Qualche giorno fa ha fatto risentire la sua voce il nuovo portavoce dello Stato Islamico Abul-Hasan Al-Muhajir. L’uomo ha invitato gli islamisti a compiere attacchi negli Stati Uniti e nei Paesi della coalizione che combatte ISIS, senza dimenticare di incitare al jihad e a compiere attentati in Russia i combattenti del Caucaso. «Fate di questi paesi il teatro di tutte le vostre operazioni, così che i pagani e i russi assaggino un po’ dell’inferno della loro tirannia», ha dichiarato nel suo ultimo messaggio.
Chi era Abu Mohammad Al-Adnani
Abu al-Hasan al-Muhajir è il successore del siriano Abu Mohammad Al-Adnani (vero nome Taha Subhi Falaha), carismatico leader dell’ISIS morto nei pressi di Aleppo il 30 maggio del 2016. Abu Mohammad al-Adnani si era guadagnato sul campo il titolo di portavoce dell’ISIS grazie alla lunga militanza trascorsa nei gruppi jihadisti prima con Al Qaeda ai tempi di Abu Musab Al-Zarqawi, con il nome di Yasser Khalaf Hussein Nazal al-Rawim, successivamente con lo Stato Islamico di Abu Bakr Al Baghadi.
Uomo di fiducia del Califfo, Al Adnani è diventato famoso grazie ai moltissimi discorsi tenuti con stile retorico ma allo stesso tempo diretto e violento. Celebre il suo sermone pronunciato Il 22 settembre 2014: «Se puoi uccidere un non credente americano o europeo – specialmente il dispettoso e sudicio francese – o un australiano, o un canadese, o qualsiasi altro miscredente dai miscredenti che fanno la guerra, compresi i cittadini dei paesi che sono entrati in una coalizione contro lo Stato islamico quindi affidati ad Allah e uccidilo in ogni modo o modo, qualunque esso sia. Colpisci la sua testa con una pietra, o massacralo con un coltello, o investilo con la tua auto, o gettalo giù da un alto luogo, o soffocandolo o avvelenandolo». In tanti obbedirono ai suoi ordini, specie compiendo attacchi con auto e furgoncini, come è accaduto negli ultimi anni a Nizza, Stoccolma, Berlino e Barcellona.
Abu Mohammad Al-Adnani non era solo un uomo di parole. Di lui si ricorndano anche le battaglie sul campo condotte in maniera spregiudicata. Per questo gli Stati Uniti misero sulla sua testa una taglia di 25 milioni di dollari. La sua morte è coincisa con l’inizio del declino dell’entità statuale del Daesh.
Il profilo di Abul-Hasan Al-Muhajir
Il suo successore, Abul-Hasan Al-Muhajir, non ha certo il suo carisma, e nemmeno i mezzi mediatici dei quali egli ha potuto godere fino alla morte. Tuttavia, la figura del nuovo portavoce dell’ISIS è di grande interesse per gli analisti a causa dell’alone di mistero che lo circonda e per via del fatto che su di lui circolano pochissime informazioni. Tra le poche c’è quella dello scarso appeal che i suoi discorsi riscuotono, forse a causa della sua voce e del tono che utilizza ritenuto impersonale e che alla lunga potrebbe costargli il posto.
In ogni caso, sull’identità di Abul-Hasan Al-Muhajir Al Muhajir (tradotto significa «colui che viene da fuori», o «il migrante») regna l’incertezza. Si puo’ presumere che sia un foreign fighter dalla lunga militanza (proverrebbe dal Al Qaeda dove avrebbe e militato fin dal 2005) e che prima di diventare portavoce dell’ISIS avesse già lavorato nell’imponente macchina della comunicazione dei gruppi islamisti operativi in Iraq.
L’investitura come successore di Al Adnani è arrivata il 5 dicembre 2016 con un sermone intitolato Ricorderai quello che ti sto dicendo, diffuso sul web, sui social network e sui canali jihadisti di Telegram. Nemeno le immagini aiutano a dargli un identità certa. Dei tre volti che circolano per la maggiore su internet, qual è davvero quello di Abul-Hasan al-Muhajir?
A far crescere il mistero ci ha poi pensato il giornalista amercano Graeme Wood che su The Atlantic ha sostenuto che Abul-Hasan Al-Muhajir non sarebbe altri che il jihadista greco-americano John Georgelas (Ioannis Georgilakis), alias Yahya al-Bahrumi (o Yahya Abu Hassan) nato in Texas nel 1983.
Dopo essersi convertito al college poco dopo l’11 settembre 2001, John Georgelas si recò in Siria per imparare l’arabo e divenne nel tempo uno studioso di testi sacri e un predicatore estremista. In seguito Al Bahrumi ha esortato i musulmani a emigrare nello Stato Islamico, a non rinnegare il termine “irhabi” (“terrorista”) e ha chiesto l’uccisione di diversi leader musulmani che non hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico.
In un recente sermone ha anche detto: «Il fatto è che, anche se dovessero smettere di bombardarci, imprigionarci, torturarci, denigrarci e usurpare le nostre terre, continueremmo a odiarli perché il motivo principale per odiarli non cesserà di esistere finché non abbracceranno l’Islam … noi vi combattiamo, non semplicemente per punirvi e scoraggiarvi, ma per portarvi la vera libertà in questa vita e salvezza nell’Aldilà trovando la salvezza, adorando solo il tuo Creatore e seguendo il Suo messaggero».
Se davvero fosse lui Abul-Hasan Al-Muhajir, sarebbe l’ennesima beffa per i servizi segreti di mezzo mondo a cominciare da quelli americani. Non ci resta che aspettare ulteriori prove a sostegno della tesi del giornalista Graeme Wood.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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