Intervista ad Alfredo Mantici, ex capo del dipartimento Analisi del Sisde e direttore Analisi di Babilon, su caso Barr, coinvolgimento dell’Italia nel Russiagate e servizi segreti
Alfredo Mantici, da esperto di servizi segreti ed ex capo del dipartimento Analisi del Sisde, che idea si è fatto della vicenda Barr e dei suoi viaggi a Roma?
Chiarisco subito che bisogna prima vedere che cosa è effettivamente successo per dare un giudizio definitivo. Preferisco essere dunque molto cauto, ma sulla base di quanto si sa finora mi sono fatto un’idea generale di poca conoscenza delle regole dell’intelligence. In un circuito normale il premier ordina o richiede ai Servizi le informazioni di cui ha bisogno e, quando queste entrano nella sua disponibilità, può decidere di trasferirle a una controparte politica. Lo schema normale sarebbe questo: Conte chiede a Vecchione informazioni sulla vicenda e poi convoca lui stesso il ministro della giustizia degli Stati Uniti. I servizi segreti non sono a disposizione di un’autorità giudiziaria straniera, anche perché non sono a disposizione nemmeno dell’autorità giudiziaria italiana.
Secondo fonti di Palazzo Chigi, Barr non avrebbe incontrato nessun vertice dell’intelligence italiana.
I direttori dei Servizi possono parlare solo con i servizi collegati. Se Barr ha incontrato dei funzionari della nostra intelligence non si può dire si tratti di una prassi rituale. Sarebbe stato rituale se Washington avesse mando la Cia a parlare con i servizi italiani. Il problema è che Trump non si fida di Fbi e Cia e ha dunque mandato un proprio ministro di fiducia.
Che cosa ci dice questa vicenda della situazione di Trump?
Personalmente non sono un simpatizzante di Trump ma è innegabile che lui lavori in un contesto di tradimento continuo. Qualsiasi cosa dice o fa arriva al New York Times o al Washington Post nel giro di poche ore. Non deve essere facile, vive così da tre anni. Negli Stati Uniti gli anti Trump che volevano la Clinton a tutti i costi, anche all’interno degli apparati, si stanno dimostrando dei golpisti in servizio effettivo permanente.
C’è chi interpreta la vicenda Barr secondo i buoni rapporti che intercorrono tra Conte e lo stesso Trump.
Bene che ci siano buoni rapporti ma, come ho detto precedentemente, il premier deve farsi dare tutte le informazioni desiderate dai servizi segreti e poi parlarne lui stesso con il presidente o il ministro degli Stati Uniti.
C’è chi chiede che Conte rimetta la delega ai servizi segreti. A suo parere dovrebbe farlo?
La delega è un atto di intelligenza. La gestione dei Servizi è molto impegnativa al quale bisogna dedicare molto tempo. Ai miei tempi il direttore parlava con il ministro dell’Interno otto volte al giorno. Oggi non credo sia semplice avere rapporti così continuativi.
Secondo alcune ricostruzioni sarebbe in atto uno scontro interno ai servizi segreti italiani. E’ plausibile che sia così?
Credo che alla base di tutto ci sia un peccato originale: se scegli di militarizzare l’intelligence non puoi mettere un generale di divisione come Vecchione (di grado inferiore) a comandare su un generale di Corpo d’Armata come Carta.
Crede che Mifsud potesse essere una spia?
Non conosco Mifsud e non so se possa essere una spia della Cia o dei russi. Io più che una spia a tempo pieno ritengo possa essere uno che ha dato una notizia, a destra o sinistra, in modo interessato. Detto questo, non mi convincono le spiegazioni che sono state in questi giorni secondo le quali Mifsud non è una spia perché non ne ha l’aspetto. Ci sono spie con la pancia o con gli occhiali, mica devono assomigliare tutte a James Bond.
Ma lei crede che la teoria cospirazionista sul Russiagate diffusa da Papadapoulos possa essere credibile?
Guardi, ci sono dei dati di fatto: Hillary Clinton ha trattato la posta riservata del dipartimento di Stato con cialtroneria. Queste email si sono rese da sole accessibili a WikiLeaks e a chiunque sapesse fare una semplice operazione di richiamo postale. Questa è stata un’arma utilizzata da Trump in campagna elettorale, non c’era bisogno dei russi per arrivare alle email. Non ci dimentichiamo che il più grande accusatore della Clinton è stato James Comey, l’ex direttore dell’Fbi che aveva aperto un’indagine criminale al riguardo ed è stato poi licenziato da Trump. I conti non tornano, se cerchiamo un filo conduttore unico in questa vicenda non andiamo da nessuna parte, anche perché ci sono state strumentalizzazioni forsennate. Quello che si può dire è che dopo che Mueller, con tre anni di tempo e 24 milioni di dollari spesi, non è riuscito a dimostrare niente ora Trump sta cercando la sua vendetta. E lo sta facendo cercando di ricostruire la strategia dei democratici e di pezzi degli apparati per abbatterlo. Sono tutti elementi che Trump ha intenzione di usare nella campagna elettorale per il 2020.
E in tutta questa vicenda l’Italia che ruolo ha?
Noi ci siamo finiti in mezzo come il Calandrino di Boccaccio.
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