Durante la settimana scorsa migliaia di persone in Senegal hanno protestato contro il Governo a causa dell’arresto di un popolare leader politico. Le manifestazioni sono state le peggiori degli ultimi dieci anni e hanno causato la morte di almeno 8 persone. Le proteste sono scoppiate lo scorso 3 marzo a seguito dell’arresto di Ousmane Sonko, principale oppositore politco del presidente Macky Sall accusato di aver stuprato una donna. Se fosse dichiarato colpevole, Sonko non potrebbe candidarsi alle elezioni del 2024. Il leader politico è stato tratto in arresto per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate e per aver minato l’ordine pubblico, dopo che centinaia di suoi sostemitori avevano invaso le strade, sfidando la polizia.
Secondo la popolazione senegalese che contesta il presidente Macky Sall, l’arresto di Sonko sarebbe un modo per mettere a tacere l’opposizione in vista delle prossime elezioni. Sonko è uno dei più attivi critici dell’operato di Sall ed è considerato il suo più temibile sfidante. Particolarmente amato dai giovani, era arrivato terzo alle elezioni del 2019. Macky Sall già in passato ha escluso dalla competizione politica alcuni dei suoi avversari, ponendoli in arresto. Khalifa Sall, ex sindaco di Dakar, era stato tratto in arresto due anni prima delle elezioni del 2019 ed era stato liberato solo a voto avvenuto.
Nel corso delle ultime manifestazioni è emerso con forza il sentimento antifrancese che covava sotto le ceneri, racconta Al Jazeera. Sono stati in particolare i più giovani a prendere di mira moltissime imprese di proprietà francese, tra cui supermercati, stazioni di servizio e cabine di telefonia mobile. Tante di queste imprese stanno ancora facendo i conti con le conseguenza della devastazione di negozi e attività. Le proteste, in gran parte pacifiche, hanno colpito tutto il territorio nazionale, ma l’insoddisfazione e il risentimento dovuti alla diseguenza sociale, alla corruzione del Governo e alle restrizioni per il nuovo coronavirus hanno determinato un senso di rabbia crescente, che è poi si è riversato contro l’ex potenza coloniale. La presenza francese in Senegal è per i cittadini una “realtà quotidiana”, scrive ancora Al Jazeera. Le truppe francesi presidiano la capitale, che è anche la sede della più grande ambasciata della Francia nell’Africa sub-sahariana.
A detta dello storico senegalese Felwine Sarr in Senegal è cominciata «una profonda crisi della democrazia». Le manifestazioni non soni da attribuire unicamente all’arresto di Sonko, ma riguardano più in generale le opportunità di lavoro ancora scarse e la complessa situazione economica. Le proteste preoccupano ancor di più perché avvengono in un Paese che può essere considerato tra i più stabili di tutta l’Africa.
Senegal, il quadro economico. Tratto dal libro “Africa, impresa possibile” del giornalista Alessandro Vinci
Il Senegal è l’ultima nazione africana ad aver superato quota 20mila migranti arrivati in Italia dal 2014 (27.803). Nonostante una popolazione otto volte superiore a quella del vicino Gambia, ha fatto quindi contare un numero inferiore di partenti (7.425 in meno). È il segno della maggiore fiducia che i cittadini nutrono nei confronti del loro Paese. Perché se da un lato oltre un senegalese su tre vive ancora con meno di 1,25 dollari al giorno, dall’altro l’ex colonia francese sta attraversando una fase di forte accelerazione della crescita economica. A certificarlo sono i vertiginosi aumenti del PIL degli ultimi anni: +6,2% nel 2016, +7,2% nel 2017 e +7% nel 2018. Tassi nemmeno paragonabili a quelli italiani, a dimostrazione che oggi in Senegal le opportunità non mancano.
Il quadro d’insieme, d’altronde, è tra i più stabili di tutta l’Africa.
