I termini antiterrorismo e controterrorismo appaiono nella lingua italiana mutuati da quella anglosassone, la quale fornisce due definizioni ben chiare e distinte, in piena coerenza con gli aspetti caratterizzanti tale idioma, di tali ambiti ed attività.
Pur riferendosi entrambi i termini ad attività correlate e funzionali ad un’azione di cosiddetta prevenzione dei fenomeni di matrice terroristica, siano essi condotti su panorama nazionale che internazionale, essi identificano politiche, procedure, attività e finalità dirette ben distinte.
Le attività di antiterrorismo sono connotate da aspetti strategici di ampio respiro, tendono ad una prevenzione dei fenomeni sul nascere o possibilmente ancor prima, e non vengono generalmente condotte da persone coinvolte a vario titolo nel settore Sicurezza e Difesa.
La ricaduta e gli impatti di tali attività sono senza dubbio da intendersi a lungo e lunghissimo periodo (nell’ordine di grandezza delle decadi e, a volte, addirittura con proiezioni generazionali), nonché il frutto di un lungo e delicato lavoro svolto dai Governi e dalle loro politiche estere, dalle Organizzazioni internazionali quali ad esempio le Nazioni Unite, e da Enti no-profit ed Organizzazioni non governative, consolidate nei territori d’interesse e connotate da riconoscimento ed autorevolezza in campo internazionale.
Le attività di controterrorismo, condotte invece da Forze di Polizia, Forze Armate ed Istituti di Vigilanza privati, ovvero quelle organizzazioni afferenti al settore della Sicurezza con incarichi di sussidiarietà, sono funzionali alla prevenzione ed in particolar modo al contrasto di attività di matrice terroristica mediante l’impiego sul campo di personale appositamente addestrato, pronto a confrontarsi con una minaccia attiva ed imminente ovvero, come viene riportato in lingua anglosassone, “…when the threat is alive on the field”.
L’esempio relativo al triste ma ormai consolidato fenomeno del Suicide bombing risulta perfettamente calzante a delineare meglio le differenze tra le due attività oggetto di analisi del presente elaborato; si inizi collocando il progetto di minaccia nonché la minaccia fisica stessa di un aspirante (o di una aspirante) suicide bomber in un paese di una determinata regione, sia essa remota oppure potenzialmente identificabile con qualsivoglia nostro scenario quotidiano.
Poco importano in questo caso gli aspetti motivazionali, siano essi di natura politica, sociale, religiosa o altro; il dato oggettivo rilevante è la presenza di un personaggio che per scelta, necessità, raggiro o altro ancora, sta preparando la sua persona a compiere un determinato gesto caratterizzato da pesanti impatti e ricadute non solo dal punto di vista fisico ma anche, per esempio, da quelli mediatico, psicologico, sociale, politico, religioso e altro ancora.
Condurre attività di antiterrorismo significa, nella realtà dei fatti, mettere in atto tutte le azioni preventive a livello individuale e collettivo, ed attivare ogni canale possibile, sia in ambito nazionale che internazionale, con l’obiettivo futuro di distogliere chiunque appartenga alla realtà di quel paese e di quella regione ad intraprendere una determinata scelta, sia essa diretta e consapevole che indiretta e quindi indotta.
Condurre attività di antiterrorismo significa, pertanto, non consentire che in un determinato contesto, indubbiamente connotato da criticità ed instabili equilibri, siano messe in discussione la sicurezza ed il benessere della popolazione, facendo crescere un’area specifica dai punti di vista sociale, culturale, economico, sanitario, scolastico, politico, identitario e tanto altro ancora, nella speranza che in un futuro quanto meno remoto possibile nessuno, per i più svariati motivi, decida di compiere una tale azione connotata da odio, violenza e disvalori.
Nel momento in cui la succitata attività abbia fallito, o comunque non si abbiano avuti i tempi necessari affinché gli effetti positivi di tali politiche abbiano potuto produrre una cultura condivisa della legalità e della sicurezza, gli aspetti di prevenzione e contrasto vengono generalmente demandati a strutture dedicate al controterrorismo.
La consapevolezza della presenza di una potenziale minaccia attiva (“…the threat is alive on the field!”) pone quindi in essere attività di profiling, detection tecnologica, deterrenza e capillare presenza sul campo degli operatori di sicurezza, con l’obiettivo di prevenirla in qualunque modo possibile, sia esso attivo, proattivo o passivo.
E’ pertanto necessario essere consapevoli di come, indipendentemente dall’etichetta a loro assegnata e dalla definizione per loro voluta da qualche preposto personaggio, il personale addetto alla Sicurezza che quotidianamente incontriamo nelle nostre città e non solo, sia esso alle dipendenze della Pubblica Amministrazione che di un privato, svolge attività di puro controterrorismo; ciò, spesso sacrificando aspetti della persona, e talvolta della propria famiglia, per garantire l’incolumità e l’integrità di terzi, siano essi persone, beni, o organizzazioni e i loro assets.
