Il progetto infrastrutturale, ormai prossimo alla conclusione, divide sempre di più Russia e Occidente sulla strategia energetica per l’Europa. Pur tra sanzioni, ostruzionismi e rallentamenti, resta evidente l’inevitabile interdipendenza tra Mosca e Bruxelles
di MATTIA BALDONI
Il progetto Nord Stream 2, iniziato nel settembre 2018, consentirà il raddoppio del volume di gas naturale russo in arrivo al terminale tedesco di Greifswald. Cinquantacinque miliardi di metri cubi all’anno saranno così pronti a diramarsi nella rete di mezza Europa, un traguardo che rafforza notevolmente la già forte leva energetica del Cremlino sul Vecchio continente. L’avvio dei lavori ha fin da subito spaccato le intese sul versante occidentale, con Berlino da un lato a difendere il proprio interesse nel concludere l’accordo con Mosca e Washington e altri Paesi europei, dall’altro, a criticare e ostacolare il completamento dell’opera. Nel dicembre 2019, l’Amministrazione Trump ha attuato il National Defense Authorization Act, applicando sanzioni a ogni società coinvolta nella realizzazione dell’infrastruttura, bloccandone di fatto i lavori e causando l’uscita di scena del principale appaltatore, la compagnia Allseas, con sede in Svizzera. Lo stallo si è sbloccato solamente il 16 dicembre 2020, quando la nave posatubi russa Fortuna ha ripreso le attività all’interno della Zee (Zona economica esclusiva) tedesca, terminando la posa dei 2,6 km rimanenti in quel settore. Ad oggi, oltre il 90% del Nord Stream 2 è completato.
Washington persevera con la linea dura
Obama, Trump, Biden. Tre presidenti e personalità politiche estremamente differenti, ma accomunate dalla comune, decisa opposizione al progetto infrastrutturale russo-tedesco. Dopo le misure contenitive iniziate da Trump, nel dicembre 2020 il Congresso statunitense ha varato la legge di bilancio contenente il Peesa (Protecting Europe’s Energy Security Clarification Act of 2020). Insistendo sulla strada delle sanzioni extraterritoriali, il testo ha aggiunto la possibilità di sanzionare società assicurative e di certificazione partecipanti alle valutazioni del progetto, causando subito alcune defezioni eccellenti. La presidenza Biden ha poi proseguito in questa direzione in modo risoluto, forte del sostegno bipartisan del Congresso contro il disegno del Cremlino. Alle forti accuse del presidente americano contro Vladimir Putin hanno fatto seguito, a stretto giro, i toni minacciosi con cui il segretario di Stato Usa Anthony Blinken ha intimato l’immediato abbandono del progetto alle società partecipanti, pena ulteriori sanzioni. Gli Usa mantengono dunque la linea dura contro il Nord Stream 2, affiancati dall’altrettanto inflessibile opposizione dei Paesi baltici, della Polonia e, dopo il caso Navalny, anche della Francia.
Germania e Russia non arretrano
Il completamento del progetto avrebbe importanti risvolti per Berlino e Mosca. La Germania potrebbe realizzare gli obiettivi della Energiewende (ossia il piano di transizione energetica verso una fornitura di energia a basse emissioni di carbonio) soddisfacendo il proprio fabbisogno per i prossimi decenni. Angela Merkel e i suoi ministri, pur consci della spaccatura creatasi con gli Usa, non transigono sul completamento dell’opera, rifiutando ogni tentativo di interferenza esterna. Nonostante il raffreddamento dei rapporti bilaterali con Mosca a seguito dell’avvelenamento di Alexey Navalny, l’inflessibilità tedesca sul Nord Stream 2 conferma dunque la priorità dei vantaggi economici da esso derivanti per Berlino. Di fronte a un nuovo rischio di stop dei lavori nella Zee danese, il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha ribadito la ferma intenzione di non rompere i legami con la Russia e completare l’infrastruttura. Un ipotetico annullamento comporterebbe, sempre secondo Maas, gravi conseguenze geopolitiche, avvicinando ancora di più Mosca alla Cina.
Dal canto proprio, il Cremlino è a pochi chilometri dal portare a termine un’opera strategica fondamentale che, oltre a raddoppiare i volumi del proprio export gasifero, gli consentirebbe di rendere la rotta ucraina, più costosa e politicamente tesa, meno indispensabile per penetrare in Europa centrale. Di mezzo ci sono però le opposizioni politiche e le sanzioni economiche che continuano a frenare il progetto. E che impediscono al consorzio Nord Stream 2 Ag, guidato da Gazprom, di sbilanciarsi in previsioni circa le tempistiche di completamento dei lavori. Durante il recente Forum economico internazionale di San Pietroburgo, però, Putin ha annunciato che il progetto è ormai prossimo alla conclusione. Uno sviluppo che sicuramente movimenterà parecchio le future interazioni tra Washington e Mosca.
Tratto da
Tramonto Russo
Babilon 4
Redazione
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