Lo sceicco Khalil Rizk, ministro degli Esteri del partito filo-iraniano libanese Hezbollah, promette vendetta dopo l’uccisione del generale Suleimani: «Mai fidarsi della parola degli Stati Uniti». Intanto, però, il dibattito politico in tutto il Libano resta polarizzato tra i partiti contrari all’influenza iraniana sul Paese e i movimenti e le milizie, in prevalenza sciiti, sostenuti e finanziati da Teheran. Non certo una novità. L’intervista che avevamo pubblicato sul penultimo numero del libro rivista.
In Libano siete il partito più potente del governo e siete dotati di un arsenale militare probabilmente più efficace di quello dell’esercito. Che garanzie potete dare alle altre forze politiche e sociali libanesi di non essere una longa manus dell’Iran?
Sembra che il leader cristiano maronita Samir Geagea non abbia altro problema se non l’esistenza di Hezbollah. La verità è che Geagea ci attacca non perché tema l’Iran ma perché vuole accreditarsi come l’uomo in Libano dell’Arabia Saudita, dopo che si è visto quanto sia precario il rapporto tra Mohammad Bin Salman e Saad Hariri.
Il suo è un interesse politico personalistico, altrimenti non si spiegherebbe come un cristiano possa andare così d’accordo con il regime saudita. Purtroppo per lui, il nostro consenso popolare in Libano è molto alto. Siamo un partito profondamente libanese. Non nascondiamo di essere legati all’Iran, ma siamo in grado di prendere le nostre decisioni in modo indipendente, in base all’interesse del popolo libanese.
Non tutti però in Libano la pensano così.
Le manifestazioni non nascono contro di noi. Al contrario noi sosteniamo molte di esse, quelle per esempio che esprimono rabbia verso i governi precedenti e che chiedono riforme. Le riforme si ottengono però tramite le istituzioni e non con la destabilizzazione del Paese. Senza governo e senza parlamento
come si fa a cambiare?
Continua a leggere l’interista pubblicata sul penultimo numero di Babilon: L’Iran Funesto.
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