Silvio Berlusconi è morto il 12 giugno all’ospedale San Raffaele di Milano. Ex premier, leader di Forza Italia e fondatore di Mediaset, aveva 86 anni. Ecco un ricordo di prima mano tratteggiato nel libro La Maldestra (Paesi Edizioni) da Paolo Guzzanti, per anni in passato tra i suoi più stimati consiglieri.
Accade un fatto curioso: quando ho iniziato a scrivere queste righe sapevo perfettamente che sarebbero state in qualche modo superate quando il lettore le avrebbe avute davanti agli occhi. Questo tipo di visione e d’incertezza ha del resto la sua dignità, almeno nella fisica quantistica, a causa della fortunata immagine del gatto di Schroedinger. Questo gatto non è mai esistito. È un gatto immaginario come quello di Alice, ma più drammatico. Schroedinger immaginava di prendere un gatto e di chiuderlo dentro una scatola nella quale era presente anche un erogatore di veleno, connesso con un meccanismo che rendeva probabile al cinquanta per cento la diffusione nella scatola della tossina che avrebbe finito per uccidere il felino. La posizione dell’osservatore di fronte alla scatola (chiusa) era quella di chi è costretto a considerare il gatto come sia vivo che morto: cioè, tutti e due gli stati contemporaneamente. Avrebbe potuto constatare come erano andate le cose soltanto aprendo la scatola, ma finché era chiusa la scatola conteneva un gatto che – per quanto ne poteva sapere l’osservatore esterno – era sia morto che vivo.
Io nel gennaio del 2022 mi trovavo nella stessa stimolante posizione dell’osservatore del gatto. Sarebbe per caso riuscito Silvio Berlusconi a raggiungere il Quirinale? Oppure questa sua speranza senile sarebbe stata spazzata via dalle circostanze? Il gatto sarebbe stato definitivamente o vivo o morto quando il lettore avrebbe avuto in mano questo libro, mentre io che lo stavo scrivendo dovevo considerare ambedue gli stati del gatto Berlusconi. Perché la questione della sua candidatura a capo dello Stato era e resta fondamentale per la ridefinizione della nuova destra, semmai ce ne sarà una. Se il gatto Berlusconi fosse stato vivo e avesse ottenuto l’investitura di presidente della Repubblica, allora ciò avrebbe significato che molte forze liberal-democratiche, anche di sinistra (fra cui il Pd), avevano infine trovato la forza di votarlo. Perché e come poteva essere che una cosa del genere accadesse veramente?
Il lettore già sa che il fatto non potrà accadere più. Ma definire la rotta politica di un tale evento è comunque utile, anche se il gatto Berlusconi è ormai politicamente morto. Dagli anni Venti del nuovo millennio vediamo che la figura pubblica del fondatore di Forza Italia, così come la sua percezione, sono drasticamente cambiate. Da tempo, Silvio Berlusconi non viene più attaccato come un mostro, un’anomalia, un corruttore, un criminale in tutte le accezioni del termine; ma è ormai valutato quale persona perbene, e la narrazione vigente lo vuole semmai torturato da una persecuzione giudiziaria durata trent’anni, durante i quali il più celebre imprenditore e politico italiano è stato colpito da ben novanta processi, da cui è uscito indenne e spesso assolto con formula piena (tranne che in quello sulla pretesa evasione fiscale nel caso dell’acquisto dei film Mediaset, con una sentenza non soltanto criticata aspramente da alcuni giudici ma anche dalla corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, che ha inviato una nota a Palazzo Chigi per chiedere spiegazioni sulle procedure incomprensibili e certamente non in linea con il resto dell’Europa circa i processi italiani).
La sua resilienza e l’audacia che gli è sempre stata propria, lo hanno visto protagonista ancora nel 2022 di un’ultima battaglia politica, a riprova dello spessore e dello spirito indomabile del più durevole dei presidenti del Consiglio in carica. Stimolati dal Cavaliere, che già meditava la candidatura al Quirinale, i tre partiti di centrodestra nella tornata elettorale dell’ottobre 2021 avevano l’obbligo di mostrarsi molto più uniti di quanto fossero, proprio a causa dell’imminenza delle elezioni presidenziali. Anche perché nell’autunno di quell’anno l’ipotesi di eleggere Silvio Berlusconi come successore di Sergio Mattarella si era fatta improvvisamente realistica: tutte le sentenze dei suoi infiniti e non proprio limpidi processi si erano concluse con una raffica di assoluzioni, che avevano gradualmente ma rapidamente riabilitato l’immagine pubblica dell’ex presidente del Consiglio.
A queste assoluzioni si erano poi aggiunte le rivelazioni di alcun magistrati, che avevano lasciato intendere che i processi contro il leader di Forza Italia fossero stati imbastiti come processi politici. Infine, la pax draghiana da un lato e la pandemia dall’altro, avevano ammutolito i partigiani dell’una e dell’altra parte, né vi era più il ricordo delle grandi manifestazioni di piazza. Ora, che il «gatto Berlusconi» potesse essere vivo come presidente della Repubblica o morto avendo perso, resta però in fondo poco rilevante. Più importante è la valutazione del piano concepito fuori dal suo partito – e prima di tutto in Europa – per portare il fondatore di Forza Italia al Quirinale, essendo che quel piano era stato squadernato in un’area europea che si occupa molto delle cose italiane. Purtroppo, va registrato anzitutto che quando si parla di Unione europea, Salvini e Meloni reagiscono ancora con un infantilismo e uno scetticismo ormai anacronistici, e finanche deleteri, tali per cui hanno finito per danneggiare la «presa del potere» di una maggioranza che non sa farsi istituzione.
Tratto da
La Maldestra
di Paolo Guzzanti
Redazione
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