Mentre Pechino all’estero si fa sempre più nemici e si inasprisce con Washington la battaglia dei consolati, Xi Jinping ha promesso di sradicare la povertà più estrema dalla Cina entro il luglio del 2021, per le celebrazioni del centenario del partito comunista.
Si tratta del secondo Grande Balzo cinese dopo quello di Mao, il piano economico e sociale praticato dalla repubblica popolare dal 1958 al 1961, che si proponeva di mobilitare la popolazione riformare rapidamente il paese, trasformando il sistema economico, fino ad allora basato sull’agricoltura, in una moderna e industrializzata società comunista, caratterizzata anche dalla collettivizzazione. Un piano che in realtà di rivelò un fallimento e fu tra le cause di una gravissima carestia nel 1960.
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La battaglia contro la miseria in realtà fa parte di una battaglia politica per la legittimazione interna e di fronte al mondo. Il programma risale a sette anni fa quando il presidente cinese Xi Jinping ha fissato l’obiettivo di eliminare la povertà assoluta nelle aeree rurali entro la fine del decennio. Significa che entro il 2021 nessuno dovrà guadagnare meno 323 dollari l’anno in base ai prezzi costanti del 2010. Entro il 2049, anno del centenario della fondazione della repubblica popolare, il Paese dovrà essere “socialista, prospero, democratico e armonioso”. Queste sono le tappe del rinnovamento descritte nel pensiero di Xi Jinping sul socialismo cinese per la prossima era, un contributo teorico inserito nello statuto stesso del partito comunista con cui Xi Jinping vuole essere accostato per portata ideologica a Mao Zedong e porsi a un livello superiore a quello di Deng Xiao Ping che inaugurò le riforme per il passaggio all’economia di mercato.
Secondo quanto scrive il Financial Times, nei cinque anni del primo mandato di Xi sono state strappate alla povertà in media 13 milioni di persone l’anno. Circa 775mila funzionari sono stati inviati nei villaggi per guidare le operazioni e il fondo pubblico contro la povertà è aumentato del 20 per cento ogni anno.
In marzo Pechino ha fatto sapere che le casse dello stato hanno già distribuito circa 140 miliardi di yuan, circa 18 miliardi di euro dei 114 previsti. Ma l’epidemia di coronavirus ha innescato una recessione economica e il Pil cinese nel primo trimestre è calato per la prima volta dopo 40 anni. A essere le più colpite sono state proprio le regioni più povere della Cina dove dovrebbe essere compiuto il nuovo Grande Balzo. Eppure il governo cinese è assai determinato a raggiungere nel 2021 il traguardo della eliminazione della miseria: rispettare questa scadenza permetterebbe di dichiarare al presidente che la Cina merita di esercitare la sua leadership nel mondo.
La realtà è che permane un forte divario di ricchezza e di qualità della vita tra le megalopoli e le aeree rurali tra le coste e l’entroterra. Qualche settima fa dopo i successi sbandierati da Xi nella lotta alla povertà, il premier Li Keqiang ha scatenato l’indignazione popolare dopo avere rivelato che i due quinti più poveri della popolazione guadagnano molto meno, in media, di mille yuan al mese, si tratta in poche parole di contare tra la popolazione 600 milioni di poveri che galleggiano sulla linea della sopravvivenza. La verità che al di là degli slogan sul socialismo in Cina la disuguaglianza nel Paese è un problema serio e che ci vorranno altri decenni per risolverlo. Il Grande Balzo contro la povertà, in Cina e altrove, deve ancora arrivare.
Pubblicato su Quotidiano del Sud
Xi Jinping at a meeting in Beijing on December 27, 2012 (Wang Zhao/Courtesy Reuters).
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