Ad oggi sono attualmente due gli Enti che rappresentano l’eccellenza in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del terrorismo: il NATO COE-DAT ovvero NATO Centre of Excellence – Defence Against Terrorism con sede ad Ankara in Turchia, e l’ICT ovvero International Institute for Counter-Terrorism, ospite delle strutture del Centro Interdisciplinare (IDC) di Herzliya in Israele.
Un COE NATO – Centre of Excellence rappresenta un Ente, sponsorizzato da una o più Nazioni, il quale offre consulenza a beneficio di tutti i Paesi facenti parte dell’Alleanza Atlantica e non solo, in particolare nel settore della cosiddetta “Trasformazione” (Ref.: MCM-263-03 MC Concept for Centers of Excellence, 04 December ’03); pur non essendo parte della catena di comando e controllo NATO, attraverso l’autorevolezza delle proprie competenze nonché grazie alla vastità delle proprie esperienze, esso garantisce un continuo e costante supporto relativamente al proprio ambito specifico.
In particolare, il COE-DAT di Ankara raggruppa, ad oggi, al proprio interno ben otto Paesi che ne garantiscono l’attività nonché lo sviluppo: Turchia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Bulgaria, Germania, Ungheria, Olanda e Romania; l’Italia ad oggi ha dimostrato interesse a livello istituzionale all’adesione del citato COE. L’attenzione del Centro è focalizzata principalmente nel fornire soluzioni realistiche a problematiche proprie del settore Terrorismo (Anti/ – Contro/), attraverso esperti internazionalmente riconosciuti i quali operano sia presso la Sede del Centro che nei Paesi richiedenti consulenza ed aiuto.
Il COE-DAT riveste inoltre il ruolo di Dipartimento principale NATO per quanto riguarda la formazione e lo studio in materia di controterrorismo, garantendo sinergie, collaborazioni e coordinamento nel settore specifico; dal 2005, anno di sua fondazione, esso si è avvalso di ben 2327 docenti esperti, erogando più di 200 corsi di formazione a ben 11720 partecipanti provenienti da 107 Nazioni differenti.
Il Centro, da sempre, rappresenta un importante punto internazionale d’incontro e condivisione per i settori militare, governativo, non governativo, accademico e dell’industria; si tratta di una struttura d’eccellenza ove non solo potersi formare per raggiungere un profilo assoluto e di altissima specializzazione, ma dove potersi confrontare con realtà dedite all’R&D, ovvero il settore Ricerca & Sviluppo, il quale rappresenta un anello fondamentale ed imprescindibile per quanto riguarda gli aspetti tecnologici e scientifici della lotta al terrorismo e alla criminalità in genere.
L’International Institute for Counter-Terrorism (ICT), fondato nel 1996, rappresenta anch’esso una realtà d’eccellenza nello specifico settore; meno “pressato” del precedente da politiche e dinamiche proprie di una struttura come la NATO, si propone per certi versi con un taglio maggiormente pragmatico nell’affrontare particolari tematiche di settore.
L’ICT rappresenta una delle più autorevoli realtà accademiche al mondo nell’ambito del controterrorismo e, parimenti al COE-DAT, persegue come obiettivo la semplificazione della cooperazione internazionale per la lotta al terrorismo; è di fatto un “contenitore” indipendente capace di fornire su scala mondiale expertise ai massimi livelli sotto diversi aspetti, quali ad esempio antiterrorismo, controterrorismo, homeland security, analisi delle vulnerabilità, risk assessment, intelligence e politiche in materia di sicurezza, protezione e difesa.
Annualmente vengono organizzati seminari, workshops e corsi di alta formazione nelle succitate materie, come periodicamente vengono diramati reports, analisi e pubblicazioni specialistiche; inoltre, similmente alla Chicago University (Ref.: CPOST Project) e alla University of Maryland, l’ICT gestisce e sviluppa “real-time” un data base che raccoglie tutti gli eventi di matrice terroristica accaduti, fornendo non solo statistiche in merito ma anche importanti informazioni dal punto di vista geopolitico e tecnico.
Il fenomeno del terrorismo è complesso ed investe molteplici settori con ricadute economiche e sociali di altissimo impatto; tanto le strategie di antiterrorismo, volte principalmente alla prevenzione del fenomeno, quanto le attività di controterrorismo, caratterizzate dal contrasto diretto alle attività di matrice terroristica mediante l’impiego sul campo di personale appositamente addestrato, contribuiscono alla stabilità e alla sicurezza nazionale ed internazionale.
Nell’evidenziare il carattere transnazionale del fenomeno terroristico, si rende sempre più necessaria una risposta coerente ed unitaria coordinata a livello internazionale, che consenta la condivisione delle esperienze positive maturate a livello locale e regionale, avvalendosi tanto delle istituzioni dedicate a tali compiti quanto di realtà, quali quelle del NATO COE-DAT e dell’ICT, che garantiscono la partecipazione trasversale dei settori militare, governativo, non governativo, accademico e dell’industria assicurando risposte sinergiche alla sfida posta dal terrorismo globale.
Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini
articolo pubblicato su Saferty & Security
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