L’Ucraina con Zelensky ha inaugurato un nuovo corso, su cui pesano le promesse europee e i conflitti con la Russia. I vertici dell’UE riconoscono gli sforzi compiuti da Kiev e ne sostengono le riforme. Nonostante i tanti promettenti progetti sul tavolo, però, una vera adesione del Paese all’Unione resta solo un miraggio.
Contesa tra l’influenza occidentale e quella russa, l’Ucraina affronta il nuovo corso inaugurato dalla presidenza Zelensky navigando a vista. L’onda della novità ha travolto la “vecchia” politica, e con essa la recente storia fatta di rivoluzioni popolari che negli ultimi anni hanno animato la società ucraina.
L’ambizioso programma politico del neo-Presidente ora dovrà scontrarsi con la realtà dei fatti. Crisi economica, corruzione, i problemi con Mosca e le relazioni con l’Europa sono le eredità lasciate al giovane Zelensky. In questo scenario difficile, proprio il sostegno offerto dall’Unione europea potrebbe essere visto come una boccata d’ossigeno, ma senza farsi troppe illusioni.
Quella tra Bruxelles e Kiev è una storia fatta di promesse e incomprensioni, condizionate dalla particolare situazione geopolitica del Paese ex sovietico. Con una mano tesa alle speranze europee e l’altra stretta nella morsa del vicino russo, adesso l’Ucraina deve intraprendere la sua strada. L’occasione fornita dalla nuova presidenza, apparentemente aperta al dialogo sia con l’UE che con Putin, permette di tracciare nuovi scenari sul futuro della nazione.
Il vertice dello scorso 8 luglio tra UE e Ucraina, svoltosi a Kiev, ha segnato un’importante presa di posizione a favore della causa ucraina da parte dei leader europei. L’UE ha riconosciuto gli sforzi del Paese nel portare avanti il suo processo di riforma, soprattutto in tema di corruzione e di mercato energetico. Un pacchetto di misure da 109 milioni di euro è stato adottato dalla Commissione europea per sostenere questo percorso.
È evidente quanto Bruxelles tenga alla costruzione di un solido asse strategico con l’Ucraina, cercando di attrarla il più possibile nella propria orbita, soprattutto economica. Il Presidente uscente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, rappresentante dell’UE a Kiev, ha affermato al termine del vertice che i rapporti con l’Ucraina sono molto positivi, e si basano su “reciproca solidarietà e amicizia”.
Fig. 1 – Il Presidente ucraino Zelensky durante la sua visita di Stato a Berlino dello scorso 18 giugno
Nel vertice si è parlato anche del tormentato Accordo di associazione, passo fondamentale nel futuro delle relazioni tra UE e Ucraina. L’accordo con l’UE prevede la creazione di un’area di libero scambio e la cooperazione in campo economico e normativo in numerosi settori. Si prevede anche una graduale collaborazione nella politica di sicurezza e di difesa comune. Il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, anch’esso rappresentante dell’UE a Kiev, ha definito l’accordo come “il più completo mai concluso con un altro Paese”.
L’accidentata vicenda che ha portato alla firma dell’Accordo il 21 marzo 2014 mise a nudo le profonde fratture della società ucraina. Il biennio precedente fu uno dei momenti più difficili nelle relazioni tra UE e Ucraina. Nel 2012 venne siglato l’accordo a Bruxelles, ma l’arresto e la detenzione dal 2011 dell’ex Premier Yulia Tymoshenko, in condizioni di salute precarie, suscitarono perplessità e proteste.
I vertici europei subordinarono la firma al rispetto dei principi democratici. Un invito a un’azione decisa da parte di Kiev vi fu nel vertice UE-Ucraina del febbraio 2013. L’allora Presidente Viktor Yanukovich confermò i progressi nelle riforme richieste da Bruxelles. Improvvisamente, il 21 novembre 2013 il Governo ucraino sospese i preparativi per la firma.
Iniziarono subito le proteste in strada (conosciute come “Euromaidan“), e a gran voce si chiesero le dimissioni di Yanukovich. Non mancarono momenti tragici come i violenti scontri con la polizia. Dopo tre mesi di caos e almeno un centinaio di morti, le proteste si conclusero nel febbraio 2014, con la fuga del contestato Presidente.
