Lo Stato Islamico era stato dato per sconfitto al 100% dal presidente Usa Donald Trump meno di un mese fa, ma gli attacchi di Pasqua in Sri Lanka sarebbero una prova di quanto il gruppo jihadista sia ancora molto attivo e pericoloso, in particolare sulle piattaforme digitali. Domenica scorsa nell’isola chaimata “la lacrima” per la conformazione geografica si sono verificate otto esplosioni. Le principali sono avvenute in tre chiese e in tre alberghi di lusso situati in tre città diverse. Il bilancio è di almeno 359 morti più quasi 500 feriti. Nel pomeriggio, ad ore di distanza dalle prime sei, ci sono state altre due esplosioni. La settima è avvenuta una in una guesthouse e l’ultima in raid in un rifugio di uno dei sospettati, dove sono rimasti uccisi tre poliziotti. L’attentao all’hotel Shangri-La potrebbe essere stato l’unico compiuto da due attenatori suicidi. Sono stati presi di mira nove obiettivi, altri ordigni sono stati disinnescati il giorno dopo gli attacchi, ma il timore è che possano esserci altri ordigni non ancora individuati. Gli attentatori per il Governo locale sarebbero stati in tutto nove.
La rivendicazione degli attentato del 21 aprile da parte dell’autoproclamato Stato Islamico è arrvata con un insolito ritardo, a detta degli analisti. In un primo momento, è stato diramato un breve comunicato attraverso l’agenzia Amaq nel quale il sedicente Stato Islamico rivendicava la responsabilità della strage della domenica di Pasqua in Sri Lanka, ma che non forniva dettagli e prove. Poi ce n’è stato un secondo a cui sono seguite le foto e i nomi di battaglia degli attentatori. Alla fine la strategia mediatica, molto studiata, del Califfato prevedeva anche un video, che è stato diffuso sempre attraverso i canali di Amaq. Nel filmato si vedono otto figure maschili con addosso tuniche scure che tengono tra le mani deicoltelli e che giurano fedeltà ad Al Baghdadi, introvabile califfo dell’autoproclamato Stato Islamico. Tra gli uomini apparsi nel video uno solo ha il volto scoperto ed è il predicatore Zaharan Hashim, leader dell’Ntj e indicato dalle autorità dello Sri Lanka quale pianificatore degli attentati che il 21 aprile.
«È presenza di Zaharan Hashim a provare l’autenticità della rivendicazione. E a indicarci come la minaccia di Daesh resti ancora attiva», scrive Gianluca Di Feo in un’analisi per La Repubblica. Hashim era già conosciuto per i discorsi carichi di violenza popolari su Internet. «Le incitazioni all’odio di Hashim – scrive ancora il giornalista – si erano intensificate dopo l’eccidio nelle moschee neozelandesi di Christchurch del 15 marzo. Il Paese, devastato da una lunghissima guerra civile di natura etnica, non aveva mai conosciuto il terrorismo di matrice religiosa. E l’allerta è stata sottovalutata anche perché nessuno riteneva Ntj, un gruppo minuscolo, capace di azioni su larga scala». Fin da subito infatti il Governo dello Sri Lanka aveva accusato il piccolo gruppo National Thowheeth Jama’ath, ma aveva anche parlato di legami con una rete terroristica straniera. L’operazione nel complesso è stata micidiale ed ha avuto una risonanza globale. «Gli uomini di Hashim – prosegue Di Feo – non possono averla progettata da soli. Ed ecco il sospetto che il legame con l’Isis non sia solo telematico, ma che in Sri Lanka siano intervenuti veterani delle battaglie di Mosul e di Raqqa, decisi a proseguire la lotta senza confini. La rivendicazione dell’eccidio di Pasqua è un segnale micidiale: la centrale di Al Baghdadi è ancora in funzione, pronta a coordinare i reduci della Siria e dell’Iraq ovunque si trovino».
