A Chennai, città da quasi nove milioni di persone nel sud dell’India, è appena arrivato un treno carico di 2, 5 milioni di litri d’acqua per tentare di alleviare la crisi idrica senza precedenti che ha colpito una delle aree più popolose del Paese. A Chennai i neonati non possono essere lavati tutti i giorni come sarebbe giusto per la loro igiene, ma la loro pelle viene semplicemente strofinata con del tessuto imbevuto con l’acqua di una tazza, quella che noi, nella parte di mondo più fortunato, usiamo per fare colazione, non per lavarci. A Chennai dopo un’estenuante giornata di caldo estivo non è possibile neanche fare una doccia, ci si arrangia a fare il bagno nell’acqua raccolta dai condizionatori. Alcune famiglie hanno scavato dei pozzi nel terreno perché le riserve sono prosciugate e il ritardo dei monsoni quest’anno ha reso la situazione allarmante e al limite della sopravvivenza. Come se non bastasse, quest’anno fa più caldo del solito. Chennai è la capitale dello Stato indiano Tamil Nadu dove la popolazione, tra l’altro, cresce a ritmi molto alti.
Il treno con 2,5 milioni di litri di acqua è arrivato come una manna dal cielo. Cinquanta locomotive agghindate con ghirlande sono state prese d’assedio dalla popolazione. Il servizio speciale serve a tamponare la peggiore crisi idrica che l’India abbia mai vissuto, ma che putroppo non riguarda solo Chennai. In molte case manca l’acqua corrente e in tanti sono rimasti completamente tagliati fuori dall’accesso alle risorse idriche. Il nuovo servizio dovrebbe trasportare 10 milioni di litri di acqua ogni giorno dalla diga di Jolarpettai, situata a 360 chilomentri di distanza da Chennai, ma certo non risolverà il problema.
Hanno peggiorato la situazione i cambiamenti climatici, ma anche una gestione poco saggia delle risorse idriche. Nella città non piove da almeno 180, 190 giorni e nei mesi passati la popolazione locale ha dovuto fare affidamento sulle cisterne pubbliche e private. L’acqua è distribuita e razionata per quartieri. Le persone negli ultimi giorni si sono mette in fila dalla mattina presto per avere la razione quotidiana di acqua, che però non è stata garantita ogni giorno e quella che c’è è adoperata con molto giudizio. C’è chi ha preso l’abitudine di sciacquare piatti, pentole e posate nell’acqua sporca e già insaponata, perché quella pulita serve a dissetarsi e a cucinare. La case vengono pulite con l’acqua già usata per lavare gli indumenti.
In India, dove l’acqua è un bene troppo prezioso, si chiude il rubinetto mentre si passa lo spazzolino tra i denti e si sciacqua la bocca con la quantità d’acqua contenuta in un solo bicchiere oppure si innaffiano le piante con l’acqua già usata per pulire le verdure. La crisi idrica dell’India però non è una novità. Sono quasi 600 milioni, su una popolazione totale di 1,3 miliardi, le persone che attualmente sono afflitte dal problema della scarsità d’acqua, secondo i dati raccolti nel 2018 dal think tank governativo Niti Aayog. La crisi è drammatica per il settore agricolo, che si basa sulle falde acquifere per il 63%.
Non solo Chennai
Le immagini via satellite raccolte da WRI mostrano che la scarsità d’acqua non è un problema solo dell’India, ma anche di Marocco, Iraq e Spagna. In Marocco, colpito spesso da siccità, il bacino idrico di Al-Massira si è ridotto del 60% negli ultimi tre anni. La domanda d’acqua nelle aree urbane del Marocco dovrebbe aumentare tra il 60 il 100% entro il 2050, ma i cambiamenti climatici incideranno negativamente sulle risorse disponibili. La diga di Mosul in Iraq ha perso il 60% di acqua e anni di guerra hanno inevitabilmente indebolito le istituzioni e i servizi nel Paese. La situazione è seria anche in Spagna, dove si è vicini a toccare il triste primato del 2006, quando ci fu la peggiore siccità degli ultimi 60 anni. In Libia la guerra civile tra le forze opposte di Haftar e di al Sarraj hanno causato un’altra emergenza, quella della scarsità di acqua potabile. Anche il Paese nordafricano sta vivendo una crisi idrica. Nell’ovest sta diventando difficile trovare acqua pulita perché i sistemi di gestione e controllo delle risorse sono stati danneggiati. Usama Mohamed Dokali lavora in un ristorante di Tripoli e ha detto a Reuters che trovare l’acqua è diventata ormai una missione quotidiana per lui e la famiglia. Le Nazioni Unite hanno avvertito che l’acqua non deve diventare uno strumento di guerra in Libia, ma la rete idrica nell’ovest è stata già danneggiata, scrive Reuters.
Photo: Rajini Vaidyanathan, BBC, via Twitter: “Many of us take water for granted – but imagine living in a big city, where the taps have run dry. That’s the plight of people in one of India’s largest cities, Chennai. And what’s going on there, could affect the wider world too”.
Redazione
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