La Russia continua a investire nell’esplorazione dei giacimenti petroliferi dell’Artico. Ad aprile la compagnia di Stato Rosneft ha avviato le trivellazioni nella parte più settentrionale di una delle sue 28 licenze, quella di Khatangsky situata nel Mar di Laptev, e a giugno ha estratto i primi barili di greggio.
A inizio ottobre la società russa ha dichiarato che le riserve contenute in questo giacimento offshore superano gli 80 milioni di tonnellate di petrolio di alta qualità, pari a circa 586,4 milioni di barili. Si tratta però di una stima che presto potrebbe essere rivista al rialzo, considerato che dalle ultime rilevazioni effettuate è risultato che le riserve di petrolio arriverebbero addirittura a circa 298 milioni tonnellate (2.184 miliardi di barili).
Ad aprile la compagnia di Stato Rosneft ha avviato le trivellazioni nella licenza di Khatangsky nel Mar di Laptev dove si stimano riserve pari a 80 milioni di tonnellate di petrolio, pari a circa 586,4 milioni di barili
Secondo il regolamento imposto dal governo russo, Rosneft e Gazprom Neft, unità petrolifera di Gazprom, sono le uniche due società autorizzate a poter operare nei mari dell’Artico. Gazprom Neft opera attualmente nel giacimento di Prirazlomnoye, nel Mar di Pechora, dove ha iniziato a estrarre petrolio alla fine del 2013. Si stima che il giacimento contenga circa 70 milioni di tonnellate di petrolio, pari a 513 milioni di barili, con una produzione annua di circa 5,5 milioni di tonnellate (40,3 milioni di barili).
Oltre che nella licenza di Khatangsky, Rosneft ha in programma di riprendere le trivellazioni nel Mar di Barents nel 2018 e nel Mar di Kara entro i prossimi due anni. Nel complesso nei mari dell’Artico la società guidata da Igor Sechin, come detto, si è aggiudicata 28 licenze nelle quali si stima siano contenuti 34 miliardi di tonnellate di petrolio (249,22 miliardi di barili). Dal 2012 gli investimenti effettuati sono stati 1,7 miliardi di dollari e altri 4,3 ne verranno investiti tra quest’anno e il 2021.
Gli obiettivi del Cremlino
La conquista del petrolio offshore dell’Artico è da tempo un pallino del Cremlino. Un’operazione su cui, in questa delicata fase dei rapporti con gli Stati Uniti e l’Unione Europea, Mosca sta puntando per dimostrare di avere le risorse e i mezzi necessari per abbattere il muro delle sanzioni eretto nel 2014 da Washigton e Bruxelles per via del suo coinvolgimento nel conflitto ucraino. A fine agosto il primo ministro Dmitry Medvedev ha dichiarato che il governo finanzierà ulteriormente le attività di esplorazione ed estrazione nel continente ghiacciato non solo di petrolio ma anche di gas con un nuovo finanziamento di 2,7 miliardi di dollari entro il 2025.
L’obiettivo da raggiungere entro il 2050 è fare dell’Artico la nuova grande riserva degli idrocarburi della Russia, capace di coprire il 20-30% della produzione nazionale.
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