Oggi, 21 agosto, un drone militare statunitense è stato abbattuto in Yemen. A dirlo l’agenzia Reuters che ha citato due fonti militari americane. L’incidente si è verificato dei cieli della provincia di Dhamar, a sud-est dalla capitale Sanaa controllata dai ribelli Houthi. Il 17 agosto, invece, i ribelli Houthi dello Yemen hanno attaccato con i droni un giacimento petrolifero e di gas nell’est dell’Arabia Saudita, causando un incendio. L’avvenimento è stato prima rivendicato dagli Houthi e successivamente confermato dalla tv di Stato del regno saudita. L’incendio, che secondo i sauditi sarebbe stato “limitato”, si è verificato nel deserto, presso il giacimento di petrolio e gas di Shaybah, dove vengono prodotti quasi un milione di barili di petrolio al giorno. La rilevanza dell’attacco è stata sottolineata anche dal ministro dell’Energia saudita Khalid al-Falih, che ha definito il giacimento Shaybah una «struttura vitale». Per il Ministro, lo scopo dell’attacco era colpire la «sicurezza dell’approvvigionamento globale di petrolio, non solo del regno saudita, minacciando l”economia globale». La compagnia statale Saudi Aramco ha fatto sapere che l’incidente non ha avuto conseguenze sulla produzione.
Per gli Huthi filo-iraniani, è stato l’attacco più grande mai sferrato contro l’Arabia Saudita. L’episodio è stato rivendicato dal portavoce degli Houthi attraverso un video i cui i ribelli dichiaravano di aver lanciato 10 attacchi con droni contro il mega-pozzo di petrolio, in quella che veniva descritta come l’operazione più vasta di sempre. Nel video il portavoce annunciava nuovi attacchi.
Shaybah si trova a quasi 1,200 chilometri dal territorio controllato dagli Houthi e nell’area ci sono altri siti e obiettivi molto più rilevanti dal punto di vista dell’importanza economica. Ecco perchè l’attacco con i droni del 17 agosto è una specie di scacco matto. Un momento, insomma, che avrebbe cambiato la prospettiva e il corso della guerra in Yemen. Secondo un noto analista tedesco ed esperto militare coperto da anonimato, il giorno 17 agosto avrebbe segnato la fine della guerra in Yemen e la sconfitta dei sauditi.
L’analista già in passato ha dimostrato di saper riconoscere avvenimenti che poi si sono rivelati momenti di svolta per la storia delle relazioni internazionali. Sul suo blog, l’esperto militare scrive che i siti vitali per l’economia saudita sono ormai a rischio. In particolare, la distanza dell’obiettivo dal territorio controllato dai ribelli Houthi è un allarme. Secondo un report ONU, i droni UAV-X a disposizione degli Houthi hanno un raggio d’azione di 1,500 chilometri. Questo significa non soltanto che i giacimenti sauditi sono in pericolo, ma anche l’impianto nucleare attualmente in costruzione negli Emirati e l’affollato aeroporto di Dubai sono ora nel raggio d’azione degli Houthi. I droni di cui fanno uso i ribelli filo-iraniani sono copie di quelli dell’Iran e vengono assemblati in Yemen con il supporto tecnico degli esperti Hezbollah del Libano. Gli Houthi hanno lanciato attacchi con droni, che difficilmente possono essere rintracciati dai radar, contro le batterie di missili sauditi Patriot e contro le truppe nemiche. Di recente, una rappresentanza degli Houthi ha fatto visita all’Ayatollah Ali Khamenei e durante l’incontro è stato chiarito pubblicamente che i ribelli godono del supporto iraniano.
I separatisti del sud dello Yemen si sono ritirati da alcuni edifici governativi ad Aden che avevano occupato la settimana prima. Le forze del presidente del Consiglio di transizione meridionale (Stc) Aidroos al-Zubaidi, ovvero le forze e le milizie separatiste appoggiate dagli Emirati, avevano occupato il palazzo presidenziale e il porto della città di Aden, ai danni del presidente Hadi Mansour sostenuto da Riad. Ma subito dopo hanno iniziato ad abbandonare le loro posizioni, avendo ricevuto una proposta di tregua dall’Arabia Saudita. Gli Emirati arabi, dopo l’occupazione, avevano invocato la calma, ma non avevano criticato apertamente le mosse dei separatisti. I filo-sauditi hanno accusato gli Emirati di aver indotto al «colpo di stato» le forze del Consiglio transitorio del Sud (Stc). Così si è consumata la spaccatura in Yemen tra Emirati e Arabia Saudita, spaccatura che divide il fronte anti-Houthi, presenti del Nord dello Yemen. Oggi, 21 agosto – riferisce Agenzia Nova – una delegazione dei separatisti si è recata a Gedda per partecipare al vertice in Arabia Saudita chiamato a risolvere la situazione di stallo che perdura in Yemen, la cui porzione meridionale e costiera è sotto il controllo dei separatisti del Stc.
Clarice Contini
Giornalista, laurea magistrale in Relazioni Internazionali, fiorentina, classe 1986.
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