La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di ritirare le proprie truppe dalla Siria avrà degli effetti immediati sul conflitto in corso e inciderà sui futuri assetti della regione. Il commento della giornalista Marta Ottaviani, esperta di Medio Oriente.
La decisione di Trump di ritirare le truppe USA dalla Siria rimescola i fragilissimi assetti del Medio Oriente. Ma lo Stato Islamico è stato davvero sconfitto?
Lo Stato Islamico mi pare ben lungi dall’essere stato sconfitto e probabilmente una parte dell’organizzazione adesso si è infiltrata nella cosiddetta opposizione siriana. Certo, però la notizia del ritiro scombina e non poco le carte nella regione.
C’è chi si è convinto che la mossa di Trump sia invece frutto di un accordo raggiunto con Mosca, e non da oggi. Si tratta di fantapolitica o i segnali che si colgono vanno in questa direzione ?
È troppo ardito poter sostenere con certezza un’ipotesi del genere. Questa è una delle letture possibili. Un’altra potrebbe essere che, con il ritiro, Trump abbia provato a creare contrasto fra Erdogan e Putin. Per quanto riguarda la Siria, il ritiro delle truppe americane mette a disposizione spazi che inevitabilmente cercheranno di essere coperti da altri.
Proviamo a fare una mappa degli interessi e degli obiettivi in campo. Il presidente siriano Bashar Assad come potrebbe sfruttare questa situazione? E Vladimir Putin che progetto ha in mente?
I curdi al momento si trovano ad aver perso, o almeno così pare, una spalla come quella degli USA, sulla quale hanno potuto contare fin dall’inizio della guerra civile. La priorità, adesso, è difendersi dai turchi. Possibile che Assad, in cambio del suo appoggio, abbia chiesto loro di rinunciare a rivendicazioni autonomiste. Per quanto riguarda Vladimir Putin, sa benissimo che i curdi sono importanti per la lotta al terrorismo di matrice jihadista, soprattutto a quegli elementi che vengono dal nord del Caucaso e che per il presidente russo rappresentano un grande elemento di destabilizzazione.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan con il suo continuo dichiarare e minacciare ritorsioni contro i curdi, non rischia di fomentare uno scontro con la Russia?
Per quanto la Turchia si affanni a negarlo, ad Ankara non dispiacerebbe affatto avere una zona di influenza il più ampia possibile nel nord della Siria a maggioranza curda, dove fra l’altro sta cercando di rimandare i rifugiati che avevano cercato scampo in Turchia durante gli anni di guerra civile, con il tentativo di variare la proporzione demografica. Il problema ora è questo: se Putin sia disposto a farglielo fare, cosa che personalmente non credo proprio. Erdogan però deve stare attento perché sa bene che alla Russia lo legano accordi commerciali ed energetici che la Turchia deve assolutamente tenere in considerazione, anche per la partita che si giocherà nell’est del Mediterraneo.
Cosa possono aspettarsi i curdi dopo il “voltafaccia” di Donald Trump?
Vorrei capire meglio la mossa di Trump in sé e mi riferisco anche al ritiro dall’Afghanistan. Per quanto riguarda i curdi, politicamente, hanno giocato molto male la loro partita. Credo che adesso il loro primo obiettivo debba essere quello di sopravvivere. Certo finché c’è la Turchia di mezzo, difficilmente potranno sedersi a un tavolo.
Un altro attore con cui si dovranno fare i conti per i futuri assetti in Medio Oriente è l’Arabia Saudita. Che idea si è fatta del caso Khashoggi? Questo scandalo quanto sta influendo sulla credibilità internazionale del principe ereditario Mohammed Bin Salman e come si sta riflettendo sulla Turchia?
Temo che purtroppo il corpo di Khasogghi non sarà mai ritrovato. E, personalmente, penso che la Turchia dovesse essere preparata a un gesto così efferato sul proprio territorio nazionale, visto che appena un mese prima Khasogghi aveva confidato a un dirigente dell’AKP (il Partito della Giustizia e dello Sviluppo guidato dal presidente Erdogan, ndr) di avere paura. La pantomima che è seguita dopo dimostra due cose: o Ankara sapeva tutto e non ha potuto fare nulla per evitarlo, sperando poi di fare leva sulla comunità internazionale. Oppure è stata colta di sorpresa. Certo, con un omicidio così plateale e per certi versi condotto grossolanamente, il messaggio che arriva da Riad sembra quello di chi si può permettere di fare quello che vuole anche in casa di altri. Particolare che la dice ben lunga sull’autorevolezza della Turchia.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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