La mancata firma fu motivata dal Governo ucraino per ragioni economiche e commerciali verso i paesi della CSI. Si voleva evitare di contrariare la Russia, che stava operando una nuova politica doganale che avrebbe danneggiato proprio l’Ucraina.
L’Accordo venne firmato 21 marzo 2014 nella sua parte politica. Il 27 giugno il nuovo Presidente Petro Poroshenko firmò per quella economica. Le vicende ucraine scatenarono la reazione del Cremlino, portando a un intervento armato in Crimea con lo scopo ufficiale di proteggere i cittadini di etnia russa lì presenti. Anche il conflitto russo-ucraino è stato discusso nel vertice di Kiev, registrando la netta di condanna di Mosca da parte dei leader europei.
Fig. 2 – Zelensky insieme a Donald Tusk e Jean-Claude Juncker durante il recente vertice UE-Ucraina di Kiev
Il 7 luglio Zelensky e Tusk hanno visitato insieme Stanytsia Luhanska, al confine delle zone dell’Ucraina orientale non controllate da Kiev: “L’UE sostiene gli sforzi per alleviare le sofferenze di cui sono stato testimone. È inoltre pronta a sostenere la ricostruzione, quando saranno attuati gli accordi di Minsk,” dichiarò il Presidente del Consiglio europeo.
Questi accordi firmati nel 2014 prevedono di porre fine alla guerra mediante gli impegni assunti da Ucraina, Russia e repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Tuttora se ne registra la continua violazione. L’UE ha ribadito il sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina, non riconoscendo l’annessione della Crimea e prorogando le sanzioni alla Russia. Zelensky ha avuto la sua prima telefonata con Putin l’11 luglio. I due Presidenti hanno parlato della questione Donbass e del possibile scambio di prigionieri detenuti da ambo le parti in seguito agli incidenti avvenuti nel Mar d’Azov. Anche a tal proposito l’UE si è schierata dalla parte dei funzionari e dei marinai ucraini prigionieri, chiedendone l’immediato rilascio.
L’atteggiamento russo nei confronti dell’Ucraina è stato definito “ostile” dalla neoeletta Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen. Nella sua prima intervista post elezione, l’ex Ministra tedesca ha ribadito il bisogno di mantenere le sanzioni, senza escludere il dialogo con Mosca.
Fig. 3 – Il Presidente russo Vladimir Putin firma autografi durante la sua ultima visita in Crimea. La penisola è stata annessa da Mosca con un controverso referendum nel marzo 2014
Dalla direzione che prenderà la politica di Zelensky si capirà quanto Kiev voglia avvicinarsi a Bruxelles e allontanarsi da Mosca. Incassato il pieno sostegno dai leader europei, un’altra occasione di dialogo riguarderà certamente l’approvvigionamento energetico. Il gas russo destinato all’Europa passa attraverso il territorio ucraino, legando a doppio filo le sorti dei due paesi all’UE. L’attuale accordo scadrà a fine anno e la Commissione europea ha proposto a Russia e Ucraina la stipula di un nuovo contratto decennale. Le parti ne discuteranno nei negoziati ministeriali che si terranno probabilmente a settembre. Potrebbe essere l’occasione per un importante dialogo trilaterale.
Anche le Istituzioni europee si sono recentemente rinnovate come quelle ucraine. La nomina della Von der Leyen alla presidenza della Commissione apre nuovi scenari. Bisognerà vedere se il nuovo corso europeo sia disposto anche a cambiare opinione sull’allargamento a est dell’Unione, che finora ha visto non poche rimostranze da parte di alcuni Stati membri, in primis Francia e Olanda.
Attualmente l’Ucraina fa parte della Politica europea di vicinato e del Partenariato orientale, entrambi programmi dell’UE mirati a costruire rapporti più stretti con determinati paesi terzi vicini. L’integrazione euroatlantica è menzionata nella Costituzione ucraina, ma una vera trattativa di adesione all’UE sembra non esserci all’orizzonte. L’obiettivo europeo negli anni a venire sarà quindi convincere l’Ucraina a collaborare, fornendole sostegno e stipulando accordi, ma senza l’incentivo della futura adesione. Il rischio per il popolo ucraino è quello di trovarsi stretto tra una mera partnership con l’Europa senza però mai poterne esserne parte, e subire ancora l’atteggiamento aggressivo da parte russa.
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