In Sri Lanka sono stati eseguiti 50 arresti. Guido Olimpo commenta sul Corriere della Sera i risvolti investigativi del massacro: «Dopo la strage di Pasqua il mosaico investigativo si compone. Gli autori: due gruppi islamici dello Sri Lanka. La rivendicazione: quella dell’Isis. Il movente: una rappresaglia per l’eccidio xenofobo nelle moschee in Nuova Zelanda. Ad agire, insieme al National Thowheed Jama’ath, un secondo gruppo, poco noto, il Jammiyathul Millathu Ibrahim, tutti parte di una nebulosa jihadista presente dall’India fino alle Maldive. Per le autorità alcuni degli attentatori sarebbero stati in Siria, dunque avrebbero avuto esperienze che hanno permesso loro di costruire ordigni potenti, con esplosivo (pare) di tipo militare, magari un’eredità della guerra civile. Infatti sono deflagrati tutti, tranne uno. Coordinamento, preparazione e attacchi simultanei danno forza alla tesi del coinvolgimento dello Stato islamico. Ed è stata la fazione stessa a rivendicare il massacro diffondendo un kit media completo».
Olimpo invita alla cautela nel valutare il legame tra la strage di Pasqua e gli eventi del mese scorso in Nuova Zelanda: «C’è poi la motivazione. Davvero è stata una vendetta per quanto avvenuto in Nuova Zelanda? Non mancano i dubbi, le medesime fonti ufficiali parlano con toni diversi. Cauti i neozelandesi. A ragione. È passato solo un mese tra i due eventi, uno spazio temporale ridotto per pianificare un massacro come quello di Pasqua. Inoltre, i primi sequestri d’esplosivo risalgono a gennaio, quando hanno scoperto un covo in una fattoria. Di nuovo spetta alle autorità dare contenuti veri alle rivelazioni, a meno che non si tratti di un diversivo».
Le falle dell’intelligence
Un’altra questione di cui si discute, oltre ai legami tra il sedicente Stato Islamico e il piccolo gruppo islamista Ntj, è il grave fallimento delle autorità dello Sri Lanka nel prevenire gli attentati. Il Governo di Colombo ha ammesso la grave mancanza nel funzionamento della macchina statale sollevando il velo sull’enorme fallimento dell’intelligence dello Sri Lanka, che invece avrebbe avuto indicazioni molto dettagliate sugli attacchi da parte dei servizi segreti stranieri già il 4 aprile. La Cnn ha fornito delle informazioni importanti sulle falle del sistema rivelando che a Colombo era arrivato un avvertimento preciso da parte dell’India. Nelle ore successive alla strage l’agenzia Reuters aveva anche riportato la notizia che qualche soffiata sarebbe arrivata dai servizi statunitensi, notizia che poi è stata smentita dall’ambasciatore Usa nello Sri Lanka. Proprio in India, secondo Cnn, sarebbe stato fermato un estremista che ha poi confessato di aver addestrato in Sri Lanka Zahran Hashim, in previsione di compiere un attenatato. Le autorità indiane non hanno dato dettagli su quando sarebbe avvenuto l’arresto, ma una nota trasmessa a Colombo l’11 aprile riportava il nome di Zahran Hashim e informava del suo piano di farsi esplodere in Sri Lanka. I servizi di Delhi – scrive Olimpo – hanno seguito le mosse di tre figure. Tra queste oltre ad Zahran Hashim, ci sono Ismail Ibrahim, finito nei ranghi del NTJ e parte del network cingalese, e Rilwan Hashim, fratello di Zahran, che secondo alcune ricostruzioni avrebbe mantenuto rapporti con numerosi connazionali e maldiviani unitisi in Siria allo Stato Islamico. Il New York Times attribuisce la responsabilità di questo errore alle schermaglie tra il presidente srilankese Maithripala Sirisena e il premier Wickremesinghe.
Redazione
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