computer screen displaying the flag of Saudi Arabia [Mehmet Emin Mengüarslan – Anadolu Agency]
Pubblicato su Il Mattino
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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