La stabilità e il nuovo assetto legale dell’Albania tra condizioni esogene ed endogene, tra ingerenze esterne e opportunità economiche
ABSTRACT:
L’Albania è un paese strategico nel fiordo adriatico. La sua rilevanza è di facile intuizione: ce lo spiegano la geografia e la storia. Perché lo sia in questo momento, sono le circostanze e le valutazioni di medio/lungo periodo che vanno prese in esame, a partire dagli interessi nazionali compositi e dagli equilibri nella regione. Il Mediterraneo, l’area balcanica e la dorsale adriatica che si incunea nel continente europeo sono storicamente punti di contatto e al tempo stesso insieme di rotte marittime che richiamano i traffici commerciali, ma anche faglie divisorie lungo le direttrici nord/sud ed est/ovest, di
veneziana memoria.
La geografia, anzitutto. L’Adriatico è superficie di trasporto e come tale si inserisce nella prospettiva d’ampio raggio di un Mediterraneo al centro delle rotte internazionali est/ovest o di distribuzione regionale che alimentano un sistema di logistica sempre più integrata, a livello europeo e oltre. Non è certo un caso che il comparto marittimo/portuale sia da tempo l’epicentro di un dibattito in cui la regionalizzazione delle priorità segue, de facto, la visione cinese articolata sulla Belt and Road Intiative, con tutte le conseguenze e le reazioni dettate dalla posizione degli attori statali coinvolti, a livello locale ed internazionale. Nella visione d’insieme, l’area è parte di una suddivisione molto più articolata, tuttavia le variabili indesiderate concentrate nell’area potrebbero provocare ripercussioni di carattere geopolitico e geoeconomico di non secondaria importanza, date anche le influenze esterne a cui sono sottoposti i Paesi del quadrante.
L’Albania non fa eccezione e l’interesse nei suoi confronti si traduce in pressioni variabilmente accentuate da parte di più Stati nell’ambito delle relazioni internazionali, finalizzate a guadagnare margini di manovra politici ed economici nell’interlocuzione con la classe dirigente di Tirana, ma anche a sfruttare risorse naturali, sbocchi geografici, flussi legali ed extra-legali. Quella che oggi si chiama Repubblica d’Albania è un territorio che ha cercato protezione e alleanze internazionali per lungo tempo, ed è riuscita ad assicurare la sicurezza dei propri confini nazionali grazie ad iniziative prevalentemente esogene, promosse da medie e grandi potenze nonché in virtù delle pressioni di organizzazioni multilaterali. Solo in un periodo storico relativamente recente l’Albania ha avuto la possibilità di costruire una struttura statuale e un futuro politico in modo indipendente e sovrano.
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L’adesione alla NATO e l’opportunità di diventare membro dell’Unione Europea rendono molti osservatori sempre più fiduciosi che Tirana completi questo percorso – nel rispetto delle peculiarità nazionali – per ancorarsi stabilmente all’Occidente e rispettare quei parametri economici e sociali indispensabili per ottenere un ruolo nella ristrutturata Globalizzazione post-pandemia. L’Albania ha tradizioni assai deboli di esistenza quale Stato indipendente e ciò è dovuto essenzialmente all’egemonia dell’Impero di Osmân Gâzî, che si protrasse per seicento anni. Il Paese delle Aquile pagò un prezzo alto, a fronte di una certa autonomia – unica nei Balcani ma sovente associata ad un’adesione forzata all’Islam – dopo il ritiro delle truppe turche dai paesi europei. Le nazioni balcaniche percepirono l’Albania ancora una volta come un pericolo, se non un ostacolo, e questo irrigidimento degli Stati attigui indebolì la sua struttura statuale gravando sul sistema economico.
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Gli autori del report:
Andrea Sberze è uno studioso di sicurezza marittima e portuale. Laureato in Scienze Politiche alla Statale di Milano, ha prestato servizio presso il Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera come ufficiale di complemento. Attualmente lavora per una delle più importanti multinazionali del settore navale e coordina l’Osservatorio sulla Sicurezza Marittima istituito presso il Centro di Documentazione Scientifica sull’Intelligence dell’Università della Calabria.
Marco Rota ha un’agenzia di consulenza internazionale. Laureato con una tesi di storia moderna, è analista delle tendenze politiche e geopolitiche globali, ed è ricercatore associato della Fondazione Gino Germani di Roma. Studia i rapporti tra il principio di sicurezza e i sistemi istituzionali nell’evoluzione degli Stati.
Redazione
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