È morto all’ospedale di Strasburgo dove era giunto in condizioni disperate dopo l’attentato di martedi scorso, l’amico e collega di Antonio Megalizzi, il 35enne Barto Pedro Orent-Niedzielski, conosciuto con il nome di “Bartek”. Come Antonio Megalizzi “Bartek” era amatissimo e conosciuto a Strasburgo (città dove era nato) per le mille e attività nelle quali si impegnava tra le quali la divulgazione della cultura “Yiddish”.
Entrambi sono stati uccisi dal terrorista islamico Cherif Chekatt che li ha incontrati per puro caso nei pressi del ponte del Corbeau. Nel corso dell’attaccpo “Bartek e Megalizzi se lo sono trovati improvvisamente di fronte e nulla hanno potuto fare per evitare di essere colpiti alla testa da Cherif Chekatt che non è riuscito ad uccidere le due studentesse Clara Rita Stevanato e Caterina Moser, che sono riuscite a fuggire alla furia dell’islamista. Con la morte di “Bartek” salgono a cinque le vittime dell’attacco dell’11 dicembre 2018.
Intanto proseguono le indagini che dovranno chiarire i molti punti oscuri nella vita di Cherif Chekatt, morto in uno scontro a fuoco con la Polizia 48 ore dopo aver compiuto la strage ai mercatini di Natale ma è chiaro che Chekatt abbia avuto dei complici. Infatti dopo la strage è svanito per 48 ore, e dove è riapparso? Nel quartiere di Strasburgo: là dove viveva e dove aveva trovato rifugio, aiutato da qualcuno. Per chi non conosce la Francia ed in particolare la regione dell’Alsazia occorre ricordare che il dipartimento del Basso Reno (Bas-Rhin) è una delle zone che storicamente sono tra le piu’ permeabili all’slam radicale tanto è vero che secondo gli ultimi dati della polizia francese in questo dipartimento, coloro che sono schedati come “ficher S” sarebbero 230. Non a caso la città di Strasburgo è dagli anni 90 un crocevia importante delle attività e del reclutamento jihadista senza contare che il terrorismo islmaico punta deciso su mercatini di Natale e alla meravigliosa Cattedrale fin dai tempi di Osama bin Laden. Da Strasburgo e dintorni sono partiti alla volta del “Siraq” una quarantina di foreign fighters radicalizzatisi nelle molte moschee “oblique” della regione del Basso Reno. Il magistrato Stefano Dambruoso oggi alla Procura della Repubblica di Bologna, è tra i maggiori esperti a livello internazione nel contrasto al terrorismo e al tema ha recentemente dedicato anche un interessante volume, intitolato Jihad. La risposta italiana al terrorismo.
Dott. Dambruoso, nel settembre 2001 poco prima delle stagi negli Stati Uniti, Lei era alla Procura della Repubblica di Milano. Nel corso del suo servizio nel capuologo lombardo impedì con le sue indagini, una strage proprio a Strasburgo. Cosa ha pensato la sera dello scorso 11 dicembre ?
steHo provato come tutti profondo dolore e tristezza. Tuttavia, non mi ha sorpreso quanto accaduto, fin dalla fine degli anni 90 i terroristi di “al Qaeda” hanno messo la città di Strasburgo, i suoi mercatini di Natale e la “Cathédrale Notre- Dame de Strasbourg” in cima alla loro lista del terrore. L’attentatore, Cherif Chekatt ha fatto quello che molti prima di lui avevano in mente di fare. Iindipendentemente dalla sigla alla quale si è ispirato Isis o al Qaeda.
Puo’ descriverci come arrivaste alla conclusione che gli arrestati dell’epoca ( 2001) volevano colpire a Strasburgo e come riusciste a fermarli ?
Riuscimmo a fermarli nell’ambito di una complessa indagine alle quale collaborarono gli inquirenti di Gran Bratagna, Belgio, Germania e Francia. Grazie ad alcune intercettazioni e al monitoraggio di alcuni elementi che frequentavano la moschea radicale di Viale Jenner a Milano, scoprimmo un piano che prevedeva un attacco terroristico alla Cattedrale di Strasburg durante le festività natalizie. Volevano attaccarla con gli esplosivi.
Che ne è stato di loro?
Furono tutti condannati con sentenza definitiva e di seguito vennero espusi a partire dal leader della cellula, il tunisino Essid Sami Ben Khemais. La lunga scia di sangue che attraversa Strasburgo ed arriva fino alla strage del Bataclan e quelle di Parigi del 13 novembre 2015. Foued Mohammed-Aggad radicalizzatosi proprio a Strasburgo, era uno dei jihadisti del commando che mise a ferro e fuoco la capitale francese quella drammatica notte.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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