Contando su maggioranze strette, l’Amministrazione Biden intende attuare un ambizioso piano da 1.900 miliardi. Ma il neoeletto Presidente sta già sperimentando la difficoltà di conciliare due esigenze contrapposte: l’approvazione del progetto e la riappacificazione di una nazione divisa.
1. CALLING FOR RESCUE
L’American Rescue Plan è il terzo disegno di spesa pubblica finalizzato a contrastare gli effetti distruttivi della pandemia sulla popolazione e l’economia americana. Dopo le due manovre della precedente Amministrazione, rispettivamente da 2.200 miliardi e 2.300 miliardi di dollari, Biden punta a impiegare altri 1.900 miliardi in un terzo giro di aiuti diretti a famiglie e imprese, una campagna vaccinale di massa e un’efficace messa in sicurezza delle scuole. Dopo l’ultima tornata di sussidi, approvata il 21 dicembre, un nuovo pacchetto di aiuti è considerato la priorità dalla Casa Bianca. Tra gli obiettivi c’è quello di dare sostegno all’occupazione. I numeri della disoccupazione, infatti, schizzati dal 4,4% al 14,7% lo scorso aprile, e scesi al 6,3% a inizio anno, non comprendono l’enorme massa di persone che non cerca più lavoro, e i soli 49mila posti di lavoro restituiti nel mese di gennaio paiono esigui. Per questo, nel disegno presentato, gli aiuti si articoleranno su diversi piani e categorie: si pensa a un assegno di 1.400 dollari per ogni persona sotto i 75mila dollari di reddito annuo, nonché a un sussidio mensile per ogni figlio sotto i 17 anni e a un incremento nell’assegno di disoccupazione.
Fig. 1 – Il leader di minoranza al Senato Mitch McConnell
2. BATTAGLIA AL CONGRESSO
L’importanza di un ulteriore impulso all’economia è stata sottolineata dalla stessa FED e da JPMorgan, che in un report chiariscono come un nuovo set di sussidi non solo eviterebbe strascichi economici superflui, ma contribuirebbe anche a mitigare rischi futuri. Per questo la Casa Bianca ritiene che occorra agire in fretta, per evitare un effetto contagio sull’economia. L’opposizione repubblicana frena però la sua corsa: i senatori del GOP, infatti, non d’accordo con l’allocazione del maxi-investimento, hanno praticato il cosiddetto Filibuster, ossia l’apertura di un dibattito sulle misure economiche in fase d’approvazione, che può essere concluso soltanto col voto di 60 Senatori su 100. Una super-maggioranza che Biden non ha, potendo contare su 50 voti più quello della Vicepresidente. In questa situazione, dieci Senatori repubblicani si sono offerti di dialogare con la maggioranza democratica, proponendo però una manovra molto più ridotta, pari a 618 miliardi. L’ipotesi, tuttavia, è inaccettabile per i democratici, che hanno perciò attivato la procedura di Reconciliation, che porrebbe un tetto di 20 ore al dibattito in Senato e farebbe scendere a 51 i voti necessari all’approvazione: non significa riconciliazione fra le due fazioni politiche, bensì fra l’assetto economico corrente e la manovra che si intende approvare. L’uso della Reconciliation, però, impone che il disegno di legge da approvare in Senato venga prima diviso punto per punto, ognuno dei quali necessita di approvazione da parte delle Commissioni competenti alla Camera. La settimana scorsa, ad esempio, sono stati approvati 940 miliardi di aiuti diretti. Su questa scia la maggioranza alla Camera sostiene di poter approvare il disegno definitivo da inviare al Senato entro il 26 febbraio, mentre la Speaker Pelosi ribadisce che l’intera manovra debba essere obbligatoriamente ratificata entro il 14 marzo, quando scadranno i sussidi di disoccupazione stanziati dallo stimulus di dicembre.
Fig. 2 – L’incontro tra Biden e Harris e i leader democratici per parlare del pacchetto di stimoli all’economia
Per approfondire: HARD ROCK AMERICA
3. DUBBI DA MODERATO
L’impiego della Reconciliation tuttavia è ben lungi dal risolvere ogni disputa. I numeri risicati al Congresso impongono a Biden di assicurarsi l’appoggio di ogni democratico, ma il dibattito incalza dentro il partito: i due senatori appena eletti in Georgia si schierano contro l’imposizione di una soglia reddituale massima, mentre un’altra fronda capitanata da Alexandra Ocasio-Cortez ambisce a elargire ben 2mila dollari mensili. Malumori in senso opposto provengono, invece, dal Senatore della West Virginia Joe Manchin, contrario agli aspetti più interventisti della manovra, come l’innalzamento a 15 dollari del salario minimo. Timori riguardanti un’innalzamento dell’inflazione arrivano, invece, da Larry Summers, ex consigliere economico di Obama. Inoltre, sebbene la manovra sia fortemente appoggiata dalla FED, nonché dal 72% dell’elettorato, ignorare il dialogo con i repubblicani suona come infrangere la promessa alla base del mandato di Biden. Per ricucire la polarizzazione che affligge gli USA, il Presidente si è proposto di dare il via a riforme da discutere e approvare almeno con una parte dell’opposizione, obiettivo che pare dissolversi alla prima prova dei fatti. È probabile, a questo punto, che il moderato Biden si ritrovi costretto a serrare i ranghi, segnando la prima vittoria dell’ala democratica di sinistra, totalmente restia al dialogo con il GOP, e ad allontanare, almeno in questa prima fase, ogni mitigazione dell’incandescente clima politico.
Di Samuele Fratini. Pubblicato su Il Caffè Geopolitico
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