L’Iran ha sospeso le condanne a morte di tre ragazzi che avevano partecipato alle proteste del novembre 2019 scoppiate a causa dei rincari della benzina, ma diventate presto una forma di ribellione più ampia contro il regime e la difficile situazione dell’economia iraniana. La Corte Suprema ha deciso di rivedere i loro casi dopo che in settimana un tribunale di appello aveva confermato le sentenze. Lo ha reso noto domenica scorsa la tv di Stato iraniana.
I tre ragazzi sono accusati di aver guidato le proteste, di aver vandalizzato banche ed edifici pubblici e di aver inviato materiale video ai media internazionali. «Speriamo che le condanne a morte vengano annullate», hanno detto i loro legali. Se la Corte Suprema accetterà di annullare le sentenze, sarà possibile ribaltare il verdetto della corte dal momento che il sistema giudiziario iraniano permette un nuovo ricorso di una sentenza già confermata in appello. I tre imputati sono: Saeed Tamjidi, 26 anni, Mohammad Rajabi, 28 anni, and Amirhossein Moradi, 26 anni. Su Twitter è diventato molto popolare l’hashtag a supporto dell’annullamento della loro condanna a morte, tanto che è stato retwittato più di 4 milioni di volte. Secondo l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International, nel mese di novembre dell’anno scorso durante le protete ci sarebbero stati almeno 304 morti tra i dimostranti. Le Nazioni Unite stimano che tra le vittime ci siano stati almeno 12 minori. In quella che è stata definita una delle più vaste manifestazioni di dissenso nella storia della Repubblica islamica sarebbero state arrestate, secondo le stime, almeno 7mila persone.
Per approfondire: Leggi anche nell’ultimo numero di Babilon, L’Iran Funesto, “La rivoluzione sbiadita negli occhi dei giovani iraniani”
Le autorità giudiziarie iraniane hanno inoltre annunciato di aver giustiziato l’uomo accusato di aver fornito agli Stati Uniti e a Israele le informazioni sulla posizione del generale Soleimani. La sentenza di morte di Mahmud Musavi-Majd è stata eseguita lunedì mattina. L’accusa è di spionaggio, ha riferito il 20 luglio il sito Mizan Online. A giugno le autorità iraniane avevano affermato che Musavi-Majd aveva informato l’intelligence israeliana e statunitense degli spostamenti di Qasem Soleimani, comandante della Forza Quds dei Guardiani della rivoluzione islamica ucciso da un drone americano all’aeroporto di Baghdad lo scorso 3 gennaio. Mahmud Musavi-Majd era stato arrestato nel 2018 con l’accusa di aver svolto attività di spionaggio per la Cia e il Mossad. A riferirlo è l’agenzia stampa iraniana “Fars” ripresa da Agenzia Nova.
Mahmoud Mousavi-Majd sarebbe stato condannato a morte nell’agosto 2019. Ha lasciato l’Iran da bambino ed è cresciuto in Siria; non è stato mai membro del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica, ma sarebbe stato capace di infiltrarsi in numero aree sensibili in qualità di interprete. Secondo l’agenzia stampa iraniana “Tasnim”, Mousavi-Majd sarebbe stato catturato da Hezbollah libanesi in Siria e poi consegnato alle autorità iraniane. Ancora secondo “Tasnim”, la presunta spia avrebbe ricevuto dalla Cia e dal Mossad una somma mensile pari a 5 mila dollari in cambio di informazioni sulla presenza di forze iraniane in Siria.
L’anno scorso l’Iran ha eseguito almeno 251 condanne a morte, ancora secondo Amnesty International. Di recente sono stati condannati a morte due uomini curdi legati a un attacco armato del 2010, un uomo per aver bevuto ripetutamente alcol.
Redazione
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