Dal punto di vista sociale vi sono molte affinità con il Gambia. Le diverse etnie convivono pacificamente, senza tensioni, e la libertà di culto è garantita a tutti. Ad appianare le pur presenti differenze culturali è infatti il «cousinage à plaisanterie» (letteralmente «cuginanza burlesca»), una particolare usanza tipica dell’Africa occidentale che consiste nell’intrattenere relazioni scherzose anche con gli estranei al fine di risolvere conflitti e sviluppare legami. Per quanto concerne invece il sistema politico, la nazione è retta da una Repubblica semipresidenziale tra le più mature del continente, attualmente guidata dall’ex primo ministro MackySall.
Tutti elementi che favoriscono lo sviluppo economico. Fondamentale il settore primario, dominato dalla coltivazione dell’arachide sin dai tempi della colonizzazione francese. Un alimento di cui ancora oggi il Senegal figura tra i principali esportatori al mondo. Tuttavia, a causa delle forti oscillazioni produttive dovute alle siccità tipiche della zona, il governo ha da tempo avviato efficaci politiche di diversificazione delle piantagioni. È la cosiddetta «senegalizzazione» dell’agricoltura locale, tesa ad affrancare il Paese dalla monodipendenza dall’arachide e a riscoprire risorse autoctone che consentano di raggiungere la piena autosufficienza alimentare (miglio, riso e mais in primis).
Se dunque il settore primario è stato oggetto di rilevanti interventi pubblici, altrettanto non si può dire per quello secondario, volutamente lasciato in mano alle potenze estere, Francia su tutte. Data la penuria di risorse necessarie per sviluppare un adeguato apparato industriale, la scelta è stata quella di attrarre capitali stranieri mediante l’istituzione, intorno a Dakar, di zone franche che beneficiano di notevolissime agevolazioni fiscali. Aree espandibili a piena discrezione dell’amministrazione pubblica in cambio di solide garanzie di investimento.
Il comparto petrolifero potrà invece trarre giovamento dalla recente scoperta di alcuni giacimenti marini. Per questo nel 2017 il presidente Sall, intenzionato ad avviare le prime esportazioni già dal 2021, ha istituito un inedito ministero ad hoc. Più complessa la situazione del commercio interno. Vivace, certo, specialmente nelle caotiche aree urbane. Ma in larghissima parte abusivo, dunque non redditizio per le casse statali. Un’attività – quella delle vendite in nero – non a caso abitualmente esercitata da molti senegalesi anche in Europa, sulle spiagge e nei centri storici. Regolamentarla rappresenterebbe, per Sall, un traguardo di primaria importanza.
Circa il 60% del PIL proviene dal settore terziario, trainato dai diversi enti finanziari stabilitisi a Dakar. Ad attrarli sul territorio contribuisce non solo la stabilità socio-politica del Paese, ma anche la disponibilità di numerosi collegamenti aerei e marittimi con gli altri continenti. La rete stradale, inoltre, si estende per ben 15mila chilometri, ed è anche attiva una linea ferroviaria che collega Dakar con la capitale maliana Bamako. Il che fa del Senegal una delle poche nazioni africane prive di evidenti carenze nel sistema dei trasporti.
A fronte di un’economia tanto dinamica, appare inaccettabile come continuino a persistere ampie sacche di miseria e analfabetismo, ma anche problemi in ambito igienico-sanitario. Questo non solo a causa dei mancati investimenti pubblici nel welfare, ma anche della già citata mentalità «elusiva» di parte della popolazione. Sulla scia della vivace crescita economica che potrebbe trarre nuova linfa anche dall’imminente abbandono del Franco CFA, spetterà allo Stato il compito di regolare i fenomeni sociali. Un processo lungo e dispendioso, ma vitale per il futuro di una nazione dalle notevoli potenzialità.
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“Protest Against Wade” by Gwenaël Piaser is licensed under CC BY-NC-SA 2.0
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